Equitazione davvero maestra di vita?
PARTIAMO DA UN INTERROGATIVO: se la Equitazione sia, o possa essere, maestra di vita, se cioè essa possa offrire insegnamenti per la vita, per il nostro modo di vivere. Ritengo che l'interrogativo debba essere superato, affermando che l'Equitazione è una scuola di vita. La si definisce l'arte del cavalcare e, in quanto arte, indica un'attività umana che viene svolta usando l'ingegno, secondo insegnamenti dedotti dall'esperienza, seguendo anche la genialità d'una ispirazione. L'Equitazione quindi non è soltanto il cavalcare, cioè montare su di un cavallo e servirsene come di un mezzo. Certo, ai primordi dell'epoca in cui l'uomo conquistò questo mezzo e riuscì a soggiogarlo come strumento, quando primordiale era il rapporto tra uomo e cavallo, non si trattò di arte, ma di istintività.
ANCORA OGGI certi aspetti del cavalcare non sono equitazione. Si pongono anzi in netto contrasto con essa. E' necessario chiarire fin dal primo momento che anche questo sport, come ogni altro componente della realtà, non può essere compiutamente valutato se non nell'ambito strutturale della società. L’avanzata tecnologia e l'industrializzazione, con tutto ciò che comportano, hanno avuto il sopravvento sui rapporti umani. La nostra vita giornaliera è caratterizzata dai continui rapporti con le macchine, che, giorno dopo giorno, ci inducono, inconsciamente, ad un progressivo allontanamento dagli altri esseri viventi. La funzione essenziale di ogni sport, ma in particolare della equitazione, è dunque quella, oltre che di corroborare il fisico, di tenerci saldamente ancorati alla nostra natura di uomini Una delle prime sorprese che si leggono sul volto dei giovani che montano a cavallo per la prima volta è quella di accorgersi che il cavallo non ha l'acceleratore come l'auto... Si accorgono così che si tratta non di un mezzo meccanico che subisce gli impulsi, ma di una realtà viva. Man mano che si prosegue nel cavalcare, ci si rende conto che il cavallo recepisce con finissima sensibilità ogni reazione di chi gli sta in groppa. E la recepisce in pieno. Ed allora l'equitazione diviene necessariamente una scuola di vita! Come? Proprio perché si tratta di insegnamenti legati alla vita non è facile riferirli. “Intender non li può chi non li prova!
SI TRATTA di lezioni di vita perché tutto è vivo: chi monta, il cavallo, l'ambiente. Sensazioni di vitalità che si trasmettono per le vie tuttora arcane non del sensorio, ma del sensibile. Esperienze nuove che nascono dal saper porgere un invito, dal sentirlo accolto o respinto; dall'attenderne l'esito. Indicazioni per imparare ad essere pazienti, tempestivi, attenti. Sapere che, a volte il cavallo previene gli stimoli oppure supplisce a dimenticanze o distrazioni di chi deve guidarlo. Essere consapevoli che è un individuo e non una macchina. Sentirsi unito al cavallo. Avvertire, con l'umiltà di chi è consapevole, che tutto dipende da una collaborazione, da un'alleanza, al di là di ogni presunzione Capire che la fedeltà deve essere reciproca, trattandosi di una collaborazione all'impegno, al pericolo, al servizio. Saper riporre la fiducia nelle capacità del cavallo. Sentirsi davvero uniti a lui. Uniti! A volte l'uomo riesce a sentirsi unito con un motore che romba o vibra all'unisono con il suo impegno e riesce ad infondergli un'anima! Si realizza uno scambio vicendevole di quel che si è, delle proprie capacità, nel modo più completo. Capire che la fedeltà deve essere reciproca, trattandosi di una collaborazione all'impegno, al pericolo, al servizio .Saper riporre la fiducia nelle capacità del cavallo. Sentirsi davvero uniti a lui. Uniti! Questa comunione di vitalità, particolarmente in certi momenti, è profondissima nell'esercizio dell'equitazione. Tra gli sport essa emerge appunto per lo spirito di ardimento unito all'umiltà cui educa, per la lealtà cui fa richiamo continuo anche per un ricordo di quel che fu la Cavalleria! Le regole che essa imparte, e che toccano l'atteggiamento del corpo, in ordine all'anatomia del Cavallo, nei vari momenti dell'incedere o del saltare, sono quanto mai valide anche sotto l'aspetto fisico. L'equitazione è equilibrio non solo del corpo ma anche dello spirito, l'equitazione sviluppa la facoltà di osservazione, determina decisione e udacia; l’equitazione è disciplina e aiuta ad avere padronanza di se stessi, è in una parola, scuola di vita. Chi impara ad imporre convenientemente la propria volontà al cavallo, non sarà maldestro nella vita; bisogna però capire che fermezza non vuol dire brutalità: l'ignoranza conduce alla brutalità. Chi monta a cavallo in questa maniera, anche se non diventerà campione, avrà senz'altro acquisito una enorme finezza nelle sue percezioni e nelle sue intuizioni. Bisogna imparare ad amare il cavallo, a conoscerlo: esso non deve essere un mezzo per soddisfare un divertimento o per vincere una coppa, ma un amico con cui passare ore liete e serene.
