A Raimondo e Piero D'inzeo For ever !
Giusto un anno fa, Raimondo d’Inzeo, grande ed inimitabile campione, ci lasciava per sempre, per un campo ostacoli più grande, immenso, direi , e realizzavo, di botto, quasi un pugno nello stomaco, quanti anni fossero trascorsi da quel lontano pomeriggio romano in cui uno speeker emozionatissimo chiamava in campo colui che da quel giorno si consacrava con l’alloro olimpico più bello e grande La Medaglia D’Oro.
Avevo 10 anni, allora; mi guardo, oggi, indietro, e di anni trascorsi ne vedo tanti, troppi forse, visto la mole di ricordi che si portano appresso.
Dopo pochi mesi dalla scomparsa del fratello, anche Piero “dava gambe” per superare quell’ultimo ostacolo, stringendo fra le sue mani nodose le redini di un passato costellato di successi, di grandi cavalli, di esaltanti vittorie, per terminare, forse, in quel gran campo ostacoli sulle nuvole, una bellissima staffetta iniziata tanti anni prima, con Raimondo che di sicuro era li ad attenderlo.
Ed anche stavolta i ricordi mi si affacciavano netti, mente, quasi fossero stati appena di ieri , e col film dei loro successi, nella mia mente pian piano, parallellamente, si snoda il filo dei miei tanti ricordi equestri, legati si a Loro, ma legati soprattutto ad un mondo equestre che, in un certo senso, se ne andato definitivamente con Piero; è stato proprio lui, andandosene, che con signorilità e leggerezza, con “stile” direbbe il caro Generale Lequio, ha chiuso delicatamente la porta di un epoca, di un mondo, di un modo di essere uomini, cavalieri, italiani ed ufficiali ! Chapeau !
Oggi, sui campi, o dalla tv, sui canali dedicati, siamo bombardati da una miriade di nomi di cavalieri e cavalli, di gare e salti, a volte abbiamo quasi la nausea, se così si può dire, vista l’abbondanza, ma chissà perché, non riusciamo più a provare quello strano fremito che ci percorreva le ossa ogni volta che veniva chiamato in campo uno dei due fratelli.
Raimondo o Piero, Piero o Raimondo, il fremito, l’emozione, l’attesa, erano sempre quelli, gli occhi degli spettatori non si scostavano un attimo dalle falcate dei cavalli che li portavano, ostacolo dopo ostacolo, ad una vittoria sperata, invocata, e spesso, finalmente, annunziata dagli altoparlanti, fra lo scrosciare emozionato e tumultuoso di quel pubblico, che in queste divise, scura Raimondo, più chiara Piero, incarnava quasi quel desiderio tutto italiano di una vittoria dei propri beneamini.
Che dire ! rimpianto, rabbia, dolore, o ricordo dolce e struggente per un tempo, quello della giovinezza, che ha ormai galoppato anch’esso per altri lidi ?
Non lo so, sinceramente non lo so, ma stranamente so che ogni volta che mi capita di parlare di loro, risento quello strano fremito per le ossa, di quando li vedevo gareggiare, o parlare, anche con noi allora “giovincelli”, con quella schietta e serena semplicità che solo i veri Campioni hanno, consapevoli forse di sapere benissimo di essere per prima cosa Uomini.
Finisce qui, questo semplice ricordo di vecchio cavaliere, in attesa, quando Qualcuno li in alto lo vorrà, di andare ad appoggiarsi con i tanti amici che di sicuro saranno li ad aspettarmi, alla staccionata di quell’immenso azzurro campo, con la curiosità di sapere chi dei due fratelli si presenterà in campo per saltare quella doppia gabbia di nuvole bianche e nere, o quella brutta triplice rosseggiante di lampi, con la sicurezza, comunque che a vincere saranno sempre Loro, Piero e Raimondo. For ever !