King George, tra amarcord e riflessioni tecniche
Per gentile concessione di Trotto e Turf, continua su cavallo2000, il racconto dei grandi personaggi (uomini e cavalli) del galoppo tratteggiato dalla penna di Mario Berardelli, il nostro punto di riferimento per il turf declinato a cultura e tradizione.
-“ Basta con questo Arc de Triomphe ! La stagione della grande selezione si conclude a fine luglio con le King George, il resto è solo distribuzione…” Neppure la beata incoscienza della giovinezza può perdonare una simile stupida folle affermazione . Eppure negli anni 70, verso la fine, il gruppo di irriducibili ippici anglofili del quale eravamo parte attiva arrivò a questo. C’è sempre tempo per un sincero pentimento e gli anni ci hanno insegnato e fatto comprendere che se ne dicono davvero tante di fesserie.
Oltre all’amore per le corse inglesi che portava un gruppo nutrito di appassionati in continuazione oltre manica ( sia chiaro che si andava anche in Francia, ci mancherebbe) probabilmente ci spinse a questa considerazione la sequenza di laureati delle King George degli anni 70 . Oltre a viverli sul posto si trattava in effetti di vincitori che rendevano la corsa “Reale” certamente di livello super e ottimo contraltare della vera madre di tutte le corse, l’Arco ovviamente. Cominciò Park Top, seguirono Nijinsky, Mill Reef , Brigadier Gerard, due volte Dahlia, Grundy, Pawneese, The Minstrel, scivolando poi con Ile de Bourbon, Troy, Ela Mana Mou fino a Shergar. Aggiungete, ha la sua importanza psicologica, che oltre alla vittoria di Grundy, Ortis fu secondo come Orange Bay che fu anche terzo. Erano gli anni pure di Bolkonski, Wollow , Le Moss e di Luca Cumani mentre a Parigi saremmo ridiventati protagonisti negli anni 80 , leggi Tony Bin e Carrol House.
Tutto un contesto emotivo che , visto a posteriori, ora comprendiamo come ci abbia fatto rivivere gli anni 50 allungati che il nostro turf splendidamente esaltò in Francia con Nuccio, Ribot, Molvedo, Prince Royal senza dover ovviamente andare indietro ai mitici anni trenta di Ortello e Crapom ma anche Donatello e Nearco. Oltretutto la Inghilterra era la patria del Turf, viverla da protagonisti era una sorta di riscatto colto ben superiore a quello che si poteva avere in Francia e già era accaduto per la prima volta negli anni 50 con Botticelli, Ribot e Marguerite Vernaut. Sensazioni emotive, d’accordo ma ci aiutano a comprendere lo stato d’animo. Se i nostri padri andavano a Parigi , la nostra generazione per contrasto scelse Albione ed elesse le King George a madre di tutte le corse.
Tuttavia anche per meglio comprendere che noi si era in errore vi ricordiamo che negli stessi anni a Longchamp andavano al palo campioni come Mill Reef, Sassafras su Nijinsky, Rheingold, San San, Allez France, Star Appeal, Ivanjica , due volte Alleged, Three Troikas, Detroit e , a proposito, le femmine hanno vinto l’Arco 17 volte negli ultimi 50 anni. Complice anche la stagione propizia e la nostra esaltazione , quello di Ascot era diventato il vero appuntamento e davvero in parecchi ( ovviamente in meno rispetto all’Arco) si spostavano , quasi un raduno per iniziati senza neppure ( non esistevano i cellulari) appuntamento. Sapevamo che girando tra il bar Mill Reef o il Brigadier Gerard o meglio ancora in zona allibratori avremmo ritrovato gli appassionati assoluti che arrivavano da molte parti. Ricordiamo un italiano che viveva in Namibia e che ogni anno incontravano a Newmarket per le Ghinee e poi ad Ascot, si chiacchierava, si viveva la emozione di una corsa insieme , per alcune stagioni fu un rito , senza mai scambiarci nome e telefono. Si arrivava la mattina del venerdì , Japan Air che partiva alle sei da Roma ti scaricava a Heatrow e guadagnavi una ora con il fuso. Mollavi le valige al volo in albergo a Londra e facevi in tempo per il treno da Victoria e via di corsa verso l’ippodromo perché all’epoca le Princess Margaret si correvano appunto il venerdì.
Perché valeva la pena il viaggio ? Perché dopo il sabato “reale” ad Ascot il martedì iniziava il delizioso imperdibile meeting di Goodwood e tutto il gruppetto di italiani lo ritrovavi anche li, noi si dormiva a Chichester in genere, Anchor end Dolphin hotel. Dignitoso ma meglio sempre pagare in anticipo perché a fine meeting di solito si era tutti stirati come una camicia di popelin. Questo il contesto emotivo che adesso si vive, come tutto del resto, attraverso immagini che il web ci consegna in poltrona oppure in tv. Le King George sono state istituite nel 1951, l’Arco di Trionfo nel 1920 e proprio dal dopoguerra, la seconda, la corsa parigina è diventata in effetti il momento più alto della selezione nel Turf indipendentemente dal fatto che la stessa si sia orientata in generale verso distanze ancora minori, i famosi 2000 metri che sono l’indispensabile segno distintivo per andare con onore in razza oggi. Le King George sono comunque il suo meraviglioso controcanto anticipato .
