Tor di Valle: Decisione incoerente e inaccettabile
RISPOSTA del dr. Gaetano Papalia presidente della Società Ippodromo Tor di Valle srl all'Unire: "Riscontriamo la Vostra dell’8/2/2010 prot. 7171 pervenutaci via fax in data odierna alle ore 13,42 per rilevare l’illegittimità della disposizione in essa contenuta relativamente all’annullamento delle giornate in programma presso il nostro ippodromo di Tor di Valle in Roma, sotto una pluralità di profili che, al di là delle palesi violazioni sul piano giuridico, denotano un chiaro intento provocatorio nei confronti di chi, come la nostra società, al pari delle società di gestione degli ippodromi di Capannelle e San Siro, ha da sempre offerto ampia ed inconfutabile collaborazione a codesto spettabile Ente, nonostante le innumerevoli inadempienze delle quali quest’ultimo si è reso oggettivamente responsabile dal 31 dicembre 2007, data di scadenza della convenzione.
L’incauta iniziativa dell’Ente, che qui contestiamo, è viepiù inspiegabile sol che si consideri che la nostra missiva di accettazione dell’ulteriore proroga convenzionale relativa al primo trimestre 2010 è totalmente identica alle precedenti rispetto alle quali il medesimo Ente non aveva eccepito alcun motivo di inefficacia.
L’assenza di motivazione che si rileva dalla Vostra comunicazione in oggetto non ci consente oltretutto di comprendere quali significative novità abbiano indotto l’Ente ad una decisione totalmente incoerente e contraddittoria rispetto alle scadenze dei precedenti periodi di proroga. D’altra parte è di tutta evidenza che, pur condizionati, i nostri precedenti atti di assenso al protrarsi della convenzione scaduta non hanno prodotto alcun danno all’UNIRE, mentre è indubbio il sacrificio economico che in particolare la scrivente, insieme ai suddetti impianti, ha dovuto continuare a subire per l’incontestabile sopravvenuta antieconomicità dei criteri di determinazione dei corrispettivi pattuiti per il solo quadriennio 2004/2007.
Appare pertanto singolare ed inaccettabile l’iniziativa unilaterale dell’Ente che, carente di motivazione e viziata da eccesso di potere, si aggiunge agli oramai insostenibili ritardi dell’Ente medesimo nei pagamenti delle spettanze maturate dalla nostra società e che a questo punto si aggirano intorno ai 3 milioni di Euro, senza contare gli obblighi inevasi, pur essendo stati contratti dall’Ente circa 2 anni fa, in merito a: il mancato collaudo delle opere realizzate ammesse ai benefici del fondo investimenti, il mancato avvio del tavolo di confronto tra UNIRE e Società di corse per la predisposizione della nuova convenzione che avrebbe dovuto avere decorrenza dal 1° gennaio 2009 (per il quale l’Ente si era impegnato entro il termine del 24 luglio 2008) e la tardiva stesura del calendario annuale, caratterizzato da marchiani errori tecnici e manifestamente non ispirato al primario obiettivo di favorire l’incremento del pubblico all’interno degli ippodromi.
Di fronte ad una tale numerica di impegni disattesi, vengono oggi pesantemente penalizzate proprio quelle società di corse che per struttura aziendale stanno patendo ormai da tempo tutti gli effetti negativi della crisi in atto nel settore, e che hanno sempre dimostrato disponibilità e comprensione per quella che fino ad oggi era stata considerata una obiettiva difficoltà di governo dell’ippica nazionale. Tuttavia, l’atto di cui oggi si rende protagonista l’Ente esula da questo quadro e si configura in termini volontariamente conflittuali e scevri da qualsiasi ragionevole motivazione amministrativa.
La rituale inclusione di riserve all’interno di un atto di accettazione di proroga contrattuale, come si è peraltro illustrato in un recente colloquio al Segretario Generale dell’Ente (dichiaratosi esecutore della volontà del Consiglio di Amministrazione), costituisce la minima cautela che un amministratore di una società di capitali ha il dovere di adottare se non vuole esporsi ad una inopponibile azione di responsabilità da parte degli azionisti. Condizioni e riserve non possono che venir meno all’atto della definitiva conclusione di una convenzione, come da decenni nell’ippica è prassi e logica condotta negoziale. Con l’entrata in vigore del rinnovo contrattuale le parti si liberano di qualsiasi pregressa pendenza, ma soltanto dalla decorrenza dei nuovi patti economico-normativi.
La pretesa dell’Ente di ottenere dal rappresentante legale della società una rinuncia cieca rispetto ad un futuro contrattuale neanche adombrato significa chiedere non ciò che non vuole essere dato, ma ciò che non può essere dato senza compiere un atto di autolesionismo infliggendo un danno certo alla società medesima. Di qui tutte le nostre perplessità sulla inquietante illogicità dell’iniziativa dell’Ente e sull’incomprensibile disegno che lo stesso persegue, attese le innumerevoli dannose conseguenze che in termini economici e di immagine si finiscono per determinare anche in termini di interessi pubblici.
Con l’irragionevole atto in oggetto, unilaterale e privo di motivazione di ordine amministrativo, l’Ente si pone oggi al di fuori di ogni dialettica di confronto costruttivo, vanificando oltretutto le prospettive di rilancio del settore opportunamente delineate con il piano industriale che il Ministero delle Politiche Agricole ha da tempo messo a disposizione dell’Ente medesimo.
Non resta che augurarci un responsabile ripensamento della decisione adottata, in assenza del quale non potremo che tutelare i nostri interessi ricorrendo alle sedi giudiziarie competenti."