Il cavallo nell'antico Egitto? Buono per i carri
UNA DELLE PIÙ ANTICHE civiltà dell'uomo, quella Egizia è per ogni suo aspetto assai singolare, discostandosi per sua eclettica natura dal resto del mondo antico. Se il cavallo fu addomesticato in primis per l'uso a sella come fecero in modo illuminato gli sciiti delle steppe, in Egitto il cavallo non vi arriverà se non da invasore verso il 1600 a C. grazie agli hyksos che ne presero il potere assurgendo al titolo di "Re pastori".
Anteriormente a questa data, il cavallo era pressoché sconosciuto, tant'è che nello sterminato panorama figurativo dei geroglifici, non esiste un geroglifico che designi il cavallo.
Nonostante gli hyksos siano rimasti in Egitto per due secoli senza fondersi con la cultura egizia, vi lasciarono però vasti allevamenti di cavali di probabile ascendenza mongola e il carro, e quando il principe Ahmose liberò l'Egitto si trovò a disposizione questo animale il cui uso fu subito ad appannaggio delle classi alte e dei militari.
Gli egizi non furono mai buoni cavalieri, (gli unici a cavallo li vediamo sui rilievi della tomba di Hremhab a Menfi, a parte i portaordini della battaglia di Kadesh) ma ottimi conduttori di carri. Le scuole di cavalleria militari fiorirono accanto alle regge dei faraoni, e gli stessi, oltre che andarci in guerra, usavano il carro per le cacce nel deserto.
Gli artisti egizi ci mostrano il cavallo sempre aggiogato a carri leggerissimi, il guidatore sovente solo, con le redini attorcigliate intorno alla vita o legate dietro le reni, per avere le mani libere.
Alcuni di questi carri ci sono pervenuti perché rinvenuti in tombe e mostrano un altissimo standard costruttivo oltre che la proverbiale eleganza che contraddistingue i manufatti egizi. Quello del giovanissimo Tut-ankh-amon (anticamera del suo sepolcro, Valle dei Re) è in perfette condizioni, a Firenze è esposto un carro egizio frutto di un bottino o provento di un tributo. Ha le ruote a quattro raggi con il battistrada bilateramente smussato; l'obiettivo è lapalissiano: ridurre la superficie d'attrito per aumentare la velocità. Un ee che amava particolarmente i carri era Ramses II figlio del re Sethi I nipote del re Ramses I che prima di assurgere alle glorie reali era stato un semplice ufficiale di cavalleria
Questo re, Ramses II, (User-Mat- Rha-Setepen- Rha 1290 -1222 a.C.) il cui regno si snodò per più di 60 anni e ha dei particolari parallelismi con un altro e, Luigi XIV il Re Sole.
Ramses aveva una speciale predilezione per i cavalli e ce ne ha dato testimonianza tangibile in un fatto storico abbondantemente raffigurato: la battaglia di Kadesh.
La battaglia di Kadesh, dal punto di vista tattico fu una sconfitta dell'esercito egiziano, ma nonostante ciò, lo scaltro Ramses riuscì con un'accorta politica propagandistica a farla passare come una vittoria schiacciante dovuta soprattutto al suo coraggio, alla sua ascendenza divina, al suo fido auriga Menna, e ai suoi due cavalli.
IL POEMA di Pentaur (Pentaur non ne è l'autore, ma il copista che ha firmato il papiro Sailer III) che descrisse in modo mirabile quel fatto d'arme, pone l'accento su il dialogo tra il re e il suo padre celeste Amon, ma soprattutto su un voto che Ramses avrebbe fatto ai due cavalli che trainavano il suo cocchio: se fosse riuscito a salvarsi da quell'accerchiamento di truppe nemiche, avrebbe per il resto delle sua vita nutrito di persona i suoi due cavalli.
Oggi sappiamo che Ramses ogni giorno scendeva nelle scuderie reali e nutriva personalmente i due cavalli, i cui nomi erano "vittoria in Tebe" e "Mut è contenta" e a riprova di ciò c'è un sigillo dell'epoca in cui ci sono due cavalli di fronte a una greppia. Dopo la battaglia di Kadesh, i rapporti tra l'Egitto e il regno Hittita furono stretti e proficui, e molti cavalli di razza anatolica andarono nel Regno dei Due Paesi a insanguare le razze equine egiziane che, derivanti dalle razze mongoliche, con un'accurata selezione e miglioramento, arrivarono a quelli che si possono considerare il prototipo dell'attuale cavallo arabo nonostante all'epoca risultante lungo e disunito. Nonostante il loro ritardo, gli egizi riuscirono in poco tempo ad avere cognizioni di arte veterale, ovvero la veterinaria, che sebbene primitive, a quei tempi erano all'avanguardia.
Incredibilmente in un paese quale l'Egitto in cui molti animali erano ritenuti sacri, ed avevano propri cimiteri e templi, il cavallo non è assurto per la sua tarda apparizione al rango di dio, pertanto non abbiamo cimiteri sacri e al momento non si hanno avuti ritrovamenti di cavalli mummificati, al contrario di ibis, tori, scimmie e gatti, come non abbiamo chiari i finimenti che venivano usati per essere aggiogati. Eseguendo scavi ad Amarna, Ludwig Burckhardt trovò due morsi diritti con occhi armati di punte ai due lati, su uno soltanto dei quali si sarebbe potuto fissare la briglia: ciò prova che a un carro non veniva mai attaccato un solo cavallo.
Dobbiamo aspettare l'invasione musulmana perché il cavallo egiziano assuma una nuova importanza e assurga non tanto a divinità, ma a creazione della divinità, di quel dio comune che lo creò dal vento del Mezzogiorno e la cui aria del paradiso spira nel mezzo delle sue orecchie.
RAFFAELLA SCELSI DI SAN PAOLO