Ricerca: silvia boscono
Ora so cosa sognano le giovani amazzoni; sono scivolata nel sonno delle cavallerizze in erba e ho spiato i loro desideri.Adesso so dove indugiava nell’ infanzia la mente delle donne che hanno sempre amato galoppare e vivere coi cavalli e me l’ha svelato un pittore, Adelchi Riccardo Mantovani, che fa dell’onirico e dei ricordi il soggetto dei suoi quadri.
“Napoli si annuncia libera, allegra e vivace: una folla immensa di gente corre alla rinfusa. Il re è a caccia, la regina attende il lieto evento. Tutto va per il meglio.”
Vorrei essere lì domenica; mi piacerebbe partire come fece Goethe che in una notte del 1786 improvvisò una fuga, presentò un passaporto con un nome che non era il suo, ma di un certo Philipp Möller, e se ne andò con una carrozza di posta. Voleva essere libero, cambiare identità per ritrovare paradossalmente se stesso e la sua creatività e solo quando fu arrivato a Napoli si sentì a casa.
Se, come dice un vecchio adagio cinese, le donne sostengono una metà del cielo, in un ippodromo sono l’altra parte del turf. Di questo se ne accorse ben più di cento anni fa, Giuseppe De Nittis che alla fine del 1800 si fece interprete della vita mondana. Impressionista, italiano che trovò a Parigi la sua fortuna, levò il suo sguardo dalla pista e in “Alle corse di Auteuil” lo posò su una elegante signora, in piedi sulla seggiola, come usava ai tempi negli ippodromi e la raffigurò così, bellissima e charmant, alle spalle di un uomo, intenti entrambi a guardare una corsa.
Sono sicura che l’opera di cui vi parlerò non vi piacerà e anche se nella produzione artistica di Maurizio Cattelan il cavallo è spesso presente, intuisco che chi appartiene al mondo equestre non possa amare l’utilizzo che fa di questo animale (perché del corpo l’artista ne fa un vero e proprio uso) e la sua rappresentazione.
“Ho sbagliato!”
Mi sarebbe piaciuto parlare di un’opera legata al mito delle amazzoni; avrei voluto dirvi di quel fregio del Partenone o raccontarvi di Pentesilea e farmi aiutare in questo, come è nel mio segno, da una figura del mondo equestre. Avrei dovuto trovare una donna certo, una personalità forte, un nome che nel mondo dell’ippica spiccasse.
Tra tanti cavalli blu che Franz Marc dipinse, ne raffigurò anche alcuni verdi; saturò la forma dell’animale di colore e fece spiccare la figura da uno sfondo rosso e blu.
Anche Chagall disegnò cavalli verdi, quelli del circo, altri invece attori di una scena amorosa. Sono la proiezione di un sogno in cui il principio di realtà viene tradito e il colore assume una natura pura ed arbitraria.
Quest’anno, dopo la pausa imposta dalla pandemia nel 2020, si è svolta la cerimonia di consegna del Premio “Le Signore dell’ippica” nel salone della Casa dei Cavalieri di Rodi e a pochi giorni dal galà, il 7 novembre all’ippodromo delle Capannelle si è tenuto il Premio Lydia Tesio, la corsa inserita nella giornata del Roma Champions Day.
“Ma quel cavallo gigantesco stava accasciandosi ferito a morte o, al contrario, stava rialzandosi per riprendere a correre orgogliosamente?”
È questo che chiese lo scrittore Vittorio Emiliani osservando il cavallo di Francesco Messina, quello simbolo della Rai del 1965, all’esterno della sede di Roma e che tutti abbiamo visto almeno una volta in qualche servizio in tv. Gli fu detto che l’interpretazione seguiva le sorti dell’emittente televisiva: se le cose si mettevano male allora era morente e viceversa