Fieracavalli, ma dove se non a Verona?
E’ DIFFICILE immaginare Verona senza cavalli. Troppo intimo e di “lungo corso” è il rapporto tra la città degli scaligeri, di Giulietta e Romeo, lontano da questo animale che costituisce l'essenza stessa della storia della città, del suo comprensorio, della sua identità internazionale. D’altro canto, Verona che per collocazione geografica si pone al centro degli assi commerciali portanti che collegano i grandi mercati europei, era ed è tutt’oggi un nevralgico punto di smistamento di merci e persone.
Questa prerogativa ha sollecitato lo sviluppo di un sistema economico,agricolo e zootecnico vitale e fortemente imprenditoriale.
Un connotato che ha attraversato i secoli. E’ stato il leit-motiv di un sistema attorno al quale sono nate e cresciute molteplici iniziative, tra cui un’attività fieristica che ha segnato l’identità della città, l’essenza stessa della sua vocazione internazionale che ha dato vita ad iniziative, come l’attività fieristica, il cui contributo, in termini di crescita professionale e di stimolo alle attività di ricerca genetica (vegetale ed animale), rappresenta tutt’oggi un insostituibile patrimonio scientifico per il nostro Paese.
Si diceva, dunque, Verona e il mondo dei cavalli, una simbiosi naturale. Un feeling che non ha riscontri al mondo. Un “dialogo” che ha attraversato i secoli lasciando segni inequivocabili di un rapporto le cui “orme” hanno visto l’affermarsi di attività - imprenditoriali, occupazionali, sociali e riabilitative - che hanno fatto, e fanno ancor oggi, scuola.
Né poteva essere diversamente, da parte di una comunità che vive sulla propria “pelle” la propria intimità con un animale, nobile, certo, ma anche fondamentale nello sviluppo del reddito e dell’occupazione nel comprensorio.
Una storia epica che si esprime, ancora oggi, con immoti simboli presenti in Verona o nelle sue immediate vicinanze. Esemplificazioni? Le statue equestri delle tombe degli scaligeri; le “Pigne”, in alcune vie del centro, testimoni del quartiere fieristico del Bibbiena (XVIII secolo, modernissimo per quei tempi ma anche per i nostri tempi) ove, in poste e stalle erano ospitate le antesignane delle attuali, moderne, fiere dei cavalli; la “fossa della cavalla” nell’ambito delle terme di Caldiero dove le mandrie di cavalli, provenienti che dalla Puszta per essere venduti ai mercati di Verona (vicenda ancora viva agli inizi della seconda guerra mondiale), rivitalizzavano il loro tono muscolare e rendevano smagliante, e tonico, il mantello; le mura di Via Pallone dove si possono trovare, ancora oggi, gli anelli per il “parcheggio” degli equini.
Vestigia di una storia che è parte integrante, ieri e ancor più domani, di quella vitale cultura che è parte integrante di Verona, del suo fiume, della sua Fiera e della sua storia.
Della storia della Serenissima, dello spirito del sistema economico scaligero che ancor oggi ha le radici ben salde in un sistema agricolo fra i più importanti della penisola, di memorie culturali ed artistiche - non è casuale che Verona sia unanimemente considerata la terza città d’arte più importante e visitata del Paese – frutto di un mecenatismo illuminato vissuto sulle ricchezze prodotte dall’attività produttiva e commerciale dei sistemi agro-zootencici.
Storia e cultura che non possono né debbono essere disperse. Ne va dell’identità stessa di Verona e delle sue culture.
Pi.Pg.