L'ippodromo di Chilivani rivendica il suo ruolo
L'IPPODROMO DI CHILIVANI (Francesco Sionis presidente, Diego Satta vicepresidente e Paolo Puddu direttore generale) ha inviato la seeguente lettera a Varrone e Ruffo commissario e segretario generale dell'ASSI e a D'Alesio presidente di Coordinamento Ippodromi:
"Consideriamo la bozza in oggetto, tra ASSI e Associazioni degli ippodromi un’occasione per proporre alcune riflessioni generali sul ruolo dell'Associazione e più in generale sull'idea che si ha sul futuro dell'ippica. Dallo schema proposto per la classificazione degli ippodromi si evince una sostanziale conferma della logica che é stata alla base delle sciagurate decisioni prese nel recente passato.
Di fatto ignorando le linee guida per il rilancio dell'ippica, e tenendo conto dei dati di fatto, si continuano a privilegiare situazioni nelle quali il legame col territorio, la presenza del pubblico, le professionalità, la presenza diffusa di allevatori e proprietari, finiscono per non avere alcuna importanza. E soprattutto la centralità del fatto sportivo, da cui scaturiscono l'affezione e l'interesse per gli eventi che si propongono, viene ogni tanto proclamata, badando bene, però, ad evitare di trarne le dovute conseguenze.
Continuare a muoversi nel solco del passato, significa a nostro avviso, votarsi ad un suicidio annunciato. Punire le zone storicamente vocate e non comprendere che una delle funzioni principali dell'ippodromo é quella di garantire un palcoscenico per il vivaio che, nonostante tutto, continua a prodursi nel territorio circostante, é sintomo di grave miopia, particolarmente in momenti come quello che stiamo vivendo.
Appiattirsi sulla scommessa, sempre più agonizzante e assumerne il dato come unico indicatore per la validità di un impianto, appare folle, soprattutto in prospettiva futura.
SULLE QUESTIONI più importanti di carattere generale, il silenzio sull'istituzione di un’Agenzia in sostituzione dell'Ente UNIRE é un fatto che sminuisce gravemente il ruolo dell'Associazione e la relega ad una funzione di occasionale contrasto su specifiche tematiche. E' stato accettato passivamente lo schema di “governance” che prevede un Direttore generale non supportato dalle rappresentanze dei comparti nei quali si articola la filiera Ippica. Ogni tentativo per aprire un dibattito, più volte sollecitato, é stato inutile.
Si é detto che i consigli di amministrazione sono stati costituiti da persone per lo più incompetenti e impresentabili. Ma le persone si cambiano, se se ne ha la forza e la volontà, le istituzioni no. Sulla convenzione ci si é fatti irretire in complicate e costose elaborazioni di modelli, quando facendo prevalere un po' di logica, si sarebbe potuti giungere a risultati migliori in tempi più brevi.
L'ipotesi di classificazione degli ippodromi, se discende da quel lavoro ne é eloquente testimonianza.
Possiamo dire più in generale che veramente gli errori commessi non insegnano nulla (in Sardegna la trasformazione dell'ex Istituto incremento ippico in Agenzia é avvenuto da qualche lustro con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: crollo verticale di tutti i dati e impossibilità di intervenire sui grandi problemi, poteri reali alla Regione Sardegna che da anni si esercita in grandi proclami e nessun intervento). Per fortuna fin'ora ci si é salvati dalle moderne vestali del potere centrale che mettono il sigillo della scientificità a giustificazione di scelte inappropriate e prive di significato strategico. Probabilmente ci si vuole avviare (col consenso delle associazioni) verso un destino simile a quello del cavallo da sella: le importazioni toccano non meno dell'80% dei soggetti in attività, creando una scandalosa voragine nella bilancia commerciale di cui nessuno fa finta di accorgersi. Il caso Sardegna é stato emblematico e per molti anni ha dato dimostrazione di mettere una pezza importantissima alla drammatica situazione del cavallo da sella ( con la produzione di oltre il 50% dei cavalli nati in Italia di una elevata qualità media ).
NELL'IPPICA con la specificità storica dell'Anglo Arabo prima, ma a partire dagli anni settanta anche col PSI, la Sardegna ha dato risposta all'espansione del mercato e ha dimostrato di saper far crescere nella qualità e nel numero i proprietari, gli allevatori e le professionalità specifiche.
Se i termini usati hanno una qualche attinenza con il significato, alla luce dei fatti ricordati, suona grottesco definire “promozionale” l'ippodromo di Chilivani, dove si corre il Derby dell'Anglo Arabo dal 1921, il Gran Premio sardo dal 1958 e dove dal 1987 si organizza l'importante Meeting Internazionale dell'Anglo Arabo e del PSA che hanno indicato nel tempo le linee di un’evoluzione selettiva che ha consentito il raggiungimento di prestigiosi risultati a livello internazionale. Non si può tacere sul numero dei cavalli partenti (13,67 di media per corsa) , sulla regolarità delle corse, sull'appeal del gioco (perché non andare a valutare le medie, sempre molto positive, del movimento scommesse che si raggiungono sulle corse per arabi ed anglo arabi?) e sul pubblico presente, anche se pare che questi dati non rivestano valore alcuno per chi pensa soltanto ad un'ippica pronta cassa.
Data la situazione geografica , si era parlato coi vertici UNIRE ed in particolare con il Segretario generale di studiare un sistema che consentisse un utilizzo, certamente non ottimale - data la crisi- ma almeno in grado di garantire la sopravvivenza dei cavalli allevati o presenti nell'isola che non possono affrontare frequenti e costosissime trasferte. Su tale eventualità, nessuno spiraglio si può intravedere nella bozza in discussione.
Ma se si é giunti alla proposta che é stata formulata, senza mezzi termini diciamo che non possiamo accettarla né condividerla.
Siamo per altro convinti che anche in tempi di crisi, mangiare le sementi che serviranno per la futura semina é un gesto irresponsabile e pertanto faremo il possibile – anche in solitudine - perché questo non avvenga.