L'asino, un amico dalle lunghe orecchie
Due le caratteristiche anatomiche dell’asino che ci colpiscono immediatamente. L’occhio e la testa sproporzionatamente grandi rispetto al corpo. Le orecchie anch’esse esageratamente lunghe rispetto al resto del corpo. Sappiamo che l’occhio e la testa molto grandi sono una caratteristica dei cuccioli di tutte le specie (quindi anche dell’uomo). I piccoli nati, infatti, sono facilmente riconoscibili, anche a distanza, proprio per questa particolarità: occhi e testa molto grandi in rapporto al corpo (detti caratteri neotenici). Questa “sproporzione” in natura ha l’effetto di muovere nei soggetti adulti l’istinto protettivo, l’affettività e di inibire l’aggressività. Infatti da sempre i cuccioli di tutte le razze fanno tenerezza, suscitano il senso ludico e le coccole. Quando vediamo un cucciolo malfermo sulle zampe, giocherellone, che ci guarda con i suoi occhioni, ci viene subito voglia di toccarlo, accarezzarlo, stringerlo in braccio. La natura pensa sempre a tutto e in questo modo ha pensato al modo di proteggere i più piccoli. I particolari segnali, sorrisi, vocalizzi, smorfie, l’aspetto grazioso e gli atteggiamenti goffi, ecc., che i neonati inviano agli adulti, hanno lo scopo di catturare la loro simpatia e il loro affetto e nello stesso tempo inibire l’aggressività. Il comportamento del bambino rappresenta lo stimolo-chiave che mette in moto la risposta dell’adulto. In particolare con il pianto il bambino invia precise richieste alle quali il genitore risponde con la sua presenza: “Non temere, sono qui, ti voglio bene”. Nei pulcini del tacchino questo segnale rivolto alla madre è il pigolio. Se la madre non avverte più questo stimolo diventa aggressiva e può arrivare ad uccidere i suoi piccoli.
L’asino, fatto alquanto eccezionale, mantiene anche da adulto una testa grande con due grandi occhi. Questo gli conferisce un aspetto di eterno cucciolone. Per questo l’asino ci fa sempre tenerezza e ci strappa sempre qualche carezza. In più l’asino ha due orecchie lunghissime, sproporzionatamente lunghe, che muove costantemente in tutte le direzioni come due antenne paraboliche. Provate a confrontarle con quelle del cavallo, sono più di cinque volte più grandi. Le orecchie servono per ascoltare. In un mondo ove tutti parlano e pochi ascoltano, ove l’impulso narcisistico a mettersi in mostra e esibirsi, il bisogno di primeggiare sono sempre più forti, ove ognuno sente la necessità di raccontarsi e di stare sul palcoscenico (è l’epoca del Grande Fratello), un amico dalle lunghe orecchie che sta lì ad ascoltarci è una grande cosa. E l’ascolto dell’asino è la sua disponibilità, è la sua accoglienza, la sua tranquillità. Ascoltare significa com-prendere, cioè prendere dentro, accogliere, contenere, condividere emotivamente, partecipare l’esperienza dell’altro. È quanto raccomando incessantemente ai genitori. “Ascoltate i vostri figli”. “Ascoltateli in silenzio”. “Resistete alla tentazione di fornire soluzioni, di dare consigli e insegnamenti e di somministrare "pillole di esperienza”. “Ascoltateli col cuore, vivendo la loro gioia e il loro dolore”. Una volta una madre, che mi rappresentava la sua difficoltà di relazione con un figlio introverso, ostinato, che non comunicava con lei, alla quale raccomandavo l’ascolto silenzioso, mi rispose: «È più forte di me, devo dirgli cosa deve fare». E il risultato è che i figli, il più delle volte, si chiudono, non parlano più. I genitori finiscono per essere sempre gli ultimi a sapere le cose dei propri figli. Impariamo dagli asini, impariamo ad ascoltare. Le orecchie dell’asino rappresentano la sua accettazione incondizionata e acritica, senza giudizi e senza moralismi. Eppure storicamente le orecchie d’asino sono il simbolo della somaraggine: “Se non studi ti si allungano le orecchie”. “Ti mettiamo in testa il cappello con le orecchie d’asino”. Da sempre queste minacce hanno terrorizzato gli scolari di tutte le generazioni. La testa d’asino con le sue lunghe orecchie diventa il cappello del giullare.
Perché il giullare ha le orecchie d’asino? Perché è matto. E per questo solo lui ha licenza di dire tutta la verità. Nel Medioevo la testa d’asino era il simbolo della follia. E la follia non appartiene al mondo umano, appartiene al mondo divino. Ma le lunghissime orecchie dell’asino indicano attenzione, sono il segno della sapienza, Budda ha orecchie d’asino. Perché la conoscenza si acquisisce attraverso l’ascolto.
E la follia è anche il prezzo della libertà. Troppo spesso oggi la follia è il prezzo della libertà. Ma soprattutto “ASINO” è l’appellativo che si attribuisce ad un comportamento che non si piega, che ha una sua logica, che segue un suo dinamismo interno. Insomma ad un comportamento che non riusciamo ad addomesticare. Infatti il cavallo, che è uno spirito gregario, ha bisogno di essere domato, sottomesso al padrone, e in caso di pericolo per il suo padrone è pronto a sacrificarsi in suo luogo. Al contrario l’asino, che è uno spirito indipendente, non ha bisogno di doma, può solo essere abituato a determinate mansioni, addestrato, ma solo nel rispetto della sua libertà e autonomia, infatti in caso di pericolo per il suo padrone, pensa prima alla sua salvezza non curandosi di altro. Se l’appellativo “ASINO” si riferisce ad una personalità libera, indipendente, non influenzabile e canalizzabile, ad una natura che non si lascia sottomettere e dominare, se “ASINO” è il nomignolo che si attribuisce a chi manifesta un comportamento che non si lascia addomesticare, be’ allora dare dell’asino a qualcuno dovrebbe essere un complimento.