Nei cartoni animati galoppano i cavalli di un mondo fantastico!
La tradizione vuole che il principe azzurro delle favole abbia un cavallo bianco ( laddove si dovrebbe dire grigio, perché il cavallo bianco, con la pelle rosea, è un povero animale albino, rarissimo e destinato ad avere un bel po' di guai dermatologici). Pensiamo al cavallo del principe azzurro che risveglia Biancaneve: il giovanotto arriva nei pressi della sua bara di cristallo, la bacia, la sveglia dal suo sonno di morte, la carica in sella e se la porta via. Questo ci racconta Walt Disney nel suo bellissimo primo lungometraggio a colori, del 1937.
Ma i tempi cambiano, le bambine diventano creature ribelli, la sudditanza femminile ha (per fortuna ) vita meno facile. E dunque succede che in un lungometraggio disneyano prodotto mezzo secolo dopo (per la precisione 51 anni) la giovanissima cinesina Mulan monti meravigliosamente in prima persona il suo irruento morello di nome Khan, andando a combattere per l'imperatore, che vorrebbe forzosamente arruolare il suo vecchio padre. Mulan e il suo Khan sono egualmente indomiti, appassionati e coraggiosi nell'affrontare le insidie della vita.
Ebbene sì, nei cartoni animati i cavalli hanno ruoli importanti. Basta pensare a Maximus, il cavallo "poliziotto" delle guardie reali che, nel cinquantesimo lungometraggio della Disney, "Rapunzel", si sottrae ai voleri del suo padrone aiutando la ragazza e il suo fidanzato a rincontrarsi, per puro spirito di altruismo e per profondo senso di giustizia.
Oppure al "Capitano", il cavallo che tira dei miratissimi calci ai due strapelati sgherani di Crudelia De Moon, per impedir loro di inseguire i 99 cuccioli di Dalmata in fuga, nell'indimenticabile "La carica dei 101" prodotto da Disney nel 1961.
Potremmo continuare ancora per molto, citando i cavalli della carrozza di Cenerentola (in realtà i due topolini Gas e Jak, tramutati in destrieri dalla fata Smemorina) oppure - restando fra gli equidi - il meraviglioso Ciuchino, il mulo chiaccherone compagno di disavventure dell'orco verde Shrek, che nell'originale era doppiato dall'incontenibile Eddie Murphy e che, nel secondo film della serie, viene tramutato in un nobile purosangue.
Ma è indubitabile che la star dei cavalli cinematografici disegnati o digitali, è Spirit, protagonista dell'omonimo lungometraggio della Dream Works, che si affacciò sugli schermi agli inizi del terzo millennio per raccontarci l'epopea del West attraverso l'indomito spirito di un cavallo selvaggio che riesce a sottrarsi alle angherie e alla prigionia cui i cavalleggeri vorrebbero costringerlo. La scena di apertura del film, che seguendo il volo di un'aquila rivela i paesaggi in cui si muove il giovane puledro è costata ben nove mesi di lavorazione. L'innovativo valore di "Spirit" non sta solo nell'animazione davvero perfetta del movimento del cavallo e della giumenta di cui si innamora, la dolce Pioggia, ma anche nella critica molto precisa all'azione distruttiva e invasiva dell'uomo bianco nel territorio americano. Chi rispetta e comprende Spirit è un giovane pellerossa, Piccolo Fiume, che lo aiuterà a raggiungere la libertà, saltando da un canyon all'altro. Jeffrey Katzemberg, produttore esecutivo del film ha dichiarato: "animare Spirit è stato in assoluto il compito più complicato. Non c'è niente di più difficile di far muovere un cavallo al galoppo". In effetti Spirit è un protagonista trascinante anche per lo smaliziato pubblico degli adulti. Ma... nel film c'è un piccolo errore: all'inizio della storia Spirit si abbevera, e gli animatori gli hanno fatto lappare l'acqua alla maniera di un cane. Mentre i cavalli bevono in altro modo. Detto questo... chapeau a un film prodotto da Spielberg, che ai cavalli tornerà dieci anni dopo con "War Horse". Ma questa è un'altra storia. O meglio, un'altra rubrica.