COME OGNI ESPRESSIONE dell'ingegno umano, anche l'equitazione ha la sua storia, cioè la sua evoluzione verso forme e manifestazioni che hanno perfezionato il suo esprimersi. Leggenda e mitologia stanno alle sue origini, dal colpo di tridente di Nettuno, donde nasce il cavallo, a Pègaso, ai Centauri, attraverso echi di suggestive tradizioni nelle quali s'inseriscono i Diòscuri, Bellerofonte, le Amazzoni, ed, ancora prima, a dir di Virgilio, i Lapiti che sarebbero stati gli inventori del morso. Il morso, appunto, e, forse, un pezzo di stuoia per sella, furono i primi strumenti dell'equitazione. Poi, crescendo nella capacità di progredire, l'uomo scoprì che doveva esserci tra lui ed il cavallo, il più utile degli animali, un rapporto nuovo, non più di dominio, ma di intesa, quasi di alleanza. Ed allora quanto era stato compiuto verso la fine del periodo paleolitico ed in seguito dalle popolazioni ariane dell'Asia e successivamente dagli Egiziani, dagli Assiri, dai Greci, divenne oggetto di considerazioni che, approfondite, in rapporto all'impiego del cavallo, come elemento di primo ordine nelle opere della collettività umana, sfociarono nel classico trattato di Senofonte scritto intorno al 400 avanti Cristo ed intitolato "Della Cavalleria", mentre la più antica testimonianza resta una tavoletta ittita che risale al 1400 a.c. I contatti tra Europa e mondo Arabo fecero sempre meglio valorizzare l'arte del cavalcare e sotto Carlo Magno si ebbero gli ornamenti dell'equitazione, dalla sella alla staffa, alle varie armature e gualdrappe, come difesa e come apparatura. La cavalleria è stata un'epoca della civiltà Romano-Germanica, ed è rimasta come espressione di alta nobiltà di sentimenti e di ardimenti, con la esigenza d'un addestramento fisico e spirituale di eccezionale tempra. Tutti noi sappiamo che fino ai tempi più recenti il solo nome della cavalleria, come titolo di un sistema di vita o come indicazione d'arma, è stato espressione di alta scuola di comportamento e di vita. Da essa infatti, io penso, deriva il senso moderno della equitazione. Il Rinascimento, con i suoi tornei, le sue gare, le sue feste sfarzose ed impegnative vide sorgere le scuole di equitazione: primato dell'Italia. Nel 1539 a Napoli, Cesare Fiaschi fonda la prima scuola di equitazione, divenuta celebre con la introduzione del maneggio inventato da Giovan Battista Pignatelli. In Europa lo seguono Salmon de la Breùe, francese, ed il Duca di Newcastle in Inghilterra. Poi sorgono le Scuole di Vienna, quella Spagnola, quella di Hannover in Germania. Ma l'insegnamento più valido ci viene, ancor oggi, da Federico Caprilli della Scuola Militare di Cavalleria di Pinerolo e Tor di Quinto. Dopo attenti studi, anche nel campo anatomico, questo grande Cavaliere richiama l'attenzione sulla necessità di conoscere il cavallo soprattutto nel suo indole (ogni cavallo) e nelle sue specifiche reazioni alla guida del cavaliere; una guida che non deve mai costringere il cavallo a movimenti artefatti e non spontanei, evitando ogni violenza. Così che, nella relazione personale tra uomo e cavallo vi sia sempre un invito, non un comando.. Questo excursus storico ci ha portati a considerare l’equitazione nel suo vero aspetto: L'arte dell'addestramento del cavaliere nella guida del cavallo .Ad addestrarsi deve essere il cavaliere. Addestrarsi a guidare un essere vivente, che risponde agli inviti, ai comandi e reagisce da essere vivo. Abbiamo parlato di addestramento, termine questo che potrebbe essere frainteso, poiché infatti il cavallo addestrato si potrebbe intendere come cavallo ammaestrato. Niente di più falso.%%newpage%%
