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Si è venduto tutto, persino Nearco il più grande razzatore del secolo scorso, cui pure il cavallo icona del turf americano, Secretariat, deve i natali. E la moglie Lydia l'ha seguito a ruota cedendo oltre Atlantico il simbolo del galoppo italiano, Ribot. Il credo di Federico Tesio, il padre-padrone dei rossocrociati, era allevare, valorizzare, vendere, ma i campioni della pista gli spuntavano in casa come l'erba di Dormeĺlo e dell'Olgiata.
“Costi più de ‘na fja femmina” è un detto che Carlo Bottoni - vincitore del Derby di Trotto 1994 (esatti 30 anni fa) e primo catch-driver italiano (guidatore non allenatore, un battitore libero) della specialità ippica del sulky - non può davvero dire.
Fugit inreparabile tempus. La frase di Virgilio (è nel suo poema Le Georgiche) comincia a pesare sulle spalle della FISE. Mancano poco più di 100 giorni ai Giochi Olimpici di Parigi - alle quali è in programma la partecipazione di Emanuele Camilli e del suo castrone baio decenne Odense Odeveld - e il salto ostacoli azzurro mostra, inesorabili, le sue crepe. I nostri binomi vincono qualche battaglia ma nelle guerre vengono ricacciati nei patri confini.
Appena insignito della qualifica di lavoratore sportivo, il cavallo si deve difendere dagli assalti dell’uomo che da sempre lo usa e lo perseguita. Carne da macello, da cannone, da trasporto pesante, da tiro (un tempo era usato pure per i tram) ha finalmente qualcuno che lo difende.
Archimede non ci avrebbe sprecato nemmeno mezzo Eureka ma c’è chi ci ha organizzato sopra un congresso: il legislatore italico si è accorto che il cavallo sportivo è un atleta. Non tutti ovviamente perché quelli che si sfiatano per arrivare primi negli ippodromi pare che siano fuori quota.
C'è un detto non propriamente elegante (“per fare dispetto alla moglie si tagliò i c…”) che Comune di Roma e Ministero dell’Agricoltura (MASAF) dovrebbero spesso meditare in merito all’attuale situazione del più importante ippodromo italiano, Capannelle.
“E’ la somma che fa il totale” sentenziava Totò, e sono le classifiche che, nonostante l’aridità delle cifre, qualche idea su come vanno le cose nel salto ostacoli europeo, la danno.
Duccio Bartalucci (Modena 1952), dopo gli speroni di cavaliere ed il taccuino di tecnico, punta allo scranno di massimo dirigente della cavalleria nazionale quale presidente della Federazione Italiana Sport Equestri.