Il cavallo fedele compagno sulla Via Francigena
UN ITINERARIO "IDEALE", nato dalla fede cristiana, le cui tracce risalgono al VIII secolo, è quello che si definisce Via Francigena, un cammino di circa 1.000 chilometri che collega le vie d’Europa, da Canterbury fino a Roma e dalla Città Eterna si spinge fino alla terra Santa. Nato da un percorso voluto dai Longobardi nel secolo VI per collegare la capitale del loro regno, Pavia, con la città dei Papi attraverso Monte Bardone, il tracciato costituì nell’Alto Medioevo una via importante di comunicazione commerciale ed economica, ma alla fine del X secolo era già divenuta la strada dei pellegrini (dal latino per ager, attraverso il campo), che desideravano raggiungere le tombe di Pietro e Paolo e di là, se possibile, proseguire verso il Santo Sepolcro, a Gerusalemme.
Delle tappe e dei luoghi solitamente percorsi abbiamo ancora testimonianza attraverso il diario che Sigerico scrisse nel suo viaggio di ritorno da Roma ove si era recato per ricevere il “palio”, cioè l’investitura papale ad arcivescovo di Canterbury.
Spinti da un’impellenza mistica, ma anche da un più vago desiderio di “conoscere”, i pellegrini cristiani di tutte le classi sociali si sobbarcavano ad un viaggio faticoso e pieno di insidie, come si legge nell’antichissima “Guida dei pellegrini di Santiago” del 1140, che segnalava le strade più o meno sicure, le locande da evitare, i luoghi di posta raccomandati. Dal lontano santuario di Santiago di Compostella (dove si conservavano le reliquie dell’Apostolo Giacomo) in Spagna o da Mont Saint Michel in Normandia, traversando paesi e culture diversi, tra fermate alle poste e lunghe soste nelle pievi e nelle abbazie romaniche, uomini e donne percorrevano distanze enormi, sicuri di fare un excursus religioso di grande valore, ma anche desiderosi d’intraprendere un cammino foriero di scoperte umane. A piedi o a cavallo, ricoperti dai riconoscibili mantelli, con cappelli a larghe tese, bisaccia e bastone, prima di raggiungere Roma i pellegrini incontravano paludi, macchie boscose, monti impervi, ma anche tracciati di strade romane ed imprevedibili spettacoli architettonici. L’esperienza complessa che ne derivava faceva sì che il pericolo dei briganti, le difficoltà, il freddo e le malattie acquistassero senso proprio in virtù del significato profondo del pellegrinaggio, vissuto come un processo di redenzione.
Definita dal Consiglio Europeo il “primo grande itinerario culturale europeo”, la Via Francigena è oggetto di un convegno di studio a Siena nei giorni 23 e 24 novembre. Oggi può costituire un viaggio entusiasmante ed un’iniziativa che sia capace di rintracciare e valorizzare gli approdi e le mete del pellegrinaggio medioevale, ancora esistenti in alcune regioni italiane, come nell’alto Lazio e nella Toscana. Coscienza storica, senso di identità, contatto con la natura incontaminata, bisogno di ritrovare se stessi si fondono in un percorso singolare da affrontare, a piedi o a cavallo, per scoprire la bellezza di aree naturali ed artistiche di eccellenza, il fascino mistico di chiese ed abbazie superbe (una fra tutte: Sant’Antimo a Montalcino!). Poche le testimonianze figurative che ritraggono i romei poveri con il loro caratteristico abbigliamento, oppure i più abbienti assieme ai loro cavalli ed alle masserizie, ma tra le rare immagini scultoree, i bassorilievi del Duomo di Fidenza, realizzati nel XII secolo dallo scultore ed architetto Benedetto Antelami, offrono una raffigurazione puntuale, quanto carica di espressività, del pellegrinaggio medioevale. Se è vero che il senso del viaggio non è costituito dalla meta, ma dal percorso in sé, da quell’andare lento e meditativo che conduce ad una continua scoperta spirituale, l’invito è di rinnovare tale esperienza e condividerne la straordinarietà con il cavallo, ora come allora, fedele compagno non già di battaglie o di tornei, ma di un autentico itinerario interiore.