''Pratoni del Vivaro, un degrado che fa male a tutti''
Caro Direttore, le scrivo queste righe perché le immagini del degrado dei Pratoni del Vivaro fanno male, fanno male a chi ama i cavalli e fanno male a chi, da italiano, può ricordare la bellezza del luogo e cosa ha significato per tutto il movimento equestre del nostro paese. Ma fanno male anche da un altro punto di vista. Fanno male perché sottolineano opportunità perse e mancanza di visione del futuro.
In altri Paesi esistono centri di riferimento Federali per gli sport equestri, o comunque statali, dove viene fatta attività di formazione per cavalli e cavalieri, oltre a competizioni di livello internazionale. Recentemente ho avuto modo di visitare lo Scottish National Equestrian Center (www.snec.co.uk), un piccolo gioiello di funzionalità, strettamente collegato con la scuola Scozzese di Agricoltura, dove si tengono corsi di formazione, stage, aggiornamento, etc., praticamente a ciclo continuo. E lo stesso si può dire del Centro Equestre Nazionale della Svezia (www.stromsholm.com) dove addirittura per diventare istruttori federali si devono seguire corsi al college di agricoltura. Entrambe queste strutture hanno ospitato le sessioni pratiche della Conferenza Internazionale di Scienza dell’Equitazione (tenutasi nel 2010 in Svezia e nel 2012 in Scozia, www.equitationscience.com al sito si possono scaricare gli atti) e sono inserite nel network europeo dei centri equestri d’eccellenza (http://equestrian-educational-network.eu).
Si, perché in questi centri non si fanno solo gare o stage di formazione, si fa anche ricerca a 360° in tutti gli ambiti che riguardano il cavallo e gli sport equestri, in collaborazione con le Università. Questa sinergia fra ambito di ricerca e ambiente professionale fa si che il processo d’innovazione, i risultati della ricerca, siano divulgati con efficienza e rapidità ai professionisti e agli appassionati del settore.
Ebbene, credo sia doveroso far presente che per quanto belli e funzionali, i Centri Scozzese e Svedese non sono nemmeno da paragonare ai Pratoni dei giorni migliori.
Sì, caro Direttore fa male vedere un Centro Equestre Federale lasciato all’incuria e al degrado, sapendo che avrebbe potuto essere un punto di riferimento per tutti gli sport equestri e forse non solo nazionale. Il CEF avrebbe potuto essere un laboratorio perfetto per una formazione di alta qualità di istruttori, amazzoni, cavalieri, groom, personale di gara, etc… ma anche un luogo dove divulgare le ultime conoscenze scientifiche e, perché no, anche un centro dove poter fare ricerca (quanti sanno che fuori dall’Italia strumenti per la misurazione delle pressioni delle gambe o della tensione delle redini stanno diventando di uso comune?).
Avrebbe potuto essere un luogo dove formare giovani amazzoni e cavalieri, facendo conoscere loro le tecniche psicologiche per il corretto addestramento dei cavalli (cioè l’applicazione della Teoria dell’Apprendimento) e avrebbe potuto essere un luogo dove giovani cavalli, nati in Italia, sono addestrati con le stesse tecniche, creando in tal modo quella via di comunicazione etologicamente corretta fra cavallo e cavaliere che è uno degli obiettivi principali della Società Internazionale di Scienza dell’Equitazione e che, migliorando il benessere psichico dei cavalli permette anche performance migliori in gara. E avrebbe potuto essere tante tante altre cose, avrebbe potuto essere un fulcro di innovazione e formazione pressoché in tutti i campi della moderna equitazione (inclusa la veterinaria, la mascalcia, l’alimentazione, ma anche guardare oltre, alla creazione di ambienti virtuali per l’addestramento dei cavalieri, si perché fuori dall’Italia si sta lavorando anche a questo).
Di sicuro ci sarà adesso chi penserà che in Italia non è possibile creare strutture del genere, trincerandosi dietro l’ormai famosa frase che “non ci sono soldi”. E’ vero stiamo attraversando una crisi economica profonda e nel settore equestre si sente ancora di più. Ma i soldi in sé non sono sufficienti. Per creare un Centro Federale sul modello di quelli europei per prima cosa è necessario crederci con convinzione, avere ben chiaro l’obiettivo che si vuol raggiungere e individuare le persone capaci di renderlo esecutivo. Dopo, solo dopo che c’è un progetto definito si penserà a cercare i soldi per realizzarlo, certo sarà più difficile che in altri momenti ma quando si hanno le idee chiare le cose sono sempre più semplici (un piccolo esempio? Creare sinergie con le Università italiane su progetti di ricerca specifici avrebbe potuto permettere l’accesso a finanziamenti europei del 7° programma quadro).
Comunque, penso che proprio in momenti come quelli che stiamo attraversando sarebbe necessario guardare ai Pratoni come un’opportunità meravigliosa per il futuro, e non come un peso nel bilancio di una Federazione che, in perfetto stile italiano, ha sempre avuto l’orizzonte corto della successiva tornata elettorale e non uno sguardo puntato sul futuro, sul rilancio del settore e sulle nuove generazioni (di esseri umani e di cavalli). Cosa, quest’ultima, che necessità di profondi cambiamenti strutturali del sistema e non di proclami.
Cordialmente
PAOLO BARAGLI
Equine Behaviour Laboratory
Dipartimento di Scienze Veterinarie
Università di Pisa