Ippica -... "ma che ce frega, ma che c 'emporta..."
C'è un detto non propriamente elegante (“per fare dispetto alla moglie si tagliò i c…”) che Comune di Roma e Ministero dell’Agricoltura (MASAF) dovrebbero spesso meditare in merito all’attuale situazione del più importante ippodromo italiano, Capannelle.
Le teste d'uovo del Campidoglio - immemori della precipitosa marcia indietro innestata dall'amministrazione Raggi nell’agosto 2018 al grido di “matti sì ma scemi no” quando il gestore HippoGroup minacciò di portare le chiavi di Via Appia in Palazzo Senatorio - alla vigilia di questo Natale comunicavano al MASAF che HippoGroup non aveva più la disponibilità dello storico impianto di galoppo (dal 1881) e trotto (2014). Al che, con inusitata solerzia ministeriale, Capannelle veniva azzerata come ippodromo e trasferita tra i parchi da passeggio, facendo finta di niente sul fatto che le piste romane ospitano il Derby di Galoppo dal 1884 e quello di trotto dal 2014.
Un accordo in tarda serata del 21 dicembre scorso, prima di andare a fare i regali natalizi, tra Assessorato allo Sport e HippoGroup concedeva a quest’ultimo un anno di proroga quale “custode e gestore” dell’impianto. Evidentemente, come successo con Raggi&Co., anche Gualtieri&Co. avevano compreso al volo che trovarsi da un momento all’altro a dover gestire 143 ettari di piste e box, centinaio di cavalli, scuderie imbufalite e superfetazioni incancrenite, era meglio rimandare tutto a babbo morto (perchè stilare un bando di gara, probabilmente europeo, per Capannelle sarà un’impresa pure nel 2025).
L’accordo però prevede una ratifica in Giunta comunale e questa è ancora di là da venire, con il risultato che l’ippica romana ha già perso le 12 corse di gennaio e rischia pure febbraio (il 2 galoppo e il 3 trotto). Ovviamente nessuno sta mettendo fretta al Campidoglio di trasmettere il nulla-osta al MASAF, tanto meno quest’ultimo tramite la neo Direzione Generale dell’Ippica, la quale dovrebbe invece far fuoco e fiamme per lo stop al suo ippodromo più celebre. Tutto tace pure sul fronte delle ormai incontabili associazioni di categoria.
D’altronde in Italia il galoppo è ormai allo stato pre-comatoso in attesa che il Nastro Azzurro cali a gruppo 3 e il trotto ha in Francia e Scandinavia la sua area di espansione. Che magari costa in trasporto ma paga i premi a pronta cassa.