Come preparare a dovere il cavallo-atleta
LA PARTECIPAZIONE alle gare, per essere competitiva, deve avvenire con un cavallo in perfette condizioni fisiche: la muscolatura del cavallo deve avere un tono che gli consente di partecipare senza affaticarsi. Così soltanto esprimerà con generosità tutte le sue potenzialità.E questo, in Italia, è un problema culturale prima che tecnico.
Nei giorni scorsi ho udito un noto giornalista del settore affermare che "non se ne può più di lavoro in piano perchè la pubblicistica è piena di manuali e poi non interessa a nessuno".Penoso!
E' vero che sono stati scritti tanti manuali ma, in genere, sono stati scritti da cavalieri che hanno avuto successo agonistico per la qualità dei cavalli che hanno montato e non si sono mai confrontati con dei cavalli normali o difficili. Tanto che sono pochissimi i manuali che spiegano l'Equitazione con razionalità ed è impossibile, per un appassionato, individuarli. Ma soprattutto nessun manuale potrà mai raccontarti le sensazioni che si provano montando un cavallo perfettamente addestrato.
A me è successo quando il mio Istruttore, grande cavaliere internazionale, mi ha fatto montare il suo cavallo e mi ha mandato a saltare una barriera nuda di 1,50 posta al centro del campo ostacoli. Ricordo ancora la sensazione di facilità dovuta alla tensione dorsale che il cavallo ha espresso nella mia mano avvicinandosi al salto: questo è l'impulso!
I CAVALLi di gran sangue hanno facilità ad esprimerla (vedi Hickstead) mentre tutti gli altri la esprimono soltanto quando hanno metabolizzato il lavoro in piano ed hanno raggiunto una grande condizione fisica.
Il mio Istruttore dedicava circa due ore quotidiane al Suo cavallo (un’ora di trotto) ma, pur non essendo un cavallo di particolare qualità, il Col. Bruni, uno dei maggiori esperti di tutti i tempi, me ne chiedeva sempre notizia perché lo considerava il cavallo del futuro per la squadra italiana di cui era capo-équipe.
Negli anni ’70 ho avuto più volte l’occasione di effettuare la visita della prova di fondo insieme a Richard Meade, il più grande professionista dell’epoca.
Nello scambiarci le nostre esperienze, egli si meravigliava negativamente del fatto che io montassi otto cavalli al giorno. Mi disse che un cavaliere non può lavorare bene più di due-tre cavalli al giorno.
In seguito il mio Istruttore me ne spiegò la ragione: la fisiologia dell’atleta cavallo non è diversa da quella dell’atleta uomo. Se i pentatleti effettuano trenta km. di corsa al giorno come lavoro di base, anche i cavalli devono effettuare qualcosa di simile. Un cavallo che è in perfette condizioni deve essere in grado di trottare lavorando un’ora senza stancarsi e di galoppare mezz’ora.
QUALCHE ANNO fa, sotto la direzione del Col. Reitano venne svolto a Montelibretti un esperimento in collaborazione con la Scuola dello Sport. Alcuni cavalli di media qualità furono sistematicamente preparati atleticamente come gli atleti umani: per consentire loro la necessaria riparazione galoppavano ogni quattro giorni. Al termine del secondo anno giunsero a galoppare quaranta minuti a 500’ senza che comparissero segnali di fatica. Ho avuto l’opportunità di osservare uno di quei cavalli durante la partecipazione allo steeple di un completo: fui colpito dalla facilità con cui conservava la cadenza di 700’ !
D’altro canto, apprendiamo dai libri che ai primi dell’800 nelle scuderie da corsa i cavalli effettuavano anche sei ore di passeggiata dietro ad un capofila anziano prima di andare in pista a galoppare. Le stampe di quell’epoca non erano stilizzate ma delle vere e proprie fotografie: possiamo ammirare la magnifica condizione dei cavalli che non trova riscontri in quelli di oggi.
Dobbiamo quindi prendere atto che, mentre è molto migliorata la qualità dei cavalli prodotti dall’allevamento, di converso è molto peggiorato il livello della loro preparazione fisica e del loro addestramento.
I cavalieri giustificano tutto ciò con la mancanza di tempo: potrebbero cominciare ad organizzarsi meglio con un utilizzo appropriato delle macchine moderne (giostre, treadmill) e del tondino.
Per fare un esempio, la giostra è stata inventata negli USA e nei libri veniva descritta come un mezzo addestrativo nei confronti del cavallo.
Quella che prevede il cavallo legato naturalmente, perché lo obbliga a flettere il posteriore interno sostituendosi alla vecchia ed ottima consuetudine di far passeggiare i cavalli a mano con il filetto indossato ed impugnato corto.
Ho sperimentato personalmente che l’uso della giostra, con il cavallo legato mediante una capezza a scorsoio (per evitare che si faccia tirare), protratto per due ore può sostituire buona parte del lavoro di condizione.
Invece, l’uso che se ne fa oggi in Europa con il cavallo libero, è inutile e dannoso perché il cavallo si mette sulle spalle.
Carlo Cadorna