A Fieracavalli si parla di spettacoli equestri , di regole e di formazione
Sabato 9 novembre a Fieracavalli Verona 2024 negli spazi istituzionali del MASAF si è svolto il primo convegno nazionale sullo spettacolo equestre
Una grande segnale di attenzione verso questa attività performativa che mette al centro il Cavallo, e che ha notevoli potenzialità d’immagine, ha evidenziato Claudio Montefiori del MASAF aprendo i lavori del convegno.
Che il cavallo sia di per sé un animale spettacolare è indubbio, ha sottolineato il Presidente della Fise, Marco di Paola; tuttavia, se il cavallo offre “naturalmente” uno spettacolo, soprattutto quando lo si vede in azione come atleta, lo spettacolo equestre è una cosa più complessa, con una molteplicità di valenze che vanno ben oltre la prestazione sportiva.
E proprio per cercare di capire quali siano queste valenze e quali standard debba rispettare uno spettacolo equestre per definirsi tale, i prestigiosi relatori che si sono succeduti hanno cercato di fissare dei punti fermi, ciascuno dal proprio punto di vista e nel proprio ambito di competenza.
Per prima cosa, anche se può apparire scontato, lo spettacolo equestre per essere riconosciuto, deve avere un’identità. Rodolfo Lorenzini, organizzatore di spettacoli e Presidente SICA Onlus, ha osservato che a fronte di circa 500 spettacoli che si sono organizzati nell’ultimo anno in Italia, soltanto 100 fornivano, con le locandine e la pubblicistica, quel minimo di informazioni per identificarne contenuti e nomi degli artisti. Questo significa non solo non riconoscere la peculiarità dei performers, ma anche considerare lo spettacolo un contenitore che può essere riempito di qualsiasi cosa, senza alcuna identità.
Un vero peccato, anche perché riconoscere gli artisti è il primo passo per dare loro una connotazione precisa e farli uscire dal dilettantismo. Il dilettantismo sembra essere infatti uno dei problemi principali che ha lo spettacolo equestre nel nostro paese, che può essere superato soltanto con la professionalità.
La professionalità è stato il concetto su cui hanno insistito molti relatori, che ha varie sfaccettature e che, ovviamente, ha bisogno di un momento iniziale di acquisizione di competenze. Ecco allora che lo spettacolo equestre necessita di formazione. Antonio Giarola, pioniere dello spettacolo equestre in Italia e storico regista del Gala d’Oro di Fieracavalli, ha istituito a questo scopo “l’Accademia del Galà d’Oro” ovvero dei corsi di formazione per aspiranti artisti, dove si parla di cavalli ma soprattutto di drammaturgia.
“Uno spettacolo, per essere davvero tale, è una costruzione narrativa pensata” -ha detto - “Perché la resa sia ottimale, chi fa spettacoli equestri non può non avere nozioni di musicologia, coreografia, illuminotecnica. Queste competenze sono assolutamente necessarie se si vuole mettere in piedi un prodotto di qualità.”
Perfettamente in linea con il suo intervento Tamara Bizzarro, responsabile spettacoli di Equitacion Iberica, che ha auspicato l’organizzazione di corsi di formazione professionale che aiutino a comprendere l’importanza dello spazio scenico, dei costumi, delle luci, del rapporto che deve esserci fra cavallo e cavaliere per avere il massimo impatto sul pubblico.
Riccardo di Giovanni, FITETREC ANTE, ha parlato di “strumenti” per realizzare uno spettacolo, dai quali non si può prescindere: “Spettacolo significa raccontare una storia, trasmettere un messaggio” - ha specificato –“
Sulla validità della formazione è intervenuto anche un performer, Giuseppe Cimarosa, che ha condiviso la propria esperienza diretta: “Ero appassionato di cavalli e di spettacolo e non sapevo come mettere d’accordo le due cose. Ho sperimentato, alcune volte ho ottenuto buoni risultati ed altre volte ho sbagliato, ma è soltanto quando ho frequentato l’Accademia a Verona che ho capito come potevo sviluppare al meglio le mie potenzialità”.
