Salto ostacoli e allevamento, la lezione ignorata.
Divide et impera era per i Romani una scelta strategica con cui sottomettere e governare i popoli. Non sempre scindere però porta alla sconfitta, anzi.
L’Italia del salto ostacoli si è divisa in quattro, con ottime possibilità di successo, se non sempre in campo, sicuramente nell’immagine. Il quadrilatero Piazza di Siena, San Siro, Circo Massimo, Fiera di Verona è ottimale come collocazione temporale - primavera, estate, autunno, inverno - e per giocare in casa in epoche ben cadenzate - maggio, giugno, settembre, novembre - tra le migliori dell’anno.
Il rovescio della medaglia è come far diventare - sempre e comunque - ognuno di questi un avvenimento vincente. Oltre ad essere manifestazioni agonistiche, i quattro Concorsi sono diventati importanti vetrine, viste, per tutti giorni della durata delle gare, da migliaia di spettatori sulle tribune e in poltrona davanti al piccolo schermo. La FISE ha circa 120 mila tesserati dichiarati, il che vuol dire un bacino di utenza notevole, d’altronde facilmente rilevabile dall’alto numero di frequentatori non solo nei Concorsi ma anche alla Fiera Cavalli veronese e a Cavalli a Roma (che sarebbe bene riprendere).
Un rilancio da affrontare, utilizzando il quadrilatero di avvenimenti, è quello dell’Allevamento, settore più che marginale nelle intenzioni federali (non esiste, fra i tanti di Viale Tiziano, un Dipartimento dedicatogli) le quali - al di là di campionati per giovani cavalli che lasciano il tempo che trovano - volutamente ignorano la lezione di Belgio, Francia, Germania e Olanda, Nazioni leader tanto nel salto ostacoli che nella produzione equina. Cosa che dovrebbe far riflettere. Anche alla luce del rilancio dell’agricoltura che l’Italia ha compreso essere, insieme a turismo e ristorazione, una delle strade per risanare il Paese