Contro il maltrattamento ai cavalli costruiamo una rete
Gentile Direttore,
mi permetto di portare a galla un argomento spinoso e complicato, ma che ritengo sia di vitale importanza per la corretta costruzione di un rapporto, degno di essere chiamato tale, con i nostri Amici equini, per il rispetto che meritano e che noi dobbiamo loro.
Restringo il campo ai cavalli perché sono loro il fulcro della nostra comune passione, ma questo è un discorso che può tranquillamente essere ampliato a tutto il regno animale che ha la fortuna, o sfortuna, di essere in contatto con noi esseri umani.
Credo che prima di iniziare sia doveroso fare una premessa: con questo scritto non è mia intenzione accusare nessuno e nessuna categoria in particolare. Vorrei solo aprire uno spiraglio alla consapevolezza nella coscienza di tutti, dai professionisti agli amatori arrivando ai semplici simpatizzanti.
Riprendo ora l’oggetto di questa lettera: qual è il confine del maltrattamento? Quali sono i parametri per considerare il benessere di un cavallo?
Lo so, possono sembrare domande retoriche e gli addetti ai lavori risponderanno “Ma come? I parametri ci sono e il benessere del cavallo può essere facilmente misurato!”
…siamo sicuri? Io credo di no.
Dal punto di vista fisico è probabilmente più semplice, anche se, al momento, per avere un intervento in una situazione di maltrattamento le tempistiche sono lunghissime e i sopralluoghi attivi sono garantiti solo in casi estremi, quando ormai il povero animale è già sfinito e distrutto, fisicamente e psicologicamente. E spesso,
anche in questi casi, nonostante la constatazione del problema, ci vuole ancora del tempo per poter risolvere la situazione.
Ci si sente sempre dire “C’è di peggio…” e allora? Dobbiamo per forza toccare il fondo?
Non potremmo iniziare a pensare e dire “c’è di meglio”…?
L’aspetto che però volevo portare alla luce della vostra attenzione è questo strano e malsano proliferare di addestratori improvvisati e simili che annientano la natura dei cavalli, nello spirito e nel fisico.
Li guardi “lavorare” e soffri, con e per il cavallo. Ma cosa puoi fare? Segnali? Non avresti successo.
I cavalli APPARENTEMENTE stanno bene, mangiano, hanno un box e si spera che abbiano anche una vita esterna a quelle quattro mura.
La realtà e l’apparenza però sono spesso, per non dire sempre, due cose diametralmente opposte. Il rispetto per questi animali è una cosa del tutto sconosciuta a questi soggetti: cavalli costretti a lavorare perennemente con redini di ritorno fisse e abbassatesta, così in Fiera saranno i “più belli”. Ovviamente il parametro di giudizio è fissato sul popolo curioso e non su quello che capisce cosa si nasconde dietro a quel piaffare sull’asfalto. Poco importa se la schiena del cavallo si spezza, se i nodelli cedono e la povera creatura sarà completamente finita a 10 o 12 anni, quando dovrebbe essere nel pieno fulgore della sua esistenza.
Poco importa se questi poveri cavalli sono annullati nello spirito, hanno lo sguardo triste, spento, senza più curiosità o emozioni. Passano dall’apatia, alla tensione, alla paura. Poco importa se il cavallo vive 24 ore su 24 in un box, dimenticando qual è la sua natura e senza avere la possibilità di vivere nemmeno un’ora da essere libero. Non è maltrattamento questo?
In Italia un cavallo di 15 anni è già considerato vecchio e la cosa mi fa rabbrividire.
Nemmeno all’inizio della loro vita lavorativa esiste il rispetto. Un cavallo, in media, può essere considerato adulto, come sappiamo, a 5 anni. Come mai allora si vedono cavalli di 2 o 3 anni, praticamente bambini, sopportare delle moli di lavoro molto al di sopra delle loro capacità fisiche? Non è maltrattamento questo?
Poi ci si stupisce se s’incontra un “cavallo difficile”, lo si punisce e lo si costringe ancor di più con ammennicoli vari per piegarlo alla volontà dell’uomo, senza cercare di comprendere perché.
Perché una creatura così gentile e sensibile arriva ad avere determinati atteggiamenti?
Certo, le eccezioni ci sono, ed è chiaro che anche in natura esistono soggetti più particolari di altri ma, per personale esperienza, posso dire che sono una percentuale minima rispetto a quelli rovinati dall’uomo.
Non sarebbe ora, visto che ci definiamo esseri superiori e siamo ormai nel 2015, di fare un passo indietro e con umiltà imparare a comprendere cosa i nostri cavalli cercano di comunicarci? Non sarebbe il caso di iniziare ad Ascoltare?
A cosa serve fare stage di 3 o 4 giorni con professionisti, che magari vengono da paesi stranieri, se chi li fa non comprende che sono solo lo spunto dell’inizio del lavoro serio, costante e faticoso che poi ci aspetta? Perché l’uomo non riesce a capire quando è ora di iniziare a fermarsi?
Purtroppo il risultato di questi stage o corsi o in qualsiasi modo li vogliate chiamare, è quello di creare mostri. Mostri che pensano di saper fare e che invece fanno solo grandi danni.
Si parla tanto di maltrattamenti su animali ma io credo che vengano tralasciate delle cose molto importanti e sogno che un giorno venga creata una rete di controllo e monitoraggio attiva ed efficace anche per chi con i cavalli lavora, li addestra e li alleva.
Una rete formata da persone competenti, professioniste e professionali. Una rete di
Gente di Cavalli, non di pseudo animalisti che vedono il male anche dove non c’è.
In un mondo ideale i cavalli correrebbero liberi per i prati e noi godremmo nel vederli selvaggi come solo loro sanno essere.
Nel nostro mondo questa è una lontana utopia ma non siamo per questo autorizzati a disporre di loro come nostre proprietà, come oggetti da utilizzare per il nostro divertimento e sollazzo, per poi venire gettati o sostituiti quando “il giochino non funziona più”.
Anzi, dovremmo rendere omaggio ai cavalli ogni giorno per essere così fedeli, per affiancarci e sostenerci. Dovremmo garantire loro il Reale Benessere. Possiamo dar loro solo una copia un po’ sbiadita di quello che avevano quando erano liberi, ma almeno questo glielo dobbiamo.
Ma siamo molto lontani, purtroppo.