Quando Mike Bongiorno vinceva al trotto...
QUELLA VOLTA CHE MIKE BONGIORNO montò in sulky a Bologna, e le ragazze squittivano al passaggio della sua fiammante casacca biancoazzurra. Forse non tutti sanno, e forse non tutti rammentano, che il principe dei presentatori italiani vanta in carriera un breve ma assai intenso sodalizio con il cavallo trottatore. Accadeva mezzo secolo fa. Accanto alla neve (che oltretutto aveva il pregio di conferire abbronzature a quei tempi non altrimenti raggiungibili), accanto ad altre affascinanti e perentorie passioni sportive, il biondo artefice di “Lascia o raddoppia?” ebbe a mostrare grande attaccamento allo sport dei sedioli.
Gareggiava spesso, il buon Mike, la base era Milano ma di quando in quando faceva puntate (non intese come scommesse) anche su altri ippodromi, con discreto agonismo e straordinaria vis promozionale: lui in pista, gli ippodromi registravano impennate cospicue nel numero degli spettatori, soprattutto al femminile, a tutto vantaggio della res ippica in generale.
Ignorando certe benevole prese in giro in trasmissioni radiofoniche e articoli di settimanali, banalmente legate al luogo comune del “darsi all’ippica”, Bongiorno perseverò imperterrito per qualche stagione tra fruste e stivali (allora obbligatori anche al trotto), nonostante qualche ruzzolone privo di conseguenze se non, transitorie, sulle coronarie dei fans. Mise anche sù scuderia (la “San Michele”) ed ebbe in corsa due buoni effettivi: Cruzeiro e il più giovane Arcangelo. Soprattutto quest’ultimo, cui il presentatore aveva cambiato nome in onore appunto di S. Michele suo celeste titolare, fu trottatore di buoni mezzi, presto però inghiottito dal grigio dell’anonimato per qualche problema fisico.
Una volta, come accennato in apertura, Mike prese la strada di Bologna, per un doppio impegno in due differenti corse riservate ai guidatori dilettanti. Fu nell’autunno del 1957, e le tribune dell’Arcoveggio si riempirono di schiere estemporanee, digiune di totalizzatore, piazzati e duplice accoppiata, ma ricche di uno slancio che tracimò in ovazioni entusiastiche.
La giornata era stata orchestrata da Onesto Zamboni, “Citti” il nome di battaglia, indimenticabile pilastro della categoria gentlemen, cui diede impulso e organizzazione straordinari: i cosiddetti “puri del trotto”, i driver dilettanti, sotto la sua guida divennero una vera forza del trotto italiano, con risultati considerevoli. Passo dopo passo, le poche decine dei primi tempi diventarono cento, duecento, fino a toccare, alla fine degli Anni ’60, il numero di quattrocento in tutt’Italia, con il diritto di una corsa gentlemen per ogni convegno di corse in ogni ippodromo, e addirittura, quasi dappertutto, una giornata-gentlemen, con tutte le otto corse riservate a loro.
Ma ritorniamo al gentleman poco più che trentenne Mike Bongiorno e alla sua performance bolognese. In scarsa evidenza nella prima gara, Mike vinse con la pipa in bocca la seconda, pilotando L’O di Giotto, un cavallino brioso e combattivo, di quelli che, si diceva, sanno leggere e scrivere. Ma ci fu un antefatto, che rivelato 50 anni dopo non darà certamente adito ad apertura di inchieste o supplementi di indagini. Il cavallo aveva chance, ma per totale sicurezza Citti Zamboni, prima della gara, fece uno scrupoloso giro delle scuderie, al fine di convincere gli avversari a non osare l’impossibile e non rompere le uova nel paniere. Mike in testa (prevedibile) non doveva essere molestato da nessuno, intesi? E così fu, Bongiorno vinse e tutti furono felici e contenti.
Ma non furono tutti felici e contenti anni dopo, quando un cavallo di Alain Delon, Fakir du Vivier, calò a Bologna per il G. P. Continentale: l’attore era presente, ma defilato in un inaccessibile angolo del ristorante, protetto da poliziotti pubblici e privati, italiani e stranieri. Un “quadrato” ineludibile. La gente che stipava tribune e parterre, e che aveva sognato un contatto più ravvicinato con il divo, prese malissimo il suo nascondimento e non poté trattenersi dall’esplodere in urla di poco cavalleresco entusiasmo (con accompagnamento di sonorissimi fischi) allorché Fakir sbottò in rottura eliminandosi. Vendetta acerba della folla, prima affascinata e in visibilio, poi rabbiosa e ostile: ma così va il mondo. O meglio, così andava molti decenni fa.