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  • Alessia Giovannini
  • 31/03/2016

Cavalli in carcere, una terapia dell'anima

Fuori,  nel parcheggio del carcere di Bollate, siamo tutti un po’ silenziosi.
Qualcuno di più. Qualcuno che, come me, qui (o in qualunque altro carcere) non è mai stato.
Le immagini che sovrastano il gabbiotto di controllo all’entrata sono inquietanti e tristi, disegnati in colori sbiaditi e spenti. Sembrano quelle della legge del contrappasso di Dante in chiave moderna e sembrano dire che alla colpa non c’è scampo. Come dovrebbe essere, direbbe la giustizia.
Io mi guardo intorno e non riesco a pensare ad altro: oltre queste mura, c’è il “male”. Qui c’è l’ombra scura della società, la nostra vergogna di umani, nascosta agli occhi dei “buoni”, un concentrato di rabbia, incoscienza, dolore e disperazione spartita tra uomini e donne che hanno commesso crimini e ora ne pagano il prezzo ogni giorno, privati della libertà e della possibilità di un riscatto. Qui ci sono “gli altri”. Quelli che non meritano il perdono, direbbero in molti.
Ma i molti non sono tutti. E tra i tanti che non sono i molti, c’è Claudio Villa. Claudio Villa e i suoi 23 cavalli del carcere. E’ lui che andiamo a conoscere. Lui e i suoi cavalli che prestano servizio e donano “pietas” a uomini che la pietà, se sono qui, non l’hanno forse mai conosciuta. Meno che mai ricevuta.
Io continuo a chiedermi se incrocerò qualcuno di questi uomini e che effetto mi farà. Che cosa sentirò quando li vedrò? Che cosa penserò? E soprattutto mi chiedo quali circostanze della vita, quali cattiverie subite, quale amore mancato, quale “mala-educacion” hanno fanno sì che loro fossero quello che sono… E chi ha deciso che io fossi salva e “buona” e “pulita” e che cosa succederà dentro di me quando ci incontreremo, io “donna senza macchia e senza peccato” e loro uomini “imbrattati dalla vita e colpevoli”?
Camminiamo silenziosi a incontrare i cavalli. Silenziosi come si cammina in una chiesa che è il luogo della luce più alta. E silenziosi qui, per la legge degli opposti, nel carcere di Bollate che è il luogo della oscurità più scura. Bisognerebbe imparare a stare in silenzio, mi dico. E imparare a dire una preghiera in luoghi così, anche se fossimo uomini senza dio.
Così,  arriviamo da Claudio. Lui ci saluta sorridente. Ha occhi azzurrissimi e una luce che viene da dentro e una gioia che pare un faro abbagliante e accende il grigio d’intorno che quasi ti viene da pensare che ti sei sbagliata… No, non sei in un carcere. E i cavalli che pian piano arrivano non sono qui a regalare amore a chi non è ha più e forse non ne ha mai avuto… Forse, è tutto un sogno perché il tempo passa lento e tu ci stai entrando solo in sogno in un luogo in cui un uomo solo e 23 cavalli aiutano degli uomini ad accendere un fiammifero nell’anima nera che si ritrovano… 
Claudio intanto ce li presenta ad uno ad uno, questi cavalli quieti e sereni che gli stanno intorno. E di ciascuno ci racconta la storia. Molti di questi cavalli hanno storie terribili alle spalle e, se non fossero qui, se lui non li avesse salvati, sarebbero già morti. I cavalli, tutti i cavalli, man mano che ce li passa in rassegna, lo guardano con occhi che io non ho mai visto. Hanno un amore assoluto e profondo per lui  e quasi fanno a gara per rubargli uno sguardo. Una cavallina cieca, che Claudio ha salvato, gli appoggia il muso sulla spalla mentre lui racconta di lei e lo accarezza ripetutamente, come solo i cavalli sanno fare.
Io so che i cavalli vedono e riflettono quello che noi non sappiamo vedere. Ma in questo caso è diverso: quello che i cavalli riflettono di Claudio è visibile e udibile a tutti noi. Quest’uomo è pieno d’amore. Per i cavalli che ama infinitamente e che infinitamente lo amano. Ma – soprattutto – ha il coraggio (tiene il cuore, “cor habeo”) di aiutare uomini che sono scarti della società e che nessuno avvicinerebbe o ascolterebbe o vorrebbe anche solo guardare da lontano…
Mentre ci racconta come offre dei corsi sui cavalli per i detenuti nella speranza che possano svegliarsi dal torpore e magari trovare un senso e una professione che li aiuti una volta fuori, io capisco che quest’uomo ha scelto di fare una cosa al limite dell’impossibile e ha chiesto aiuto ai cavalli: portare un raggio di luce dove regna l’oscurità e indicare una via d’uscita. Claudio non nasconde quanto sia difficile. Alcuni di questi uomini sono irrecuperabili e il lavoro che lui offre è duro. Ma sembra dire che se riuscisse a portare luce anche in uno solo di questi uomini, la sua battaglia sarebbe vinta. Ci racconta di come faccia tutto da solo, senza nessuna istituzione dietro, senza finanziamenti e senza soldi, utilizzando materiale di scarto: ad aiutare lui e i suoi cavalli ci sono questi uomini “di dentro”… E mentre parla di questi uomini e continuiamo a camminare, io li vedo da lontano. Sono tre e stanno mettendo le capezze ai cavalli come lui gli ha insegnato, perché è quasi il tramonto e i cavalli devono essere riuniti in branco, dove gli verrà dato da mangiare in mucchi di fieno e lasciati riposare, insieme, fino al giorno dopo.
