Galoppo amarcord: quando Roghi intervistò Tesio
Cavallo2000 in occasione del settantesimo anniversario della morte di Federico Tesio, offre ai suoi lettori uno splendido articolo di Bruno Roghi
ABBIAMO VISITATO un celebre allevamento di cavalli o siamo entrati nel regno di uno stregone georgico? Per questo dubbio, nell’atto di prendere per il viale alberato che mena dalla villa di Dormello alla strada provinciale, diamo l’ultimo sguardo sospettoso a Federico Tesio. I suoi occhi sono molto maliziosi, la risata, a dentatura scoperta, è un poco diabolica, ma la stretta di mano è piena e cordiale.
Allora, per l’ultima volta, osserviamo quei cavallini là in fondo che al nostro passaggio voltano simultaneamente le teste. Il vostro artefice è o no uno stregone? A un segno invisibile, forse per la sollecitazione di un raggio di sole che trafigge le nuvole e indora il lembo del prato, staccano simultaneamente un tempo di galoppo, tutti in branco. Si arrestano più in là, sempre tutti insieme. Sono i puledri di un anno, i “giovinastri”, come dice la moglie dell’allevatore. Matteo di Giovanni, Angelo Bronzino, Innocenza da Imola, Donatello, Otama, Domenichino, e Giotto, e Trentacoste, e Perugino, e Tintoretto, e Mainarda, e Raffaella, e El Greco, e Iriarte, e Nardina, e Scuola Bolognese, e Holbein.
Tutti nomi di pittore, secondo la regola tesiana, e qualche cavallo, forse, vale più dell’artista (non si è letto su fogli francesi che Brantome, l’imbattuto 3 anni, ha riscattato la fama minuscola dello scrittore che gli ha dato il nome? E la terminologia estrosa adottata da Tesio non ha, forse, un valore pedagogico e simbolico quando riscatta, con la vittoria memorabile in un Gran premio del Re, i non memorabili quadri del pittore mediocre che al purosangue ha dato per avventura le generalità).
SUL GRANDE TAVOLO della saletta c’è un librone chiuso, tutto pelle, borchie e incisioni. E’ la partitura del maestro equino. E’ l’encilopedia delle sue formule magiche. Voltiamo la copertina spessa con cautela, dubitando che Tesio sia per impugnare la bacchetta di un Toscanini o di un Cagliostro.
“Saphirine…La prima pagina reca in testa, a tutta facciata, questo nome che odora di Arcadia. Al nome si dipartiscono e scendono verticalmente finche e finche che, a loro volta, si suddividono in altri colonnini, vasi capillari di quella vena maestra che si chiama Saphirine. E’ una pagina ordinatissima, gremita di parole e di numeri, una pagina netta e formicolante che si vorrebbe possedere appoggiandovi su una mano aperta.
“E’ lei che tiene questo libro” dice Tesio accennando alla moglie donna Lydia, che sorride amabilmente e legge e rilegge questo e quel rigo come rileggesse le figure di un merletto.
Saphirine. Chi è questa femminetta che sa di capricci e di confetti? E’ la prima “madre” dell’allevamento di Federico Tesio. Saura bruciata. Comperata per 6.000 lire, in Francia, nel 1895. Tra poco quarant’anni. Cavalla da ostacoli. Montata da Tesio in corsa, in parecchie corse, e vincitrice di un Premio Savoia, nel 1897. Entrata in razza nel 1898. La stirpe dei Dormello incomincia qui, con la saltatrice Saphirine. Ne nasce un puledro, Stefanino“Pittore?“Parente.Stefanino, il nome di un parente. Non porta fortuna. Ah, i parenti… Saphirine è il foglio di un librone che ha 73 pagine piene. E’ la prima delle 73 madri che sono passate finora nell’harem equino di Federico Tesio. Saure, baie, morelle, grigie odalische di un sultano briccone.Saphirine. L’ava ideale della giumenta che più amiamo nel lotto delle trenta che oggi pascolano a Dormello, di quella bionda Delleana che, lungi dal fare comunella con le fattrici che dividono con lei l’erba del prato, l’ozio sibaritico del box e i madrigali degli stalloni, incede tutta sola in disparte, altera come una granduchessa.Stefanino, il bisnonno ideale del puledro che più amiamo nella truppa dei fratelli e delle sorelle di un anno, di quel Diego Velasquez che è bello e orgoglioso come un principino.
