Caprilli, la vera rivoluzione equestre - 2° parte
Il Cavalier Paderni fu sicuramente una figura di riferimento per Caprilli. Entrambi si dedicarono allo studio e all’osservazione dei movimenti del cavallo. Particolare attenzione veniva data al cavallo scosso impegnato ad affrontare salti di elevazione e di estensione. Questo è un fatto certo.
Scrive infatti il Cavalier Paderni nel suo libro “Regole di Equitazione sul modo di saltare e superare gli ostacoli.” “…Osservando libero il cavallo in aperta campagna lo vediamo riunire sotto il suo centro tutte le basi prima di lanciarsi oltre il grosso tronco o fosso che gli attraversa il cammino “ .
Tuttavia il Paderni , al quale va riconosciuto il merito di aver portato i suoi allievi in campagna fuori dalla cavallerizza, applicava anche sui salti la tecnica dell’ equitazione insegnata allora, detta Equitazione di scuola. Contemporaneamente Caprilli ancora non era libero di sperimentare ed applicare in assoluta libertà le sue idee. Era un militare, doveva sottostare e rispettare la gerarchia ed applicare alla lettera il regolamento militare del 1861 per l’istruzione a cavallo delle reclute. Era vietato montare fuori dalle ore di servizio.
Per comprendere bene il contesto in cui Caprilli si muoveva è necessario raccontare brevemente un po’ di storia relativa alla scuola di Equitazione.
La cavalleria era sempre stata l’arma vincente in qualsiasi battaglia. Tuttavia le armi da fuoco diventavano sempre più potenti e precise. Era necessario portare dei cambiamenti alla cavalleria per poter fronteggiare questa nuova minaccia.
Fu così che il 15 Novembre 1823, con Regio Viglietto, Re Carlo Felice istituì a Venaria Reale la “Regia Scuola Militare di Equitazione”. Otto Wagner , di origine prussiana, fu nominato Cavallerizzo capo all’età di 25 anni e vi insegnò fino al 1845. Otto Wagner praticava ed insegnava in modo rigoroso e con abilità l’Equitazione di scuola. Nel 1848, per ragioni militari, la scuola fu chiusa. Nel 1849, decadute le precedenti ragioni, la scuola fu riaperta e trasferita a Pinerolo e denominata “Scuola militare di cavalleria”.
Nel 1861 , anno dell’unità d’Italia, la leva fu resa obbligatoria. Le reclute, per lo più analfabete, erano costrette a montare in briglia e ad imparare, per andare in guerra, esercizi difficilissimi non adeguati alle loro capacità,
Il principio fondamentale, che guidava l’intera evoluzione della scuola, era che non si poteva avere cavalleria senza abilità equitatoria. In guerra lo scopo del cavallo è sempre stato uno solo: trasportare velocemente sul terreno un cavaliere e sfondare le linee nemiche con la sua massa.
Ed ecco allora la necessità di istruire la truppa all’equitazione di campagna.Ma il cavaliere doveva muoversi anche con maestria e sicurezza del cavallo attorno al nemico, di conseguenza praticare l’equitazione di scuola insegnata all’interno della cavallerizza.
Infatti è solo con un cavallo riunito , principio fondamentale dell’equitazione di scuola , che si può avere un cavallo completamente “in mano” nel mezzo di una battaglia. Ed inoltre il vecchio regolamento prescriveva il trotto e galoppo seduto. Il trotto leggero o trotto all’inglese, era assolutamente bandito dall'equitazione di scuola.
Ma un cavallo riunito e reclute istruite secondo i dettami dei vecchi regolamenti, non erano adatti ad una cavalleria che doveva, invece, essere veloce per evitare il fuoco nemico (quindi distensione del cavallo, il contrario della riunione che vuole un cavallo accorciato).
A farne le spese erano soprattutto i cavalli , montati con imboccature forti e pesanti, in mano a reclute inesperte che provocavano forti dolori alla bocca del cavallo. Ore di marcia al trotto seduto con una recluta rimbalzante sulla schiena del cavallo non poteva che provocare altro dolore al povero animale.
La tecnica di salto era la fase che più procurava dolore al cavallo. La recluta era staffata lunga, il salto veniva eseguito con il busto all’indietro, pesando fortemente sulla schiena dell’animale, nella convinzione di alleggerire l’avantreno. Le redini tirate per costringere il cavallo a sollevare la testa. Naturalmente, le altezze superate con questa tecnica non andavano oltre il metro, con enorme sofferenza inflitta al cavallo.Quale ricordo può avere un cavallo cosi maltrattato?... Sicuramente non un buon ricordo!
Questa era la scuola , questi i regolamenti, questa era la tecnica contro cui Caprilli, per affermare il suo sistema, dovette combattere con mille difficoltà, nei confronti di un ambiente militare estremamente conservatore, poco incline ai cambiamenti, spesso osteggiato dai superiori a causa anche del suo modo di comportarsi “libertino” e poco avvezzo al rispetto della disciplina.
E’ importante precisare che Federico Caprilli non ha osservato, sperimentato insegnato e scritto per un’equitazione sportiva, per praticare il salto ostacoli come lo conosciamo oggi. Non era una sua priorità.Tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per insegnare alle reclute, in modo semplice e veloce, un’equitazione militare il cui scopo è quello di andar bene in campagna, dove si combattono le guerre.
Continua nella prossima puntata