Autonomia Ippica, l'ultimo tentativo
IN UN CLIMA di gelido, unanime pessimismo per il 2013, il movimento Autonomia Ippica si è presentato ufficialmente oggi nella club house dell’ippodromo Tor di Valle a Roma. Ai giornalisti ( pochissimi) hanno parlato il principale promotore, Gaetano Papalia e l’estensore del progetto Carlo Zuccoli; ha dato il suo contributo a metà seduta il siciliano Concetto Mazzarella.
Movimento Autonomia Ippica è l’ultimo tentativo, in ordine di tempo, di alcuni addetti ai lavori per trovare una soluzione alla crisi del settore che somiglia sempre di più a un coma irreversibile. Il progetto si articola in dodici punti che i lettori trovano in un lancio a parte.
Si basa essenzialmente su alcuni principii : privatizzazione, e quindi ippica completamente avulsa dalla Politica, e ippodromi al centro del nuovo sistema. Nel complesso una autentica rivoluzione copernicana di quanto negli ultimi settanta anni ( legge Mangelli del 1942) ha regolato il mondo del galoppo e del trotto.
Clamorosa, per esempio è l’intenzione di abolire l’attuale sistema di riversamento delle scommesse in un totalizzatore centrale e di organizzare una sorta di simulcasting all’italiana facendo in modo che ogni ippodromo abbia il proprio totalizzatore-pilota.
L’organizzazione generale prevede la nascita di una specie di Unire ( molto dimagrito) e di una banca per la gestione finanziaria del settore. Ogni ippodromo dovrà mobilitarsi, in chiave imprenditoriale, per contattare gli sponsor ,per produrre il montepremi necessario alle proprie corse, per l’allestimento di un calendario che sia remunerativo e soprattutto si inserisca in maniera omogenea e corretta nel calendario nazionale, per ottimizzare la ripresa televisiva delle corse, per guadagnarsi il suo inserimento nella fascia di gruppo A. Tutto questo dovrà avvenire senza alcun intervento finanziario da parte dello Strato, ma anzi dando all’erario un congruo contributo grazie alla radicale riforma del gioco sui cavalli.
Il progetto è ambizioso e di attuazione tutt’altro che facile. I primi ad esserne consapevoli sono gli stessi promotori i quali sanno benissimo che devono fare i conti con la realtà del nostro Paese, con la con la storica conflittualità tra le varie componenti del settore e con la sordità della classe politica.