Parigi, con Bartabas sulle note del Requiem di Mozart
Siamo a fine estate, ma come è consueto da queste parti, fa decisamente freddo. Avvolta nel mio piuminetto esco dalla metropolitana al capolinea della linea 9, Pont-de-Sèvres. Sono diretta all’ Île Seguin, dove da poco è stata inaugurata un’avveniristica sala concerti, La Seine Musicale. La zona è un quartiere residenziale moderno a sud ovest della città, Boulogne-Billancourt. Attraversando la Senna tramite un ponte pedonale si accede all’isola, ora dominata da quest’affascinante costruzione architettonica concepita da Shigeru Ban e Jan de Gastines. Il progetto tiene conto del passato industriale dell’area, rispettando l’ambiente nell’ottica di un futuro eco sostenibile. L’auditorium, una sfera schiacciata contenuta in un guscio di legno, riflette le luci e i colori del cielo e del fiume, ornata da una vela che, ricoperta da più di 1000 m2 di pannelli fotovoltaici, segue ruotando il movimento del sole. Il tetto è un giardino dalle linee morbide. La sala principale ha una capienza di 3600 persone.
Una scena d’avanguardia per uno spettacolo fuori dagli schemi: Il Requiem di Mozart di Bartabas.
Non è la prima volta che questo visionario artista porta il suo corpo di ballo equestre all’interno di un teatro. Il palco e tutte le aree percorribili dai cavalli sono isolate e ricoperte da pozzolana, una sabbia nera. Un dietro le quinte con 14 cavalli, la maggior parte sono i lusitani crema simbolo dell’accademia, affiancati da soraya e il quarter horse Soutine. Nove écuyers ed altrettanti figuranti in scena, in buca davanti al palco un’orchestra sinfonica, Les Musiciens du Louvre, accompagnata da un coro di 150 elementi e quattro solisti, diretti da Mark Minkowsky.
Lo spettacolo si apre con Bartabas in scena su Soutine, che ci offre uno spin lento, interminabile, mentre il coreografo si contorce in un gioco di chiaroscuro dentro una maglia nera con cui si copre e scopre il volto. Segue l’ingresso dei lusitani, opalescenti, vestiti da un cappuccio nero, su cui vengono portate, riverse sulla sella, le amazzoni.
I lunghi capelli liberi al vento completano la silhouette delle ragazze così bene da farle sembrare degli angeli neri, che muoiono e risorgono ripetutamente danzando in una musica celestiale.
La potenza e solennità di questa messa funebre, composta da Mozart nel 1791 prima della sua morte, unita alle evoluzioni di un corpo di ballo così sensazionale è un richiamo al quale il genio di Zingaro non poteva resistere.
Nello svolgersi di questo lugubre carosello lo spettatore può percepire come il presente sia effimero, e che tenebre e luce possono unirsi in un istante magico e irripetibile, impossibile da trattenere su pellicola fotografica. Un’opera d’arte in movimento dove cavalli e cavalieri sono un tutt'uno, capaci di separarsi e riunirsi seguendo una disciplina rigorosa, estenuante, che li rende materia plastica nelle mani dell’artista.
Guardare uno spettacolo di Bartabas è un’esperienza travolgente, lo è ancor di più quando come me sai cosa c’è dietro le quinte. Fatica, impegno, sofferenza e dedizione assoluta nella ricerca dell’emozione e dell’espressione artistica. Di rimproveri si potrebbe rivolgerne tanti, ma io invito ad accettarlo com’è. È Bartabas, lasciatevi stregare