Ci avviciniamo di più. Ora questi uomini si muovono non troppo lontano da me e interagiscono con i cavalli. E quello che vedo mi piega il cuore dalla commozione. Vedo questi uomini e vedo i cavalli che abbassano il muso alle loro richieste, che gli camminano accanto obbedienti e che hanno lo sguardo pieno d’amore. Mi soffermo a guardare uno di loro che viene dalla mia parte, lo osservo interagire con una cavalla, poi non posso fare a meno di dirgli quando mi passa vicino: “Questa cavalla ti ama molto”. Quest’uomo ha il volto duro e indurito come i “galeotti” dei film, come te lo immagineresti. Ha lo sguardo basso ma alle mie parole lui alza gli occhi e sorride. “Eh” dice soltanto illuminandosi, e dà una carezza alla cavalla che gli è accanto e che lo ricambia spingendolo con il muso. E vedo, grazie a quella cavalla che fa da specchio, che quest’uomo ha un piccolo cerino nell’anima a dargli luce e se ce l’ha è per la presenza di un cavallo spezzato e ferito come lui dalla vita, un cavallo che con il suo amore gli ha intenerito l’anima e gli ha conficcato un cerino acceso a illuminare tutto quel buio di dentro e domani gliene conficcherà un altro di cerino e un altro ancora dopodomani, finché – dio volesse – possa divampare e diventare un “punto di luce nel cuore” e portarlo fuori da qui, da questo luogo di espiazione, con una luce di dentro che gli impedirà di  ricadere nell’oscurità.
E finalmente, di fronte a quest’uomo e a questa cavalla, ho la risposta alle mie domande. Di fronte a loro due, io provo commozione e vergogna. Mi vergogno di non aver saputo capire. Mi vergogno della mia indifferenza. Mi vergogno perché ho relegato anch’io il male in un luogo lontano dalla mia vita, come se non riguardasse anche me che dalla vita sono stata salvata e fatta “buona”… E provo un’ammirazione profonda per questi cavalli e per Claudio che combatte una battaglia che non solo è al limite dell’impossibile, ma è una battaglia che solo pochi sanno capire perché soltanto pochissimi hanno ancora cuore per comprendere che se anche hai il buio dentro non è detto che tutto sia perduto, forse una speranza c’è e anche se fosse infinitesimale, noi – noi società, noi “immacolati” di fuori, noi fatti salvi dal destino – abbiamo il dovere di dare una mano e di provarci a fare sì che come il buio possa trovare una piccola luce, così un uomo condannato (dalla vita prima che dalla società) possa trovare un futuro…
A guardarla, non è difficile capire questa catena d’amore: un uomo (Claudio) aiuta cavalli feriti abusati maltrattati reietti ad aiutare amorevolmente uomini (feriti? abusati?) reietti a trovare un senso alla propria solitudine  e un mestiere che, se appreso, una volta fuori da queste mura renderà questi uomini non più “male” che agisce, ma contributo alla società che – a sua volta - avrà un criminale in meno e una speranza e un po’ di compassione in più per tutti.
 “Trattate una persona come se fosse essenzialmente cattiva e la deumanizzerete. Ma se facciamo nostro il punto di vista che ogni essere umano ha in sé qualcosa di buono, anche se questo fosse solo lo 0,1%, e poi ci concentriamo su questa parte buona, lo umanizzeremo. Riconoscendo, curando e premiando la sua parte buona gli consentiremo di crescere come un fiore nel deserto” (Peter Lipton, filosofo)
Io non so se Claudio conosca il libro da cui è tratta questa citazione: “La scienza del male. L’empatia e l’origine della crudeltà” di Simon Baron-Cohen.  E non credo che sia importante. So solo che quest’uomo ha scelto un branco di esseri con la criniera e dotati di quel potere che contagia di tenerezza il nostro cuore di umani, per provare ad accendere una luce nell’anima nera di uomini che forse l’amore non l’hanno conosciuto mai e che – se non fosse per un cavallo – forse non lo conoscerebbero mai…
E’  impossibile essere testimoni di questa catena di luce e non sentirsi cambiati per sempre. Perché Claudio e i suoi cavalli una via d’uscita la mostrano anche a noi, anche se noi “di fuori”– apparentemente – non ne abbiamo bisogno, noi che non ci chiediamo mai se ci sia un’alternativa all’odio, al disprezzo e al desiderio di vendetta che proviamo per questi uomini “di dentro”...
Io non posso parlare per altri, ma so che Claudio e i suoi cavalli  hanno dissipato dentro di me la paura, il rifiuto e la rabbia che avrei potuto provare per questi detenuti se non li avessi visti e sentiti e riflessi anche attraverso gli occhi di un cavallo che vede e sente ciò che è invisibile agli occhi…  Loro, tutti loro, hanno dissipato in me la paura e acceso una speranza.
Così voglio ringraziare e basta: grazie a Claudio. Grazie ai cavalli. Grazie a questi uomini che mi hanno mostrato che forse non tutto è perduto anche se si è “perduti” da tanto... E grazie a Maria Lucia Galli e a Francesca Manca: figure silenziose e sullo sfondo che mi hanno condotto qui e dato la possibilità di sapere e di scegliere un’alternativa all’odio e al desiderio di vendetta che potrebbe oscurare la mia di anima, perché è proprio vero – anche se non ci piace, anche se faremmo di tutto per negarlo – che gli altri, in fondo e forse non così tanto in fondo, alla fine siamo noi.

- Alessia Giovannini, autrice de “Il potere segreto dei cavalli”

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