''La nostra cultura è il vero benessere del cavallo''
Caro Direttore,
essendo un assiduo ed attento lettore della Sua testata, non ho potuto fare a meno di assistere alla diatriba nata tra Cadorna ed Andreani sulla nostra rinuncia alla candidatura olimpica. Non voglio entrarci anch'io, anche se Lei che mi conosce, può ben immaginare come la penso. Voglio invece intervenire sul “benessere del cavallo”. Dopo la fiera di Verona ci sono stati molti interventi che lamentavano maltrattamenti e cattivi utilizzi di questi nostri poveri amici, di contro ho anche potuto leggere contributi a favore dei nuovi principi di etologia, molti provenienti da oltreoceano, della doma dolce, del linguaggio etc. etc..
Giorni fa ho anche letto la bellissima lettera della sig.ra Carosa che raccontava la sua entusiasmante esperienza con i cavalli di Sparta e premettendo che sono favorevole a tutto questo, in quanto da tutta la vita mi batto per il benessere dei cavalli, non ho potuto fare a meno di considerare che se è vero che la “cultura” è quel bagaglio di conoscenze e pratiche acquisite che vengono trasmesse di generazione in generazione, la nostra cultura equestre si è persa totalmente nell'ultima generazione.
Perché se è vero, come realmente è vero, che fino a qualche decennio fa eravamo culturalmente e praticamente all'apice dell'equitazione mondiale, vuol dire che in quest'ultima generazione si è gettato tutto alle ortiche con la pretesa di innovare la nostra scienza con innesti di vecchiumi e novità che oltre a non conciliarsi tra di loro, ci hanno fatto perdere per strada la nostra indubbia superiorità culturale.
Siamo arrivati al punto che vengono dall'estero ad insegnarci come si doma e si addestra un cavallo con la dolcezza, come parlare con lui e come conquistarlo.
Questo vuol dire che non si è letto niente di nostro o, se si è letto, non si è capito e che quindi abbiamo dato retta o a degli ignoranti o a dei cretini.
Perché il “capire” e soprattutto il “rispettare” il cavallo è uno dei primi principi dell'Equitazione Italiana di Caprilli, ma ormai costui è uno sconosciuto.
Dal primo momento che l'uomo ha avvicinato il cavallo c'è stato un continuo evolversi sia delle tecniche veterinarie che delle tecniche di doma ed addestramento ed entrambe si sono sempre più ispirate al “benessere” del cavallo.
Chi ha letto “L'arte di curare il cavallo” di Giordano Ruffo o dei sistemi di addestramento degli Ittiti, capisce di cosa parlo: si è infatti passati dalla brutalità più assoluta agli attuali metodi di rispettoso e amorevole approccio sia nella veterinaria che nella tecnica.
Tuttavia ci sono ancora delle sacche di resistenza per ciò che riguarda la doma e l'addestramento da parte di gente ignorante che tuttora doma i cavalli con la violenza e di coloro che, pieni di presunta cultura equestre, continuano ad imporre ai poveretti atteggiamenti antichi assolutamente non naturali.
Vorrei vedere questi “signori” fare loro il “passo spagnolo”, il “piaffè” o il “passage” con qualcuno che li bastona sulle ginocchia e li tira per il collo con la scusa dell'equitazione “classica”!
E' veramente avvilente, per chi la pensa come me, vedere che c'è ancora oggi gente che lucra insegnando i vecchi metodi coercitivi dell'800, approfittando della dolce indole dei cavalli e delle frustrazioni di cavalieri ignoranti che si vogliono sentire bravi.
Sarebbe senz'altro ora di spogliarsi di ogni ipocrisia e opportunismo e, oltre che a denunciare ogni maltrattamento, si cominci a pensare, con cognizione di causa, anche e soprattutto al “benessere” psico-fisico di questi nostri meravigliosi amici, anche migliorando la nostra cultura equestre oltre che prendendo delle iniziative opportune.
Rileggiamo Caprilli, i Suoi allievi, cerchiamo di capire e vedrete che non abbiamo certo bisogno di alcun solone straniero per migliorare la vita dei nostri cavalli ed il nostro rapporto con loro.
Riappropriamoci della nostra cultura!
Grazie per l'attenzione ed un caro saluto a tutti.
EZIO MARIA CASATI