Sì alla cognizione animale. Ma i cavalli?
RIGUARDO ALLA COGNIZIONE animale si sta sviluppando tutta una serie di modelli scientifici, culturali, filosofici ed etici che mettono al centro la questione animale, verso una visione post-umanista, dove l’uomo perde il centro del potere lasciandosi contaminare dal diverso, altro animale o altro umano che sia.
Nella ricerca sulla cognizione animale vengono presi in considerazione elefanti e granchi, galline e pesci, ma i cavalli? A parte rare eccezioni, molte persone, molti scienziati e molti istruttori (anche e soprattutto i natural horsemen) considerano ancora i cavalli come stupide macchine che rispondono semplicemente alla legge stimolo/risposta, che possono essere condizionati per ottenere performance nelle varie discipline (salto ostacoli, dressage, western, galoppo, trotto, palii, circhi, dimostrazioni di natural horsemanship e clicker training). Poco si preferisce guardare al cavallo come essere vivente senziente.
Si comprende molto bene il motivo. Considerandolo essere vivente senziente si dovrebbero annullare immediatamente i palii e molti professionisti, organizzatori, consulenti, veterinari che lucrano sulla morte dei cavalli, non avrebbero altro da fare che trovare altro mestiere. Poi ci sono quelli che parlano di cognizione del cavallo, per migliorare le performance agonistiche. Davvero singolare e strano parlare di etologia cognitiva (che dovrebbe essere fortemente intrisa di etica) per dimostrare che il cavallo esplora l’ostacolo prima di saltare.
Sono personalmente per una scienza sana ed etica, che non sacrifichi animali per capire discipline o approcci che dovrebbero essere vietati a prescindere per motivi etici.
A mio parere si deve iniziare a pensare al cavallo in modo diverso, svincolandoci dal volere ottenere qualcosa da lui e svincolando il cavallo stesso da palii, agonismo e performance. Non si tratta di un’operazione difficile, basta appassionatamente volerlo.
Guardare il cavallo da un altro punto di vista, come le vere scienze cognitive indicano, significa cogliere la mente animale nel suo complesso, nella sua dimensione plurale, ritornando a guardare questo animale come essere senziente con un suo proprio patrimonio intellettivo, emozionale, percettivo. Se impariamo a dare enfasi alla mente rispetto al comportamento, alla soggettività rispetto all‘animale macchina, allora riusciamo anche a decentrare la nostra presuntuosa visione antropocentrica, rivolgendoci diversamente al mondo del cavallo, dal punto di vista scientifico, filosofico, culturale e pratico. La scienza in questo modo acquisirebbe maggiore credibilità etica e scientifica, la pratica acquisirebbe maggiore coerenza e effettività.
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FRANCESCO DE GIORGIO, etologo cognitivista, ricercatore in etologia applicata e scrittore, vive in Olanda. Guest lecturer e ricercatore in scienze cognitive equine e zooantropologia in diversi atenei, membro di importanti organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali dove il suo ruolo ha sempre carattere di stimolo per una diversa coscienza etica riguardante la relazione tra umano e cavallo.
Francesco rappresenta anche una persona di cavalli molto pratica, insieme a lui e alla sua compagna di vita e lavoro José Schoorl, vivono otto cavalli, quattro cani e due gatti. Per maggiori informazioni www.thecognitivehorse.com

Francesco De Giorgio insieme a due suoi cavalli