Avviso ai candidati FISE: il benessere del cavallo è una faccenda molto seria
Il tema del rispetto del cavallo e di come debba essere impostata e praticata una corretta relazione con lui dovrebbe essere al centro di una campagna elettorale per la presidenza della Fise . Sarebbe opportuno, da parte dei candidati presidenti proporre un momento di riflessione collettiva che determini regole e definisca in maniera chiara i comportamenti che vanno considerati inaccettabili non solo dal punto di vista sportivo, ma semplicemente umano. Si dovrebbe parlare di etica, di assunzione di responsabilità per la vita e per il benessere psico-fisico del nostro compagno , si dovrebbe soprattutto far seguire alle parole i fatti.
Perché, capiamoci, in decine di anni passati nel nostro ambiente tra scuderie e campi di gara non mi è capitato mai di sentir dire espressamente da nessuno che i cavalli vadano maltrattati. Mi è capitato però di vedere, alcune di quelle stesse persone in sella o in scuderia compiere azioni totalmente prive non solo di rispetto nei confronti della propria cavalcatura, ma spesso di comprensione e di capacità di tolleranza . La domanda che dovremmo porci è perché. Quale è il meccanismo che determina questa sorta di scissione del pensiero che fa sì che non ci si renda conto spesso della gravità del proprio comportamento. Provo a tentare una serie di risposte possibili sulle quali mi piacerebbe (anche se so che è molto improbabile) che i “candidati presidenti" esprimessero la propria opinione.
Il primo punto è la totale mancanza di informazione e di cultura equestre. Per carità, non di tutti! Anzi da qualche tempo sta nascendo e va ampliandosi il numero delle persone sempre più attente al benessere dei propri cavalli. Ma resta il fatto che una parte del mondo “Fise” sembra finito, e non da oggi, in uno strano pantano nel quale si è dimenticata la cultura del passato e non si è avuto accesso alle più recenti scoperte dell’etologia e dei nuovi sistemi di doma e di addestramento “dolci”. Quella frasetta “ si è sempre fatto così” che troppo spesso abbiamo sentito ripetere di fronte al neofita che si rifiutava di costringere il proprio cavallo a fare qualcosa attraverso un intervento più o meno violento è semplicemente un falso. Non è vero che si è sempre fatto così…e basterebbe rileggere Caprilli per rendersene conto. Sono sistemi diventati di moda negli ultimi 20/30 anni quanto si è persa la voglia di dedicare tempo, pazienza e capacità di osservazione all’addestramento di un cavallo. Quando l’arte equestre si è trasformata solo in un business. Quando si è cominciato ad andare di fretta: nella doma dei puledri così come nella formazione degli allievi, quando la conoscenza del cavallo attraverso il grooming e la relazione da terra sono diventati un optional molto poco praticato.
Capita così che un essere vivente venga declassato ad oggetto, oggetto del proprio divertimento o della propria voglia di successo agonistico, un oggetto che deve fare quello che gli viene richiesto a qualunque costo. Non c’è tempo per consentirgli di capire e di elaborare una risposta corretta, esistono mezzi più rapidi: un paio di frustate (non importa dove) una “ spalmatina” sulle gambe con la pomata giusta, una botta data a dovere sugli arti mentre salta. Sono tecniche ufficialmente vietate…ma abbondantemente praticate da chi non capisce, o non sa, che lavorare sulla paura non è solo eticamente scorretto, ma non produce neppure, sui tempi lunghi, gli effetti sperati. Basta la condanna e l’eventuale sanzione sportiva e penale (il maltrattamento è un reato) per mettere fine a questi comportamenti? No, non basta Perché la repressione, senza un parallelo cambio di prospettiva (anche e soprattutto dei vertici federali) nel modo di porsi rispetto ai cavalli finisce con il condannarne (giustamente) uno lasciandone fuori cento.
E’ il sistema che deve cambiare perché solo così chi nel proprio circolo o ad un concorso vedrà fare qualcosa di illecito potrà avere la capacità di comprendere e soprattutto il coraggio di denunciare. Il clima di omertà, che spesso regna nel nostro ambiente e che consente ai massacratori di cavalli di operare e, peggio, di insegnare ad altri i loro “metodi” non sarà battuto se non ci sarà, da parte di tutti la consapevolezza di un clima mutato che dia ascolto alle giuste esigenze di quanti si “ostinano” a considerare i cavalli come esseri senzienti portatori di diritti, oltre che di doveri. Se questo non dovesse accadere, se si continuerà a nascondere la polvere sotto il tappeto, ad essere in pericolo saranno le radici stesse del nostro sport non solo per una progressiva perdita di immagine o per la fuga delle persone più sensibili e rispettose dei cavalli, ma anche perché finiremmo con il dare indirettamente ragione a quelle associazioni animaliste che sostengono che i cavalli “stanno bene solo in libertà”.
Molti di noi sanno che non è così e che da una corretta relazione equestre possono trarre beneficio sia gli uomini che i cavalli. Ma perché questo sia chiaro anche a che ci osserva dall’esterno occorre che le “mele marce” vengano emarginate!