Buon San Valentino a chi ama i cavalli
Ci sono solo due modi per passare felicemente il giorno di San Valentino. Sono convinto di non essere il solo che lo farà insieme al proprio cavallo. Proprio a queste persone e ai lettori di Cavallo 2000, vorrei dedicare qualcosa che ho scritto in un libro con quella lucida sana follia che ci rende uomini e donne di cavalli, inducendoci talvolta a compiere scelte che spesso non si possono spiegare, ma che tra noi, seppur dispersi in tanti piccoli utopici microcosmi, condividiamo e comprendiamo benissimo, perché danno senso e ricchezza alla nostra semplice esistenza.
Buon San Valentino
Claudio Fabbri
La scelta imperfecta
Ei vidi, tra cento e cento anime, celata allo sguardo mio, ma non al core.
L’intelletto nulla potea pe’ lo prevaler in su la gioia mia che s’apprestava lesta, ne lo riconoscer familiare chi a lo momento familiar non era,
ma che lo fato or svelava tessendo lo novo destino, commosso et con cotanto ardore.
Non si puote dir ciò che spinse l’occhio mio a scovar ne l’immenso branco tra le selve ov’ella si perdea,
celata fra veli di polvere innalzati da li zoccoli tutti; ma fu medesima cosa che portommi te, meravigliosa creatura,
ch’ebbe a esser spinta innanzi a me, curiosa et bisognosa, condotta da fune che mai era esistita e che nessuna man tenea.
Vergogna et viltade soffocano la bocca mia ne lo cantar a veritate l’innocente scelta, o forse paura,
ma mai come ora, lo sentimento mio dava risposta, anche ne lo nome di colui che invano non si puote nominare,
a ragion de la grandezza sua, che lo universo ha per dimora et da lo quale tutto governa e move a dismisura.
Così immenso è ciò che Ello puote, che neanch’io ebbi a movermi et parlare,
quando, dirimpetto a uno a uno, al cospetto de lo sdomo destriero, la tremante mano mia s’apposò ne la sua testa,
senza valutar li quattro arti, che a lo momento divenivan di tutt’altro affare.
Da l’affannoso petto, potevo ora udir lo battito suo accordarsi a lo battito mio, immaginando le sue gesta,
ne lo scoprir che anco due et diversi istrumenti possan sonar la medesima melodia,
che natura ebbe a iscriver, ma che lo omo ebbe a non legger, preferendo guerra e tempesta.
Anche lo sole preso a commozione era sceso dall’alto dei cieli a la sinistra mia,
stemperando stanco la rossa luce, tra le lontane colline sparse a dismisura,
prima di lasciarmi appagato, tra le braccia di sora luna, per indicarmi la via.
Pure lo branco, pe’ lo compimento de lo ignaro destino, avea consegnato a me per sempre la celestiale creatura.
Nulla più era come a lo principio: nessuno scalpitio o polvere mossa da la imponente mandria,
ma sol silenzio, che avvolgea tra li suoni sui, lo respiro mio co’ lo respiro suo, soli nel mezzo de la divin radura.
Come uno novello sposo, ebbi la sconosciuta moglie a rinfrancar, co’ la promessa di sostituir la parlata sua a la mia,
finché fosse meno histraniera ne la nova casa, addivenendo io cavallo, per renderla più forte;
pe’ lo insegnar a lei destriero, come sopportar l’humane debolezze che lo creato ebbe a mettere da pria,
perchè potessero completarsi in riparatrice unione e che porta ora me bisognoso di te.
Nessuno altro ne lo mondo, per come io conosca, potrà distogliermi da lo legame ordito da la sorte,
ricevuto in dono da lo Dio, che potrà sol dividerci co’ l’amara morte.