Reati contro gli animali. Ma i giudici dove stanno?
Caro Direttore, ormai il titolo di rompiscatole in servizio permanente effettivo, me lo sono da tempo guadagnato sul campo, per cui, complici gli amici di Cavallo 2000, tiro fuori una proposta che forse non sortirà nessun effetto, o forse solleticherà qualcuno ad interessarsi realmente del problema. Andiamo quindi al punto, senza ulteriori indugi. Tutti, o quasi, amiamo gli animali, e questo è assodato, con varie gradazioni e motivazioni, e tutti ci indigniamo, protestiamo, insorgiamo, direi, allorchè ad uno di essi vengono inflitti maltrattamenti, o a volte autentiche sevizie da determinarne danni gravi, a volte irreversibili, se non addirittura la morte ! Tutti, inoltre, abbiamo accolto con vero entusiasmo la decisione del governo di NON DEPENALIZZARE i reati connessi al maltrattamento di animali.
I recenti casi, ancora sub iudice, di Flambo e di Gina, per citare, sono l’esempio lampante di quanto dico. Verificatosi l’evento, doloso o colposo che sia, spesso, su denuncia dei proprietari o di testimoni, partono consequenziali denunce sia alle competenti Procure della Repubblica, tramite carabinieri, polizia, forestale, sia alle Procure federali, se, come nel caso dei cavalli, gli stessi siano “tutelati” da organi di giustizia sportiva. Tralascio il comparto della giustizia sportiva, che comunque non può in ogni caso prescindere da quella Ordinaria delle Procure della Repubblica, con le quali DEVE agire in sinergia, e mi soffermo su quest’ultima ossia La Procura della Repubblica.
Cosa accade in seguito ad una precisa denuncia di un caso di maltrattamento, o peggio, in danno di un animale ? In genere la denuncia od esposto, magari con una sommaria istruzione compiuta da carabinieri o forze dell’ordine in genere, giunge in Procura, dove, ove realmente sussistenti gli estremi di reato, il “caso” viene assegnato ad un magistrato, a seconda di chi è di turno e non per competenza specifica, come nel caso di altri reati . E qui, con tutto il rispetto dovuto al magistrato incaricato delle indagini, casca l’asino, per restare in tema. Ossia, tenendo presente come oggi le procure ed i Tribunali siano letteralmente intasate oltre ogni ragionevole misura da una miriade di procedimenti di ogni natura (civile, penale, amministrativa etc) e da un arretrato mostruoso, il magistrato che si vede capitare sul tavolo un reato del genere, a meno che non sia un animalista convinto ed attivo, (non fanatico !), pur con tutta la sensibilità che possa avere, mette la pratica “ a turno”, disponendo gli accertamenti necessari, ma non correndo o sollecitando in genere più di tanto, preso com’è da altri procedimenti che esigono anch’essi di essere evasi e portati a compimento.
E’ quindi, in buona sostanza, il procedimento prosegue lento pede, stancamente direi, sino ad approdare o al proscioglimento degli eventuali indagati, o al loro rinvio a giudizio, e qui arricasca ancora il povero asino. Disposto il rinvio a giudizio, il rischio reale è che, visto che “la vittima” è un animale, le eventuali sanzioni, una volta esaurito l’eventuale fase dibattimentale, siano di una leggerezza insopportabile rispetto all’impatto morale che il reato ha nei confronti del comune sentire. Questo, in estrema sintesi, e per sommi capi, ciò che avviene nella dinamica corrente. Se vi è connessione con altri reati contestuali, il o i, responsabile può ricevere un inasprimento di pena, ma NON per il danno arrecato all’animale-vittima, ma per gli altri reati che trovano un attenzione maggiore e più sanzionabile.
Insomma, il reato sull’animale, se non passa in cavalleria, resta comunque marginale, a mio sommesso avviso, rispetto agli altri reati. Ed allora quale soluzione a ciò, che di fatto si risolve in una sostanziale “non giustizia completa”, ma quasi un contentino dato a chi è danneggiato dal fatto, o all’opinione pubblica in genere ? La soluzione, potrebbe essere, il condizionale è d’obbligo, l’istituzione di apposite SEZIONI STRALCIO, “per reati contro gli animali”, presso le sedi di Corte D’Appello e/o dei Tribunali, che, sulla falsariga delle analoghe sezioni in tema ad esempio di separazioni, fallimenti, sfratti etc, tratti SPECIFICATAMENTE questa tipologia di reati, avvalendosi di uno specifico pool di magistrati che, approfondendo le proprie competenze in materia, garantiscano una maggior velocità ed approfondimento dell’eventuale reato, sia nella fase inquirente che in quella giudicante, garantendo quindi un’attenzione maggiore e soprattutto “più specialistica” che non l’attuale, ed in fase giudicante ed irrogatorio delle sanzioni (pecuniarie e/o detentive) una giusta e corretta sanzionabilità alla luce delle normative in materia tanto nazionali che europee ( più severe rispetto alle nostre), si da rendere una MAGGIORE GIUSTIZIA, che sia sanzionatoria realmente ed allo stesso tempo dissuasoria.
Per l’istituzione di dette “sezioni Stralcio”, inoltre, non vi è, peraltro, necessità di un apposita legge, considerato come la creazione delle stesse sia nelle piene possibilità e discrezionalità degli stessi Presidenti delle Corti D’appello: quindi non farraginosi e lunghi ed inutili iter parlamentari e legislativi, ma semplicemente l’aderire a delle esigenze di vera giustizia provenienti dalla società civile, in applicazione a leggi e regolamenti già esistenti. Né tali sezioni, ritengo, appesantirebbero i budget della giustizia, potendosi avvalere vuoi dei magistrati in servizio, vuoi di Magistrati Onorari (ex magistrati e/o avvocati richiamati a ricoprire l’incarico) vuoi di giovani magistrati in “tirocinio”, che potrebbero occuparsi, nell’ambito di dette Sezioni, dei casi riconducibili magari ad una semplice sanzionabilità pecuniaria, riservando ai Togati i casi più “pesanti”. Ma ciò, comunque esula dal nostro tema, essendo competenza, ovviamente, della discrezionalità dei Presidenti di Corte d’Appello e/o di Tribunale.
Non so se questa proposta possa trovare o meno accoglimento, so comunque, da informazioni raccolte, che è una strada ampiamente percorribile e praticabile, (già in certi paesi esteri) nel segno di una strada verso una più ampia e diffusa sensibilità animalista, che non vuol essere faziosa o peggio fanatica, ma indubbiamente più civile e pragmatica che non l’attuale. Ciò che occorre è solo che le associazioni animaliste, e/o i singoli si uniscano nel richiedere con apposita petizione, ai Presidenti dei tribunali e/o Corti d’Appello delle proprie circoscrizioni giudiziarie, l’istituzione di dette Sezioni Stralcio, e sperare che la Sensibilità degli interlocutori possa esaudire tale richiesta di pura e semplice CIVILTA’.
Giacomo Giuffrida Samonà