Danila Cherio, cento vittorie ed una passione che continua
Il 99 è il numero dell’attesa. In queste due cifre c’è lo sforzo di ogni singolo punto per raggiungerle e oltre queste, una cifra tonda, qualcosa che ricomincia.Come proprio della sua etimologia, nell’attendere il nostro animo è rivolto a qualcosa che deve avvenire, che ci riporta con un solo punto, a dispetto dei novantanove precedenti, ad un nuovo inizio.
Filosofi e scrittori ci hanno raccontato di questa condizione, hanno indagato dell’attesa come di un preludio di gioia in cui si realizza la felicità stessa. “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” sosteneva Lessing e ricordi scolastici ci portano alla mente la donzelletta leopardiana de Il sabato del villaggio. Un pittore come Fontana ha fatto dell’attesa persino un concetto spaziale con un taglio netto sulla tela, un gesto che rompe con una tradizione culturale per “andare oltre”. Degas, dipinse nei suoi quadri questo momento sospeso negli ippodromi e le corse dei cavalli divennero non solo una passione che lo portò a frequentare Longchamp, ma anche il pretesto che gli permise di raccontarci la Parigi nel suo tempo e studiare il movimento di questi animali.
E a 99 vittorie ho conosciuto Danila Cherio, classe 1973. 679 corse e 99 vittorie, “tutte fortemente sue” come mi disse lei, e così anche io, da quel giorno a Pisa mi sono messa in attesa.
“Raccontami da dove vieni, da dove nasce questo amore per le corse e i cavalli,” è la prima cosa che le chiedo quando riusciamo a parlarci.“Non da una famiglia di ippici – mi racconta – anche se ora non posso immaginare una vita senza di loro. Questa passione nasce da uno zio che mi ha avvicinato all’equitazione nello scenario della provincia astigiana e le corse dei palii. Grazie a lui ho cominciato a frequentare le scuderie di Vinovo, iniziando da Claudio Guadagnino fino a debuttare nel 1992 a Varese.”
Ora però la tua famiglia è di equestri, tuo marito, Eugenio Godin, è un allenatore, anche il tuo, e avete una scuderia a Vercelli.
”“I cavalli ci hanno unito trent’anni fa, l’ennesimo record, questa volta di un amore privato. Abbiamo preso la patente assieme, io come amazzone e lui come gentleman, a Milano. Montavo da Beccaris, allenatore di Asti, e lui aveva un cavallo in pensione nella stessa scuderia. Nel Premio Mortens, abbiamo gareggiato assieme finendo ultima e penultimo, ma da quella corsa siamo inseparabili e ora anche nostra figlia fa salto a ostacoli.”
Eppure, Danila non ha mai fatto di questa sua passione una professione. Lei e Eugenio hanno portato avanti il loro lavoro, finché hanno deciso di avere una loro scuderia che ospita ad oggi 26 cavalli.
La vita di una amazzone non è più facile di quella di una fantina anche se improntata sulla medesima voglia di correre e a carattere amatoriale. Non ha niente a che fare con il lavoro, è un distillato di pura passione. Si ha la possibilità di portare pesi maggiori in pista e questo non impone alle amazzoni un’attività fisica severa e una alimentazione controllata al pari delle fantine, ma la corsa pretende comunque una buona tempra fisica e un impegno mentale costante. Districarsi col regolamento che disciplina le corse Gentlemen inoltre non è cosa da poco, come quello di poter gareggiare solo a determinate corse con cavalli di proprietà oltre le cinquanta vittorie conseguite.
“Immagino che il rapporto col cavallo sia diverso per voi amazzoni e gentlemen, che ci sia un legame emozionale maggiore,” chiedo.
“Sicuramente più forte di quello che hanno i professionisti. Dobbiamo prepararlo, gestirlo al meglio, saper aspettare quando si intuisce che non è pronto per la gara; costruire una relazione che dobbiamo anche sciogliere quando è tempo di cambiare cavallo con cui correre. La stessa difficoltà si ha quindi nel riuscire a mantenere un distacco. Una questione di equilibrio che credo di aver raggiunto con il mio Skatingonice.”
Le ultime vittorie sono state proprio con questo bellissimo cavallo che è destinato a passare con lei queste corse “in attesa” e portarla a cifra tonda.
“Le corse Gentlemen inoltre sono meno frequenti rispetto a quelle dei fantini professionisti – mi racconta- così se quando ho iniziato vi era più possibilità di montare in gara, ora le corse riservate alla nostra categoria sono poche.”
Proprio per questo il numero di vittorie di Danila è così speciale, per il calendario limitato che gli ippodromi riservano alle corse riservate a gentlemen e amazzoni e lei è una testimone perfetta di questo mondo amatoriale degli ultimi trent’anni. È ancora, col rossetto in pista e l’eleganza che la contraddistingue, l’immagine di un’ippica raffinata, forse demodè negli Ippodromi italiani, ma ancora viva all’estero in manifestazioni in cui Danila ci ha rappresentato in questi decenni.
“Qual è il momento dell’attesa per te in gara?” Le ho chiesto l’ultima volta che ci siamo parlate, un mese fa che ora sembra un tempo lontanissimo.
Ci pensa un attimo, anche se Danila raramente ha momenti di esitazione: “Quando il cavallo è nelle gabbie; quando senti il suo cuore fortissimo a contatto con la tua gamba, non è un momento di tranquillità, senti chiaramente il pulsare del suo sangue, la sua concentrazione” e chissà se anche oggi, 15 Marzo, il cuore di Skatingonice batteva forte, chissà se aveva intuito che avrebbe portato la sua amazzone alla centesima vittoria, all’arrivo di una vita, nell’Ippodromo dove tutto è iniziato, la sua prima vittoria, nella piccola realtà dove tutti la conoscono e dove per tutti è La Regina di Varese.
Quando, poche ore dopo la sua vittoria, ho parlato con Danila Cherio, la prima cosa che le domando è: “Cosa c’è dopo il 99, il numero dell’attesa? Ora puoi dirmelo!”“
C’è ancora il bisogno di correre – risponde- non c’è la voglia di smettere, ma quella di continuare a farlo con divertimento. Dopo cento vittorie ora so che non ci sono più traguardi, se non annuali, non c’è più la smania di raggiungere quel numero, ma rimane la passione. Pura e semplice passione.”