E le potenzialità le ha sviluppate, dato che ha messo in scena spettacoli di grandissimo successo. Professionalità e formazione dunque, con tutta la serietà che merita una forma espressiva che ambisca ad essere in qualche modo “artistica”. Ma in che modo? E’ tutto consentito per ottenere un risultato “spettacolare” visto che si coinvolgono degli animali? Assolutamente no: lo spettacolo equestre deve essere etico, questione fondamentale.
“Etico” significa che deve mettere al primo posto il benessere del cavallo, che va rispettato come un essere senziente e non trattato come uno strumento. Qui, per capire come approcciarsi nel modo più corretto a quello che Franco Amadio, Presidente di FITETREC ha definito “un compagno”, si è entrati nel delicato discorso dei metodi di addestramento.
Secondo Umberto Scotti, regista di spettacoli e fondatore di Horse Friendly, i metodi coercitivi oltre ad essere intollerabili, hanno anche un pessimo effetto sul pubblico, che si accorge della costrizione alla quale è soggetto l’animale e ha un’impressione tutt’altro che positiva. “Il pubblico preferisce vedere un numero imperfetto, dove viene rispettato un eventuale diniego del cavallo, piuttosto che un risultato ottenuto con la forza” - ha detto.
E questo rispetto riguarda una nuova immagine del cavallo che le istituzioni si impegnano a promuovere, probabilmente anche sulla base di una nuova sensibilità sociale: Emilio Minunzio, Vicepresidente ASI, ha descritto tutte le declinazioni “non sportive” del cavallo, prima fra tutte quella che lo vede fra i protagonisti degli interventi assistiti con gli animali.
Una valenza sociale che può avere anche lo spettacolo equestre, come ha dimostrato l’interessantissimo intervento di Laura Contalbrigo, che si occupa da anni di interventi assistiti: esiste un link sorprendente fra la creazione artistica e i servizi alla persona erogati attraverso gli animali, perché si è osservato che gli interventi assistiti vanno a stimolare le stesse aree cerebrali che sono coinvolte nei processi creativi.
Un altro aspetto che è stato considerato è quello della tipologia di cavalli impiegati negli spettacoli, dove spesso si pecca un po’ di esterofilia. “Lo spettacolo equestre dovrebbe prediligere le razze italiane”, ha sostenuto Luca Marcora, Presidente di ANAREAI, ricordando che il nostro paese vanta 32 razze autoctone fra cavalli ed asini, ed una biodiversità straordinaria. Razze che hanno una storia lunghissima di allevamento e domesticazione, e che hanno una versatilità tale da potersi adattare a tutte le discipline.
L’impiego di cavalli nostrani negli spettacoli equestri sarebbe anche una efficace forma di promozione del territorio: Nevio Prugnoli, Vicepresidente ANAM, si dedica da sempre alla promozione della monta maremmana e della figura del buttero ed è convinto che questi elementi possano fare da traino alla promozione di tutto un territorio, con i suoi prodotti e la sua storia. “Purchè lo si faccia con serietà” –ha voluto precisare- “troppe volte vediamo delle strane contaminazioni, ed è un’assurdità. Ci sono moltissimi appassionati anche fuori dal nostro paese che dimostrano di conoscere ed apprezzare le nostre tradizioni, così come ce le ha consegnate la nostra storia”.
Gettate le basi teoriche, non resta che mettersi al lavoro, tutti d’accordo sul fatto che occorra “fare sistema”.
Un sistema tra l’altro estremamente variegato, dato che le valenze dello spettacolo equestre coinvolgerebbero le competenze istituzionali di almeno sette ministeri e migliaia di potenziali portatori d’interesse. Tutti accomunati da due grandi passioni: i cavalli e lo spettacolo.