Ovindoli, uscire dal campo verso l'avventura
Sei ore a cavallo attraverso i boschi e le montagne abruzzesi. Una sorta di ritorno alle origini, un’esperienza magnifica capace di lasciare a bocca aperta quaranta persone. È questo ciò che accade quando si esce dal campo. Allargare i propri orizzonti, sperimentare e non fermarsi semplicemente al salto ostacoli, che si è conquistato negli anni, vuoi per la sua spettacolarità, vuoi per un’attenzione mediatica maggiore, il primato tra le discipline equestri. E’ nato tutto in un maneggio di Fiumicino dove l’istruttore, Massimiliano Ferra, ha pensato di sacrificare un week end di concorso per portare i propri allievi a sperimentare il trekking a cavallo. Un’idea che, per quanto semplice e intuitiva, ha accolto un entusiasmo enorme, ben quaranta adesioni.
Quaranta persone si sono radunate ad Ovindoli, di prima mattina, per intraprendere questa avventura, per molti novità assoluta. Senza il proprio cavallo, spesso con una sconosciuta sella americana, tutti si sono fatti coraggio presi dalla voglia di sperimentare l'equitazione nella natura.
Naturalmente una delle accortezze più grandi è stata la scelta del cavallo: l'istruttore ha assegnato il cavallo più adatto a seconda dell’esperienza, della forza e della capacità di ogni cavaliere, e questo ha dato i suoi risultati, tutti hanno concluso il trekking in sella…cosa assolutamente non scontata visto il percorso impegnativo.
Pochi minuti dopo le dieci tutto è pronto per la partenza. I primi metri di passo sono quelli decisivi per capire, più o meno, con chi si ha a che fare. Ognuno ha iniziato a conoscere il cavallo con il quale condividere quelle sei ore in mezzo ai boschi. Un momento di fondamentale importanza perché nelle salite, nelle ripide discese, speso rese ancor più spaventose da sassi e rami bassi, non c’è niente da fare: bisogna affidarsi al cavallo.
La prima parte del percorso prevedeva un lungo tratto di prateria dove galoppare e ridere senza troppi pensieri, ma il vero stupore e la pura meraviglia sono arrivati una volta che il gruppo si è addentrato nel bosco, dove “è il cavallo che sa dove mettere i piedi”. Lasciare le redini lunghe e lasciar fare a loro, questo il consiglio delle guide e dei più esperti. Non tutti si sono fidati da subito ma poi pian piano viene spontaneo ed è una sensazione che lascia senza parole.
In campagna niente è da dare per scontato, non c’è nessuna staccionata che può salvare quando il cavallo prende il via. In natura bisogna sempre stare in guardia perché basta anche solo un tombino a generare uno scarto repentino, ed è successo a molti che, per fortuna, tenevano le gambe ben strette. Passate le prime tre ore, quando la stanchezza e la fame hanno iniziato a fare capolino, come un miraggio è apparso lo Chalet dove pranzare. Prima di dedicarsi al cibo bisogna pensare ai cavalli. Non c’erano quaranta box, nemmeno un grande paddock; alcuni sguardi interrogativi hanno trovato la loro risposta quando le guide hanno semplicemente legato le redini intorno ai tronchi degli alberi. Ebbene si, quei quaranta cavalli non si sono mossi di un centimetro per tutto il pranzo.
Una volta rifocillati in allegria, cavalli e cavalieri sono pronti per tornare a casa. Il viaggio per il maneggio sarà più veloce, dicono gli intenditori, i cavalli sanno la strada e andranno sicuramente più veloci verso casa…e così è stato!
Lo stesso percorso a ritroso, quelle che prima erano salite ora diventano discese e viceversa. L’incertezza da novità ha lasciato il posto ad un’atmosfera più rilassata, a grandi risate e chiacchierate insieme. Le redini vengono lasciate più lunghe e i cavalli vengono assecondati più naturalmente. Ormai tutti hanno capito il modo. Il fresco del bosco è un grande aiuto per tutti. Come all’andata il viaggio è scandito dalle soste ai fontanili per far abbeverare i cavalli che, incredibile davvero, bevono anche con qualcuno in sella!
Finalmente il momento più atteso, l’ultimo tratto di prateria prima di arrivare al maneggio. Qualche verso per incitare e un po’ di gambe sono più che sufficienti per lanciarsi al galoppo verso casa! Non è un lato lungo del campo dove allungare qualche falcata, qui si parla di kilometri su un terreno irregolare e la storia non cambia nemmeno al galoppo: loro sanno dove passare!
Arrivati, inutile negarlo, un po’ stanchi e provati sia per le emozioni, sia perché sei ore a in sella sono tante, tutti sono soddisfatti e appagati. Una volta spogliati, i cavalli vengono lasciati nel loro grande paddock dove subito si avvicinano al proprio capo branco. Ma la giornata non è ancora finita: questo è il momento che tutti aspettavano. I cancelli del recinto vengono aperti e tutti i cavalli prendono il via. Nessuno li guida, nessuno li tiene a lunghina, sono liberi, selvaggi e puri. Chi al trotto, chi al galoppo, tutti insieme si dirigono verso le montagne dove, come ogni sera, passeranno la notte. Il silenzio di quel momento magico è interrotto solo dal rumore dei campanacci legati intorno al collo delle fattrici intorno al quale si riuniscono gli altri cavalli per facilitare il recupero della mattina dopo. Al seguito una delle guide è in sella per spingere i più pigri ad andare con gli altri. Pian piano il gruppo si allontana sempre di più fino a sparire nella natura incontaminata nella quale loro vivono. È ormai il tramonto e questo quadro supera di gran lunga ogni aspettativa, più di qualunque scorcio panoramico delle montagne, più di qualunque galoppata sfrenata.
In questa giornata è stata proprio la natura a dare quel valore aggiunto all’amore per i cavalli che riempiva già il cuore di tutti i partecipanti.