Nelle famose cento corse mese in fila dal rating, temutissima pagella, l’Arco è sempre in vetta o quasi ma anche le King costantemente sono tra le più importanti. Circondate da tante corse sui 2000 e molte sul miglio e questa forse è la migliore cartina da tornasole possibile. Attenti, per essere veri ippici occorre mostrare costantemente la dovuta attenzione anche a piccoli segnali. La lista delle cento corse relative al 2021 ci manda un avvertimento : le corse sui 2400 stanno riappropriandosi di un più diffuso ruolo nel contesto della vera selezione rispetto agli anni precedenti e noi lo dobbiamo avvertire e metabolizzare nella giusta maniera. Soprattutto perché ci arriva da una lettura, obbligata, che tiene conto di una visione cosmopolita del mondo del Turf che non è più soltanto Europa ma intero Globo.
Entriamo nel merito. Numero uno del 21 è ancora ovviamente Parigi con il suo Arco di Trionfo che vale 124,75 di rating medio ( guardate che è altissimo) , vero che a 124,50 troviamo i 2000 metri delle Breeder’s Classic ma, ecco il primo dato che induce a riflettere, un punto sotto quindi a 123,50 abbiamo una stellare King George. Le successive quattro sono sui 2000 e sul miglio, certo che ve le comunichiamo : Tenno Sho, Kentucky Derby, Champion Inglesi e Queen Elisabeth sul miglio. Già solo con la lettura di questo breve elenco, con buona pace dei sovranisti , solo ippici per carità, ci rendiamo ulteriormente conto della valenza cosmopolita e mercuriana che il Turf ha ormai come primo dato fondante. Ribadita dalle altre corse che seguono e che ci obbligano appunto a quella riflessione sulla recuperata importanza del miglio e mezzo e lo affermiamo noi che siamo , per cosi dire, dei paladini del doppio chilometro.
Subito dopo queste corse ecco l’Arima Kinnen sui 2500 e il dubaiano Sheema Classic sui 2400 che vale dunque di più dei 2000 della World Cup. Per il vostro diletto le altre che seguono sono sui 2000 e vale a dire Osaka Hai, Eclipse e Irish Champion ma , allo stesso valore di 121,25 ( ragguardevole) si colloca la Japan Cup e qui, tenendo conto anche delle altre citate, abbiamo contezza del valore raggiunto dal Turf nipponico e non apriamo parentesi sulla cultura che lo anima e lo sorregge perché sarebbe doloroso per noi che questa cultura forse la abbiamo esportata e diffusa. Nel senso che un tratto distintivo del galoppo giapponese è anche quello di essere alla lontana Tesiano , noi forse cominciamo a non esserlo più. A 121 secco ecco Epsom quindi ancora 2400, prima di piccola serie australiana con anche Hong Kong sui 2000 ma anche con la prima sui 1200 mentre il secondo derby sui 2400 ( Kentucky altra distanza) è quello nipponico, seguito , dopo nutrito elenco sui 1600 , dalle Belmont , dopo le quali fa capolino il Preis Berlin e persino, ad honorem, la Gold Cup. Ovviamente , siamo intorno al quarantesimo posto, il tutto è sempre ad assoluta prevalenza di corse sui 2000 e 1600, sia chiaro. Tuttavia il segnale c’è e non si può non avvertire i 2400 non sono ancora in sala autoptica e il mondo del Turf ha ribadito inequivocabilmente la sua valenza globale e mercuriana e di ciò , personalmente, siamo fierissimi avendola sempre sostenuta .
Il trend prosegue perfettamente in linea fino alle cento corse con le ultime a quota 115,75 di rating complessivo, valore ad esempio del derby del Curragh, delle July Cup oppure del St Leger giapponese sui 3000. Cosi avete , spannometricamente, una certa idea che dovrebbe aiutare le vostre riflessioni. Ecco perché possiamo anche ricominciare a vivere le King George , se non come anti Arco, almeno come quasi Arco ed è grazie a queste due corse, regine dei 2400, che la vecchia Europa mantiene ancora simbolicamente lo scettro di madre del Turf che finalmente possiamo dire assolutamente globale. Saranno anche le prime senza Lester che, come Lanfranco Dettori che può aumentare il suo bottino, ne ha vinte sette, certo che ve le ricordiamo : Meadow Court, Aunt Edith Park Top, Nijinsky, Dahlia, The Minstrel e Teenoso. Indimenticabili e che dolore il suo capolavoro in sella a The Minstrel, diabolico perché sconfitto dal nostro Orange Bay dieci metri prima del palo e ancora dopo ma primo davanti a quel pezzo di legno che Federico Tesio ci ha insegnato a rispettare. Può incrementare le sue sei affermazioni anche Stoute ( Shergar, Opera House, Golem, Conduit, Harbinger, Poet’s Word) . Solo Enable è riuscita a vincere tre volte le King mentre a due sono rimasti Dahlia e Swain e se scorriamo l’Albo d’Oro ecco , oltre a quelli eclatanti degli anni 70, anche i super nomi di Aureole, Ribot, Ballymoss, Right Royal, Busted, Royal Palace, Dancing Brave, Reference Point, Lamtarra, Montjeu, Galileo, Hurrican Run, Nathaniel e Danedream. Chapeau e tutti in piedi perché stiamo per vivere uno dei momenti più alti della selezione nel Turf !