Caprilli, la vera rivoluzione equestre- parte quarta
Nonostante un discreto piazzamento e il record in elevazione stabilito da Caprilli, anche se fuori gara, la partecipazione dell’equipe Italiana al concorso Internazionale di Torino del 1902 fu molto criticata. L’insegnamento di Caprilli era praticato da pochi. Era apparso evidente che il metodo mancava di uniformità.
La stampa sportiva fece osservazioni negative sul nuovo modo di montare mentre non fu parca di elogi verso i Francesi e i Tedeschi che fecero vedere cavalli addestrati e montati in modo uniforme.
Tediato da queste critiche , spesso fatte da persone non competenti, Caprilli scrisse un lungo articolo per la Rivista di Cavalleria intitolato “Osservazioni sul concorso ippico internazionale di Torino (1902)
Nell’articolo Caprilli ,oltre a difendere strenuamente il suo metodo, descrive le fasi attraverso le quali “il cavaliere è passato, prima di arrivare a vedere chiaro il principio di equitazione di campagna e a comprendere la verità. Principio che è alla base della sua dottrina e che consiste nel valersi del cavallo come se il cavaliere non fosse in groppa , andandogli insieme , non disturbandolo, non contrastandolo, ma anzi agevolandolo nella sua natura”. “non è il cavallo che deve adattarsi al cavaliere, ma è il cavaliere che deve adattarsi al cavallo”
Caprilli descrive in 4 fasi il lavoro di transizione in cui si é passati dall’equitazione di campagna allo stato attuale.
1 Epoca in cui si dava sempre e per sistema l’aiuto al cavallo, ci si rovesciava indietro col busto e si ritraevano le redini quando il cavallo distendeva il collo nell’intento di sostenerlo. Si tenevano le staffe eccessivamente lunghe, il che rendeva il ginocchio mal fermo: la gamba, che andava indietro a fasciare il cavallo , era propensa a toccarlo con lo sperone; l’assetto infine poco sicuro rendeva non indipendente la mano , che era spesse volte di sussidio negli sconcerti dell’assetto medesimo. Non è mestieri che mi estenda a dimostrare quanto a quest’epoca fosse traviata l’idea dell’impiego del cavallo sul terreno.
2 Epoca in cui non si dava più, per sistema, l’aiuto al cavallo, ma si affrontava l’ostacolo con gambe vicine ed il cavallo molto appoggiato. Non si ritraevano le mani , ma si tenevano ferme e si andava indietro col busto , cosa che involontariamente obbligava talvolta a ritrarre i pugni. In questo modo ho montato io stesso nei primi anni a Tor di Quinto.
3 Epoca in cui , a furia di cadute e di errori si capì che il sistema non era ancora buono. Si procedeva però sempre empiricamente ed a tentoni. Del resto si è sempre fatto cosi , finché abbiamo trovato la maniera giusta , ed allora soltanto ce ne siamo resi ragione e l’abbiamo spiegata… Ad ogni modo un terzo stadio è successo al secondo; stadio in cui si sono avuti i risultati migliori da un sistema che io stesso ho eseguito e insegnato per molto tempo: ginocchia e gambe ferme , mani ferme e basse , corpo molto avanti.
Da questo modo di comportarci abbiamo avuto i risultati : in primo luogo perché il corpo più non contrariava lo spostamento di equilibrio del cavallo, e non invitava i pugni a ritrarsi, anzi, con l’andare avanti del corpo, spesso le mani si avanzano pure inconsciamente ed anche , a qualche cavallo di buona bocca, era più facile distendere il collo e farsi dare la ceduta, perché trovava minor resistenza. In questo periodo si esagerò lo andare avanti col busto. L’aver ottenuto da questo sistema risultati discreti, per una ragione che allora non ci spiegavamo e che credevamo diversa dalla vera è stato appunto ciò che ci ha impedito di proseguire come si doveva. In questo periodo già si andava in campagna assai meglio, ma non ancora con quella sicurezza e precisione di idee e di sistema che fanno in ogni occasione trovare il modo facile e sicuro per risolvere le difficolta del cavallo.
4 Finalmente, dopo molto osservare e provare e specialmente col montare cavalli che presentavano delle difficoltà, che sentivano e soffrivano molto le azioni della mano, alla quale reagivano disordinandosi e scappando , si è venuti poco per volta a cercare di far cessare sul cavallo ogni azione della mano che non sia strettamente indispensabile per dirigere o per fermare .
Se ne sono avuti subito enormi vantaggi :
a) Cavalli più docili più tranquilli , più obbedienti alla mano;
b) Col cavallo padrone dei suoi equilibri e solamente regolato, nel senso di guidato, nella direzione e nella andatura, si è subito ottenuta maggior sicurezza e facilità più grande di superare qualunque difficoltà del terreno. Però, ciò che ha influito più di tutto a dimostrare la necessità di questo cambiamento e l’utilità che ne deriva, è stata la preparazione dei cavalli pei concorsi ippici..
.Caprilli continua la sua esamina dicendo che:”Appena fummo costretti a superare coi cavalli altezze non comuni, ci accorgemmo della inettitudine del nostro modo di comportarci nel terzo periodo. E a furia di studi, di prove e di sbagli , sbagli che a me costarono qualche doloroso ricordo alla schiena , ci siamo accorti che l’origine di tutti i guai era la mancanza di libertà della mano. Appena lo abbiamo compreso e siamo riusciti a rimediarvi, avemmo risultati straordinari. Ed ora noi cerchiamo , specialmente in questo ultimo periodo , di montare con redini assai più lunghe e di avanzare quanto più ci è possibile i pugni in direzione della bocca , in maniera che il cavallo possa distendere quanto vuole la testa ed il collo, senza pericolo di ricevere urto dalla mano”.
Questa quarta fase dello scritto di Caprilli è considerata definitiva e segna la fine degli esperimenti e dei tentativi. Il Generale Ruggero Ubertalli puntualizza che le quattro fasi vanno temporalmente dal 1890 al 1902.Il sistema venne presentato ed applicato nel Concorso Internazionale di Torino del 1902 , dopo di che il sistema venne insegnato alla scuola di cavalleria per circa 50 anni.
Continua nella prossima puntata