Ma riusciremo a vedere i cavalli di Michelangelo?
DOPO CINQUE ANNI di lavori si avvia verso la conclusione uno dei restauri più attesi, quello della Cappella Paolina in Vaticano, la cui decorazione pittorica Paolo III Farnese affidò nel 1542 a Michelangelo, quasi settantenne: i due affreschi con “La Conversione di Paolo” e “La Crocefissione di Pietro” furono conclusi dal genio toscano dopo alcune interruzioni, causate da motivi di salute, nel 1550. Benché i dipinti michelangioleschi rappresentino solo la decima parte dell’intera decorazione pittorica della cappella pontificia, il profondo significato religioso espresso dall’artista, reduce dal lavoro del Giudizio Sistino, rende l’opera di straordinario interesse culturale ed umano. Ma tra i tanti motivi che rendono esclusivo questo capolavoro c’è anche una curiosità: sulle due pareti, grandi ciascuna 6,60 x 6,25 metri, colme di figure dinamiche, Michelangelo ha dipinto anche alcuni splendidi cavalli, soggetto pochissimo frequentato dall’artista se si confronta con la predilezione concessa a questo tema dagli artisti rinascimentali, compreso il suo rivale, Leonardo da Vinci.
Nel 1503, a soli 28 anni, Michelangelo era stato incaricato dalla Repubblica fiorentina di affrescare “La battaglia di Cascina” nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio, mentre a Leonardo, artista già maturo, era stata commissionata, nello stesso luogo, “La Battaglia di Anghiari”, opere purtroppo perdute. Leonardo aveva immaginato una lotta all’ultimo sangue per lo stendardo, con figure di cavalli esagitati e furiosi, Michelangelo, invece, aveva scelto di rappresentare solo guerrieri nudi in tensione, senza neppure un cavallo! Del resto il corpo umano è stato sempre per Michelangelo la forma suprema del rappresentabile, sintesi e coagulo di ogni significato esistenziale; anche nella Cappella Sistina è l’uomo con la sua tragedia interiore ad essere il protagonista del dramma della storia, al di là dello spazio, della natura e dell’architettura.
Nella Cappella Paolina l’artista rappresenta i due importanti temi teologici della conversione e del martirio: benché anche qui siano le figure umane, la forza dei gesti, la sconvolgente potenza degli sguardi a tradurre i contenuti del messaggio cristiano, alcune eccezionali immagini di cavalli balzano agli occhi, immersi in uno spazio irreale e senza tempo. Sul lato sinistro della “Crocefissione” tre cavalli avanzano con i loro cavalieri: cavalli classici, che ricordano i gruppi scultorei ellenistico-romani dei Dioscuri (Montecavallo), frementi e ben definiti nelle loro forme poderose. Nella “Conversione”, invece, l’immagine del cavallo, che ha appena disarcionato Saul, campeggia al centro della scena e fugge impaurito dal raggio di luce soprannaturale che ha accecato l’Apostolo.
Un cavallo, quest’ultimo, protagonista assieme a Saul della concitata scena, dipinto con un sapiente scorcio prospettico, mentre uno scatto repentino della testa fa emergere l’umanità del suo sguardo. Il plasticismo dell’immagine, con la sua imponenza monumentale, si coniuga con la carica espressionistica che rende la figura equina estremamente suggestiva e pittoricamente moderna.
Siamo certi che il restauro del capolavoro michelangiolesco (costato agli sponsor americani un milione e mezzo di euro) ridonerà agli affreschi lo splendore cromatico offuscato dal tempo, dai fumi delle candele, dai ritocchi ormai rimossi, nonché la sua leggibilità.
Ma un dubbio sorge spontaneo: una volta terminati i lavori, sarà consentito a tutti “vedere” questi affreschi ineguagliabili, o forse, come si teme, il privilegio sarà concesso soltanto a “pochissimi”? Le opere d’arte costituiscono un patrimonio dell’umanità e come tali devono essere fruibili dal mondo intero: per nessun motivo è dunque accettabile che si venga privati di un diritto fondamentale!
Restiamo in fiduciosa attesa, ma…. Si vis pacem, para bellum, se vuoi la pace, dicevano i latini, prepara la guerra!