Cinque cavalli morti al meeting del Grand National
MON MOME, nove anni montato da Liam Treadwell, ha vinto per 12 lunghezze l’edizione numero 162 del Grand National di Aintree (ippodromo di Liverpool in Gran Bretagna) davanti a Comply or Die, con in sella Timmy Murphy, vincitore lo scorso anno, e My Will. Il nove anni allevato in Francia e allenato Venetia William (è il secondo cavallo nell’albo d’oro della corsa inglese a essere sellato da una donna dopo i successi di Jenny Pitman nel 1983 e nel 1995), era considerato un assoluto outsider con la quota di cento a uno – il più pagato dai tempi di Foinavon, nel 1967 – nonostante lo scorso anno avesse concluso al decimo posto.
Fin qui la cronaca battuta worldwide dalle agenzie.
Ciò che perlopiù si tace, invece, è il tributo versato anche quest’anno in nome di una tradizione (anche il Colosseo, per l’inaugurazione nell'80 dopo Cristo, ospitò dei “giochi” che durarono tre mesi durante i quali morirono circa duemila gladiatori e diecimila animali, e la “tradizione” si perpetuò fino alla prima metà del quarto secolo) che meriterebbe di essere rivisitata in chiave più attuale, tenendo conto di un comune senso del welfare e di rispetto per gli animali ben più profondo e articolato di quello di un secolo e mezzo fa (la corsa è nata a Liverpool nel 1836).
Cinque le vittime oggi accertate dell’edizione appena andata in archivio di questa apoteosi dell’amore tutto inglese per i cavalli e si tratta del numero più alto della storia recente, dopo quello registrato nel meeting del 1997, quando persero la vita sei cavalli.
L’ultimo decesso in ordine di tempo è stato quello dell’irlandese Hear The Echo, stroncato probabilmente da un attacco cardiaco (è stata disposta un’indagine post mortem presso la Liverpool University per accertare le cause della morte) nell’ultimo tratto del Grand National, l’unica corsa al mondo capace di portare più di settantamila persone all’ippodromo e di incollare al piccolo schermo un numero di telespettatori pari al doppio degli abitanti degli Stati Uniti.
Hear The Echo, otto anni vincitore dell’Irish Grand National 2008, alla sua prima corsa sul territorio inglese (le 22 precedenti si erano svolte nell’isola di origine), è stato immediatamente soccorso ma per lui non c’è stato nulla da fare. Sorte migliore ha avuto Butler’s Cabin, sotto la sella del top jockey Tony McCoy, ripresosi dal collasso dopo la somministrazione di ossigeno (medesima terapia, precisa il sito degli animalisti inglesi animalaid.co.uk, è stata applicata anche ad altri purosangue impegnati nella corsa, mentre racingpost.co.uk riporta che il terzo classificato My Will è giunto disidratato al traguardo ma stamattina il suo allenatore lo ha dichiarato in buone condizioni).
Il primo dei tre giorni del meeting aveva fatto registrare la morte del quotato Exotic Dancer, secondo sul traguardo del Totesport Bowl ma stroncato da un attacco cardiaco poco dopo, e di Mel In Blue, vittima di una caduta rovinosa che gli procurava fratture alle vertebre del collo. Nella seconda giornata medesima malasorte colpiva Moscow Catch, mentre la quattro anni Lilla Sophia veniva abbattuta a seguito di una frattura a un arto.
«La carneficina di quest’anno supera quanto accaduto dal 1997 a oggi – ha dichiarato il direttore di Animal Aid Andrew Tyler – e i drammi che qui si verificano di routine non vanno considerati incidenti bensì fatti assolutamente prevedibili».
Nel Grand National i trenta ostacoli – siepi alte oltre due metri, fossati larghi tre, doppie barriere di arbusti – che i quaranta concorrenti – attuale tetto massimo di partenti, dopo che nel 1929 furono 66 – trovano sulle 4,5 miglia (7.242 metri) del percorso riproducono un campo di battaglia. The Chair, la sedia, per la diversa altezza delle due siepi ravvicinate, e The Water Jump, il salto dell’acqua, posizionati davanti le tribune dell’ippodromo costruito nel 1829, sono gli unici due ostacoli affrontati una sola volta. Le altre 14 insidie disseminate nel primo giro vengono invece ripetute anche nel secondo, compreso il Becher’s Brook, una siepe di due metri e 44 centimetri sulla quale, soprattutto al secondo passaggio (è il 22° salto) avviene una scrematura massiccia tra i saltatori oramai stanchi. Ma per il drappello dei concorrenti ancora in corsa – quest’anno sono giunti al traguardo solo 17 binomi – non è ancora finita. Superata l’ultima siepe mancano quattrocento metri al palo, un infinito quarto di miglio in piano “sostenuto” da un massiccio uso della frusta, come illustra chiaramente la moviola.
Insomma, Dio salvi la Regina. E pure il Grand National. Ma soprattutto i cavalli. Purché l’agone abbia a condividere solamente lo stesso etimo con agonia e siano apportate modifiche oggi non più procrastinabili per alienare lo spettro del sangue.
Questi i cavalli abbattuti nel Grand National Meeting 2009:
Hear The Echo (IRE), 4 aprile, collasso
Lilla Sophia 3 aprile, abbattuto per fratture agli arti
Moscow Catch (IRE), 3 aprile, frattura del collo
Mel In Blue (FR), 2 aprile, frattura del collo
Exotic Dancer (FR), 2 aprile, collasso
Per saperne di più:
www.animalaid.org.uk
www.horsedeathwatch.com (lanciato nel marzo 2007, il sito raccoglie i record degli incidenti mortali sulle piste inglesi)






















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