'ADDESTRAMENTO DEL CAVALLO non esclude la libertà anzi potremo dire che la crea. Un uomo a cavallo è legato ad esso da un doppio vincolo. Sono due volontà tese verso un impegno comune. L'animale è sempre padrone delle sue facoltà, è sempre agile, fiero, libero, unito all'essere umano con il quale forma una unica entità. Deve rimanere dunque libero, fiero e agile, ma questo è il risultato di un lungo e paziente lavoro, di un'educazione reciproca in cui è impossibile distinguere subito quale sia l'allievo e quale il maestro, e che raggiunge il suo punto culminante nell'opera d'arte: il cavaliere perfetto. Non senza una certa amarezza devo però dire che, in contrasto con tutto ciò, vi è qualcuno che vuole raggiungere lo stesso risultato utilizzando altri mezzi che potremmo definire costrittivi. In molti concorsi ippici ad esempio vediamo ancora dei cavalli saltare sotto la minaccia della frusta, costretti a questa attività con mezzi poco ortodossi. Il sistema dell'equitazione naturale non prevede tali mezzi, non prevede l'utilizzazione del ricatto per costringere il cavallo all'attività sportiva, ma il sistema della convinzione. Si tratta di una ricerca delle attitudini naturali, che l'uomo cercherà di sviluppare razionalmente con l'allenamento e con l’addestramento ma che devono essere volute dal cavallo e non frutto di una costrizione. A questo punto vorrei esprimere alcune considerazioni di carattere generale. Intendo sottolineare che ancora oggi vi è il pregiudizio che l'equitazione sia riservata ad una determinata classe sociale escludendone le altre. Non è vero. Tutti possono praticarla, non solo perché e economicamente accessibile, ma soprattutto perché a tutti consente di essere vissuta come scuola di vita. Occorre soltanto una disponibilità di intesa e di apertura che abiliti ad entrare in rapporto di vita con l'essere vivente che fra tutti può essere meglio accostato, guidato, amato, perché meglio e più di tutti gli altri sa collaborare con l'uomo. Quindi l'equitazione può ben essere uno sport popolare nel senso che anche chi è di estrazione popolare può praticarlo, ma solo in questo senso: la sua educazione, il suo comportamento dovranno essere quelli di un "signore". In caso contrario vedremmo ottimi cavallanti, nuovi ricchi a cavallo ma mai autentici cavalieri! Un cavaliere nel senso pieno della parola, è la gloria del cavallo! Non bisogna quindi accontentarsi e preoccuparsi di aumentare il numero degli appassionati, perché per ottenere poi dei buoni risultati in campo agonistico ad un certo livello non basta aumentare il numero di costoro. La porta è aperta a tutti ma non si devono dimenticare gli ideali della cavalleria di cui in definitiva questa equitazione moderna dovrebbe essere erede. Voglio porre in evidenza che l'equitazione non comprende soltanto quelle esercitazioni che hanno riferimento diretto a gare impegnative, ma anche tutto ciò che si riferisce a semplici percorsi ed addirittura a passeggiata. Sono equitazione anche esse, sotto ogni aspetto, e contengono grandi insegnamenti di vita, di signorilità, di godimento per la natura che ci circonda e per constatare ed apprendere come lo stesso nostro cavallo che ci porta (non ci sopporta..ma ci porta) e partecipa con noi in tutto. Egli è anzi come un filtro attraverso il quale giunge a noi quanto di meglio va colto e goduto. Chi comprende questa fondamentale esigenza può iniziare a considerarsi un cavaliere, chi riesce a parlare al cavallo nella sua stessa