ALLORA GUSTAVO WEILLSCHOTT, che conosce il “sangue”e le sue diramazioni essenziali come un astronomo la gran ruota delle stelle, annuncia: “Il cavallo originario doveva avere il mantello grigio.Dice, e osserva Fanciulla d’Anzio, il cui ventre candito già s’incurva sotto il sortilegio di Cavaliere d’Aquino,“Grigio? – osserva Tesio – Perché mai grigio? Io penso che originariamente ci doveva essere la razza dei bai, quella dei sauri, quella dei grigi e così via. Poi, quando è caduto nelle mani dell’uomo, il cavallo ha confuso le sue razze e i suoi mantelli. Ma se l’uomo fosse caduto nelle mani del cavallo? Quali incroci avrebbe escogitato il cavallo tra uomini gialli, bianchi, rossi, neri? Pensiamo al povero fox terrier…
Un paradosso animoso: ecco Federico Tesio. I suoi paradossi, che sono la buona carne del vero condita con gli intingoli malandrini della dialettica, li plasma, li modella, li patina, li punta, li scocca con un godimento straordinario, raffinatissimo e imbroglione. E l’uomo, come tutti coloro che hanno il cervello in vibrazione continua, e guardano a ciò cui non pensano, o pensano a ciò cui non guardano, cambia il discorso. Seguiamo la direzione dell’indice teso della sua mano destra. Dà in un quadretto appeso alla parete.“Secondo lei, quello cos’è?“Eh sì, un quadro. L’ha dipinto… Navarro? E’, insomma, a mio modo di vedere, scusi, una gran piovra con i suoi occhiacci e i suoi tentacoli che emerge dagli abissi oceanici e sta per avvinghiare, cos’è che sta per avvinghiare?, una cattedrale, forse, o il baracchino del conte Durini.“E’ la gloria – dice Tesio a vce bassa.“Swanson?Para e risponde.“Quella ha l’iniziale maiuscola. La mia ha la g minuscola.
QUADRI DI TESIO, dipinti nelle ore serene. Ce n’è uno anche nella società ippica di Baden Baden e rappresenta Scopas in un atteggiamento allegorico. Conosciamo un Tesio allevatore di purosangue, un Tesio pittore. Ci sono degli altri Tesio: un Tesio architetto, un Tesio astronomo, un Tesio volatore. Guardate quei grossi uncini piantati in quei grossi tronchi d’albero. Sono i cimeli della macchina per volare che per mesi ha fermato l’attenzione e disfrenato la fantasia dell’uomo con il feltro dalla tesa abbassata e con il binocolo a tracolla che i frequentatori degli ippodromi conoscono.Guardate quei box quadrangolari, spartiti come una saliera, disadorni e schietti: roba sua. E quei prati ora lisci e ora ondulati, macchiati di siepi e di ruscelli, in verdi tonalità cangianti, magri e grassi, pettinati e arruffati: un gioco scrupoloso e intelligente di varietà, frutto di dotto e pur fanciullesco amore per le belle invenzioni della natura, per le vibranti strutture dei cavalli.Quanto all’astronomia… Tesio s’ingolfa in un ermetico discorso di stelle. Le individua e le punta proprio come se le vedesse dietro la cortina caliginosa di quasta giornata d’autunno. E quando riporta gli occhi a terra e s’avvia, scavalca meticolosamente un sassolino ribelle.“Se pesto quel sassolino… par che rifletta. Tesio superstizioso. Sciocchezze? Non si sa mai, quel sassolino improvviso, messo in quel modo, può contenere un Avvertimento. Non si sa mai: sono i quattro monosillabi che asssicurano l’immortalità a quel dio né troppo falso né troppo bugiardo che è il genio della superstizione.
