Salto ostacoli - Polli e cavalli
“Li cazzotti li riparava pure cor grugno” recita un sonetto romanesco su un pugile suonato - al quale l’Italia del salto ostacoli sta assomigliando sempre più - che tentava di fermare con ogni mezzo l’irruenza dell’avversario. Con il presidente del CONI Malagò che si sta facendo venire il torcicollo a forza di voltarsi dall’altra parte per non vedere lo sfascio della specialità più seguita dell’equitazione olimpica (a giovedì 1 agosto quando nella Reggia di Versailles inizierà ill salto ostacoli, manca meno di un mese) pure la FISE non ha da opporre che il “grugno”.
Nei mesi scorsi ha bucato ogni avvenimento di rilievo disputato tra barriere, ritti e pilieri - e di conseguenza ogni posizione internazionale - dagli Europei di San Siro allo CSIO di Piazza di Siena, costringendo i selezionatori azzurri guidati dal paziente Marco Porro a diventare i maghi del pallottoliere per mettere insieme i punti con cui tenere a galla, nelle classifiche continentali, i migliori cavalieri di casa.
Purtroppo la politica di “straniero è meglio” negli acquisti dei cavalli e “cappello in mano” nei rapporto con il Ministero agricolo di Via XX Settembre hanno massacrato il parco dei saltatori italiani, portandolo a una quasi parità di genere (dati FEI 2023) di 1,48 soggetti sotto la sella a 1 sopra. Poichè le statistiche fanno capo alla “legge di Trilussa” (se io mangio due polli e te nessuno, abbiamo mangiato un pollo a testa) c’è chi è cavaliere o amazzone montando non un cavallo in carne e ossa, ma quello a dondolo di legno.