Equitazione, perchè muore l'allevamento italiano.
INTERVENTO di Giovanna De Cola al convegno di studio che si è svolto a San Rossore nell’ambito della manifestazione “Cavalli di Toscana”
“SONO UN ALLEVATORE socio Unire-Enci dal 1972 e il mio numero di allevamento 376 dimostra che faccio parte di quella vecchia guardia di allevatori ormai quasi scomparsa. Prima di tutto, prendo atto con piacere della disponibilità dimostrata dalla Fise nella persona del suo vicepresidente ad affrontare le tematiche dell’allevamento. Nel suo intervento infatti il vicepresidente ha chiesto la collaborazione soprattutto degli allevatori affinché anche in Italia si producano cavalli di alto valore in grado di competere con quelli stranieri, nella speranza di fermare la continua emorragia economica dovuta all’acquisto dei cavalli all’estero. Oltretutto i soggetti provenienti dagli altri Paesi non sono certo i migliori (quale Nazxone si toglierebbe i campioni?) per cui i nostri cavalieri faticano a portare a casa risultati sportivi internazionali
Mi sia consentito dissentire da questo giudizio sulla scarsa qualità del nostro allevamento: i cavalli campioni esistono o potrebbero esistere. Permettetemi in esempio personale.
Lavorando negli anni con passione e determinazione ho prodotto, tra gli altri, un cavallo che ora ha cinque anni. Ha al suo attivo 31 percorsi netti su 35, si è qualificato per i campionati del mondo e l’unica domanda che mi pongo è se chi lo acquisterà sarà in grado di farlo proseguire correttamente. C’è però un quesito da porre: quanto è costato tutto ciò? Il conto è molto facile. Un puledro a 3 anni, seppure allevato in un contesto agricolo, e questa dovrebbe essere la condizione di un allevatore, costa 5.000 euro (intendendo tra i costi anche l’anno di gestazione). Parlo di spese vive, prescindendo da ogni utile che pure sarebbe giusto e legittimo calcolare. Ora la successiva domanda è: a chi lo vendo? Chi lo compra? Nessuno. Nel migliore dei casi l’offerta è di circa 2.000 euro tranne poi, dopo avergli fatto compiere vari giri, ritrovare quello stesso soggetto rivenduto sul mercato a prezzi assurdi.
Certo l’allevatore può decidere, come ho fatto io, di non bruciare il proprio puledro facendolo preparare per le prime gare. Ma anche qui, oltre alla fortuna (che io ho avuto) di trovare il centro ippico e il cavaliere giusti, i costi salgono notevolmente. Pensione del cavallo, onorario del cavaliere, trasporto, iscrizione alle gare Fise (che non prevedono sconti per i cavalli italiani): una cifra che si aggira intorno ai 5.000 euro.
Io ho avuto fortuna, ma normalmente si rischia di affidare il puledro a cavalieri che non sono preparatori. Ci si è “scordati”, infatti, di formare questa figura professionale. Il cavaliere ha solo fretta di saltare. Deve vedere quanto “zompa” e “zompa“ oggi e “zompa” domani…ti rompe il puledro! Così te lo rimanda a casa insieme alle spese dicendo ”questo non è adatto al salto, mandamene un altro”. Come vedete c’è un problema molto semplice da affrontare: quello del rapporto tra costi e ricavi. E’ questo il motivo per cui gli allevatori smettono di allevare. Guardiamoci intorno: sono finiti tutti o quasi gli allevamenti storici, quelli che avevano quel patrimonio genetico dei cavalli italiani sul quale si poteva costruire il sella italiano. Quando si è istituito il Libro Genealogico nel nostro Paese si è commessa una “piccola dimenticanza”: definire lo standard di razza. Anzi, si è fatto di peggio: si è aperto il libro a tutti i cavalli stranieri che cominciavano ad arrivare, creando un “guazzabuglio” di razze e la conseguente perdita di valore dei soggetti allevati.
Personalmente, oltre al maremmano tradizionale, allevo una linea di Selle Française che preferisco sia collegata al libro genealogico francese piuttosto che a quello italiano. Nell’allevamento, pur facendo degli incroci, bisogna sempre mantenere la purezza dei riproduttori al fine di non disperdere il patrimonio genetico.
Ma torniamo al problema di fondo: come può un allevatore autentico, cioè che abbia continuità e competenza allevatoriale ( non un hobbista, che non ci interessa in questa sede) ad avere il giusto compenso per il lavoro che svolge?
Dopo decenni di lavoro, con caparbietà sono riuscita nonostante tutto a portare un mio cavallo ai campionati del mondo, ma qui mi fermo. Non posso più permettermelo! Sono due anni che non faccio più coprire le fattrici, mi contento di vederle pascolare serene. Se debbo vendere dei soggetti a 2.000 euro preferisco, come ho già fatto per due puledre, regalarle in cambio del fieno. Ho fatto felice una persona che le userà per le passeggiate e le lascerà galoppare libere sui prati.
Lasciatemelo ripetere: non è vero che gli allevatori non sono in grado di produrre cavalli di qualità: bisogna però risolvere il problema costi-ricavi.
Come? Giro il problema agli Enti preposti. C’è la volontà di trovare una soluzione? Bene. Ma questo volta le decisioni devono essere prese insieme agli allevatori. A quelli veri, intendo, che passano la vita insieme ai loro cavalli e che vorrebbero ancora far nascere puledri italiani.





















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