CAVALLE GRAVIDE o ancora vuote, puledri di un anno e “giovinastri” di sette mesi, fattrici, yearlings, foals: 62 quadrupedi in tutto più i 28 cavalli che sono in allenamento a San Siro.Passeggiamo. Le giumente, con le loro arie matronali, sono riunite a gruppetti di tre o di quattro. Descrivono una parabola cordiale che va dal muso affondato nell’erba alla coda che la sfiora. E’ Donna Lydia Tesio che fa la chiama. Le riconosce e le nomina senza esitazioni, con quel subito distacco verticale alla citazione della genealogia che rivela, a chi non sa e stupisce, una nozione sicura e compiuta della materia astrusa. Cavalle gloriose del turf: tra le altre Duccia di Buoninsegna, Giovanna Dupré, Neroccia, Nogara, Jacopa del Sellaio, Dossa Dossi. Le buone mamme che tradiscono, per torbida volontà degli uomini, la fede dei mariti e di anno in anno, variando lo stallone, regalano alle piste i figlioli che hanno, con i favori del sangue azzurro, i sacramentali favori della quota.Passeggiamo. Garzoni di scuderia, dalle stature e dalle fisionomie caratteristiche (ogni ragazzo di scuderia è un poco Mowgli) “passeggiano” a loro volta i quadrupedi ad essi affidati. Sono i nati del 1933: Giorgione, Scuola Senese, Bellunella, Marieschi, Pinturicchia, Diego Velasquez, Tanzio da Varallo, Hart, Ettore Tito, Rubens, Osenga, Albani, Leandro da Bassano, Tiziano, Nicoletto da Modena. Da qualche tempo è cominciata la loro domatura. I ragazzi vanno a scuola ma bisogna tenerli stretti alla capezza perché sono molto indisciplinati. Magari scappano, a testa e a coda ritta, tamburellando il prato con i giovani zoccoli teneri, e poi si fanno le spelature: corrispondono ai ragazzi che vanno a nidi mentre gli altri, i foals, sono melanconici perché hanno la nostalgia della mammella materna, e sono sperduti e trepidanti: osservate le due femmine figlie di Ortello, Otama e Innocenza da Imola, sempre insieme, la testa dell’una sulla groppa dell’altra, le due orfanelle.
GUSTAVO WEILLSCHOTT è raggiante perché la varietà delle stirpi e delle discendenze, ch’è l’onore dell’arte tesiana, aderisce alla sua concezione aristocratica del cavallo da corsa. Pietro Bessero è raggiante perché una giornata senza un bel cavallo, per lui è una giornata perduta. Enrico Ricordi è raggiante perché oggi ha giurato, più che mai, nel verbo del maestro: Tesio-Incisa, binomio di vittoria, l’allevamento principe che ha in Federico il Patagone (a vent’anni Tesio è andato laggiù, avventuroso Buffalo Bill tra gli indigeni che si chiamavano Becco-di-Condor o Dente-di-Sciacallo) il fondatore e il creatore, l’industriale e il poeta, e ha nei giovani sposi marchesi Incisa i soci animosi e intelligenti, i continuatori sicuri dell’opera mirabile.“ A tavola – invita Tesio – c’è un manicaretto fatto da me.Tesio cuoco. Anche cuoco. Le genealaogie sono genealogie, e quelle dei cavalli sono più sicure di quelle degli uomini. Ma c’è da pensare che, per li rami delli rami, ci sia nel sangue di quest’uomo geniale una goccia del sangue di Giovan Battista Alberti.
*Per gentile concessione del Museo del Trotto di Ermanno Mori
BRUNO ROGHINato a Verona il 24 aprile 1894, morto a Milano nel 1962. Avvocato, diplomato al Conservatorio di Milano, iniziò la sua carriera giornalistica come critico musicale. Per molti anni redattore della Gazzetta dello Sport che diresse poi dal 1936 al 1943 e dal 1945 al 1947. Direttore del Corriere dello Sport dal 1947 al 1960 e di Tuttosport dal 1960 al 1962. Grande appassionato di ippica e di ciclismo, ha avuto i suoi scritti in molte antologie scolastiche.
FEDERICO TESIONato a Torino il 17 gennaio 1869, morto a Dormello il 1 maggio 1954. Laureato in scienze e architettura. Senatore del Regno d’Italia dal 1939. Nel 1898 con la moglie Lydia fondò l’allevamento dei cavalli purosangue a Dormelletto in provincia di Novara. Come allevatore e proprietario ha vinto 38 Derby. I suoi capolavori in pista sono stati Ribot, Nearco e Donatello II. Ha scritto due libri tradotti in tutto il mondo: Purosangue animale da esperimento e Tocchi in penna al galoppo.






















.jpg)



