Addio Ghirelli, grande maestro di giornalismo
ANTONIO GHIRELLI si è spento questa mattina a Roma. Era nato a Napoli il 10 maggio del 1922 e quindi tra pochi giorni avrebbe compiuto 90 anni. Giornalista e scrittore senza limiti, aveva lo sport e la politica nel sangue. "Il giornalista è come un marinaio. Gli offrono un nuovo imbarco e lui lo accetta, affascinato da un'altra avventura" scrisse quando lasciò la direzione del Corriere dello Sport (dopo 11 anni) per passare a dirigere Il Globo. Nella politica sarà ricordato soprattutto per aver partecipato alla Resistenza, dirigendo tra l'altro una Radio Libera che dipendeva dalla Quinta Armata americana, per aver lasciato il PCI dopo i fatti di Ungheria e per la sua successiva militanza nel PSI che lo portò ad essere capo-ufficio stampa dele presidente Sandro Pertini e di Bettino Craxi. Il suo curriculum professionale è di quelli che un giornalista sogna per tutta la vita. In un messaggio il Presidente Napolitano ha espresso il suo dolore e ne ha esaltato il valore umano e professionale.
GHIRELLI approdò al Corriere dello Sport da generale stravittorioso. Nello sport aveva fatto già grandi cose come capo della pagina sportiva di Paese Sera e poi come direttore portando a livelli di eccellenza il quotidiano torinese Tuttosport, al quale avrebbe poi "rubato" Giorgio Tosatti per averlo come capo-redattore a Roma. Era il 1966. Ghirelli al Corriere trovò una redazione al settanta per cento fatta di giovani, tra i quali c'ero anch'io.
Tutti quei giovani hanno fatto carriera e sono diventati "qualcuno" nel proprio campo. Ghirelli è stato un maestro, anzi il Maestro, titolo che non possono vantare tutti i giornalisti arrivati al rango di Direttore.
Era un lavoratore infaticabile. Al Corriere operò un'autentica Rivoluzione Copernicana. Cambiò il metodo di lavoro, introducendo la riunione del mattino con i capisettore e soprattutto "il mattinale": un foglio molto grande, diviso per argomenti (prima pagina, terza pagina, cose da discutere, errori commessi, notizie mancanti, servizi in cantiere). Per noi giovani era nel contempo una pagella quotidiana e un libro di testo! Ghirelli aveva il carisma del Condottiero: ci conosceva tutti a fondo e sapeva come rimproverare e come elogiare con la stessa misura e con la stessa carica emotiva.
Non sapeva cosa fosse la fatica. Arrivava in redazione la mattina presto, leggeva i giornali (il nostro da cima a fondo), rispondeva a migliaia di telefonate, affrontava e risolveva problemi di ogni tipo. Il calcio, come dubitarne?, era al primo posto nella sua graduatoria personale. Il lunedì scriveva "Controcampionato", ovvero il commento ai campionati di calcio. Una pagina intera. Bocchino e sigaretta, il telefono muto, macinava una cartella dopo l'altra sulla macchina da scrivere e alla fine faceva le correzioni (pochissime) al testo da mandare in tipografia. Seguiva naturalmente da vicino anche gli altri sport e dai redattori specialisti pretendeva il meglio: "Non dimenticare mai - ci diceva - che tu sei XY del Corriere dello Sport, un grande giornalista di un grande giornale."
Un episodio tra mille. E' il giorno del match tra Clay e Frazier in America. Io sono "di notte", come si diceva nel nostro gergo, assieme a un altro collega. Sulla cronaca del match avremmo fatto l'intera prima pagina. Ghirelli ci lascia con una mazzetta di titoli: tutti sulla vittoria di Clay. Ma vinse Frazier per cui alle cinque del mattino (sic!) il Direttore mi dettò il nuovo titolo. Pagina chiusa, bozzone, rotativa in moto: tutto in un lampo. "Straordinario, siete stati bravissimi, siamo arrivati in edicola battendo Il Messaggero" ci disse il giorno dopo abbracciandoci.
E' stato l'unico collega al quale non sono mai riuscito a dare del tu per cui anche adesso non posso che dire: "Addio Direttore. Dal suo allievo Rudy".