lingua è poi un grande cavaliere. Grande ben inteso non perché possa vincere o vinca le Olimpiadi, grande perché ha compreso quale è il significato che il cavallo deve assumere oggi nella vita dell''uomo. Ogni cavallo non è un mezzo di trasporto, ma non deve neanche essere un conquista-coppe. Il cavallo deve essere un amico vero che ci possa aiutare a ritrovare quel'equilibrio interiore che la società di oggi ci fa spesso smarrire. Chi dunque dell'equitazione fa una morale di vita, chi vive per il cavallo, sa che affrontare un ostacolo per dimostrare agli altri la propria bravura è una delle azioni più scorrette che il cavaliere possa fare, andare a cavallo per esibizionismo è una cosa estremamente scorretta! Passare invece anche una sola barriera per terra, ma per se stessi, per il cavallo, perché fa parte di un lavoro, è una cosa che può effettivamente valere, perché ha un significato, una logica.
EQUITAZIONE è dunque musica, dialogo con il cavallo. chi è sordo, non perché non è un "signore" ma perché non crede alla cavalleria, non potrà iniziare a praticare o continuare l'equitazione. Possiamo dunque dire che l'equitazione è maestra di vita anche perché esalta la sensibilità del cavaliere, sottolinea l'educazione, la correttezza verso il cavallo prima e verso gli altri uomini poi. E' però vero che nella realtà delle cose non sempre si realizzano a pieno questo o gli altri insegnamenti che il nostro amico cavallo ci può dare: lo sport dell'equitazione è sempre più in mano agli orecchianti, a coloro che vedono una finalità diversa da quella che effettivamente dovrebbe essere: vedono la vittoria, la possibilità di mettersi in vista. Il risultato va invece ricercato solo tramite un’altra via: un rapporto con il cavallo che affini la sensibilità del cavaliere, che unisca i due soggetti in un legame indissolubile di amicizia e non di costrizione. L'equitazione quindi dovrebbe insegnare ad amare, a rispettare e l'uomo dovrebbe far tesoro di questi insegnamenti per arricchire i suoi rapporti umani. Il cavallo dunque insegna che un comportamento leale, sincero, schietto, un confronto diretto e sereno portano a maggiori risultati di un comportamento meschino e subdolo. Tali atteggiamenti non sono infatti assolutamente ammessi perché immediatamente avvertiti dalla eccezionale sensibilità del cavallo. Esso comprende immediatamente qual è il vero stato d'animo del cavaliere, non facendosi assolutamente trarre in inganno, come invece spesso l'uomo tenta di fare, dall'apparenza e dall'atteggiamento esteriore. Ed infine profonda lezione, esso, dopo essersi tutto proteso e donato, al termine della più impegnativa prestazione, resta pago di uno zuccherino o di una semplice carezza battutagli sul collo! Anche in questo senso l'equitazione ci insegna qualcosa. Oggi purtroppo, per un complesso di cause, il cui sviluppo non è sempre benefico, ci siamo dimenticati del cavallo. Si è giunti perfino a servirsene soltanto per il mattatoio! Purtroppo! Eppure dai tempi più remoti della nostra umanità esso è stato capace di tanti servizi resi all'uomo! Forse dobbiamo riflettere su questa realtà per scoprire i motivi di certe aberrazioni. Cerchiamo dunque di raccogliere il messaggio del cavallo: uno degli ultimi messaggi d'amore della natura!
FRANCESCO RAGIONE ( istruttore Fise, Socio benemerito Anie e Stella d'Argento Coni)
Istruttore Federale FISE- Socio Benemerito ANIE- Stella d\\\\\\\\\\\\\\\\'Argento CONI al merito sportivo Istruttore e Presidente del Circolo Ippico Mitrano di Brindisi - www.circoloippicomitrano.eu)