
In foto Eliano vincitore a Bologna del Gran premio della Vittoria 1987. Vivaldo con i nipoti Edoardo, Stefano Baldi e Fabio Scatolini.
Montecatini Vivaldiana, si corre per Vivaldo
Al via la 73esima edizione del Gran Premio Societa’ Terme, Memorial Vivaldo Baldi, uno dei declassati a gruppo tre con una leggera dotazione di 25.300€ e corsa sul doppio km.
I protagonisti della corsa sono i migliori 3 anni nel circuito: Giotto Ek e Golfo D’Esi sono i più attesi della prima fila, all’8 Gandhi Mail tenta la risalita.
La prima edizione si disputò nel 1953 sui 2400 metri. Fu vinta da Empire guidato dal maestro Sergio Brighenti.
Dal 1955 prese il nome attuale di Società Terme e fu dedicato a Vivaldo nel lontano 2008, anno della sua scomparsa. Con un grande onore per chi scrive, oggi si ricorderà la memoria di Vivaldo Baldi, uno dei più grandi maestri delle redini lunghe italiane.
Quella di Vivaldo è la storia di un vero eroe: nato a Quarrata, precisamente nella località dei Casini (una realtà contadina della provincia di Pistoia), ebbe un'infanzia molto sfortunata. A soli 6 anni perse la madre di febbre spagnola e quando Vivaldo aveva 13 anni, un brutto incidente gli sfigurò irrimediabilmente il volto mentre allenava un cavallo al vecchio ippodromo di Prato.
Era figlio di Omero Baldi “Cincerina”, il quale aveva scuderia. Fu soprannominato dal padre “Diecione” per i 10 centesimi che otteneva di ricompensa da bambino per aiutare gli artieri in scuderia. A quell’epoca era una prassi che ognuno avesse un ‘’nickname’’ che evidenziava una caratteristica della persona.
Il ‘’sangue cavallaro’’ di famiglia lo chiamo da subito alle armi, tanto che Diecione si mise sin da subito in gioco tanto da trovarsi, a ben 18 anni e in categoria allievo, a vincere il suo primo gran premio.
Fu così che restando in scuderia dal padre, iniziò la meravigliosa carriera di un predestinato.
Molto taciturno, era una persona a primo impatto vista come ‘’burbera’’. I segni indelebili sul volto, lo facevano diventare timido davanti alle persone. La riservatezza però finiva una volta presa confidenza, dando spazio a una persona galante e che amava stare tra gli amici. Era definito come un buono e una persona di cuore, amante del buon cibo toscano e un grande fumatore di sigarette.
La sua eleganza si vedeva subito non appena arrivava in ippodromo: giacca e cravatta non mancavano mai. Quando l’ippica era un fiore all’occhiello, l’eleganza e il buon costume non dovevano mai mancare, soprattutto nei guidatori.
Vivaldo era un tipo particolare, voleva sempre essere elegante, tanto che portava camicia, giacca e cravatta anche in corsa, sotto alla giubba. L’inventiva lo portava ad indossare nei freddi mesi invernali, un foglio di giornale sotto la divisa da corsa, per coprirsi dal gelido freddo e prevenire la bronchite di cui ne era spesso affetto.
Se all’ippodromo ti volevi stupire, dovevi vedere come guidava i cavalli.
Sapeva risvegliare anche i cavalli più pigri: come li aveva in mano diventavano fuoco e fiamme. Cavalli che nessuno sapeva guidare, con lui diventavano innocui.
Amava inventare tecniche di guida tutte sue: il famoso tira e molla, detto ‘’il Monte’’, una specialità che nessuno come lui sapeva fare. Andava in testa e fermava il cavallo quasi da treno. Gli avversari avevano paura di Vivaldo in testa, sapevano già che li avrebbe portati all'errore.
La ‘’mezza ruota’’, faceva dannare tutti gli avversari che volevano avanzare in seconda ruota. In pratica era un ‘’vieni avanti se hai coraggio o stai dietro se vuoi continuare la corsa’’.
Famose in tutta la Toscana, restano ancora le sue ruotate per danneggiare i rivali. Ma con un personaggio così nessuno si sarebbe mai arrabbiato con lui.
Era semplicemente un fenomeno.
Le persone accorrevano solo perché guidava Vivaldo, era lo spettacolo che più affascinava l'ippica toscana.
Negli anni 70 la tribuna di Montecatini si trovò divisa in due fazioni: Belleiani e Vivaldiani. Famosi in tutta la Toscana erano i duelli tra Vivaldo e il caro amico Nello Bellei, il quale aveva iniziato la sua carriera proprio dal padre di Vivaldo, Cincerina. Grandi amici e colleghi ma in pista diventavano come l'Inter e il Milan. Quando però c’era l’occasione, tra i due anche in corsa non si negavano mai l’aiuto.
In tutta la carriera di Vivaldo, i cavalli di diamante furono tantissimi.
Il primo fu Birbone “testa e cuore oltre il palo di arrivo” con cui vinse ben 3 Lotteria di Agnano. Crevalcore, il vagone nero, incantò le piste italiane con i mitici duelli contro Tornese negli anni ‘60. Con Crevalcore arrivò persino a compiere un miracolo nell’International trot arrivando secondo, dopo errore in partenza, in una volata micidiale (Mister Twenty Eight per gli americani).
The last Hurrah regalò a Vivaldo altre due Lotteria di agnano, sapeva leggere e scrivere.
Più tardi Eliano, che in una generazione di extraterrestri, sapeva battere ogni suo avversario.
Vivaldo ebbe una carriera infinita: vinse la sua ultima corsa a 83 anni, nel 2007, pochi mesi prima di morire. L’animo gentile di Vivaldo si spense nel marzo 2008 da guidatore: la sua vita, la sua carriera e la sua famiglia.
Ad oggi è l'unico guidatore nella storia a vincere nel 1960 la medaglia d’oro alle Olimpiadi. Fu l’unica edizione, quando l'ippica era lo sport italiano d’eccellenza.
Nel 2008 si è spenta con lui una parte di ippica italiana di grande valore e si chiude un capitolo lunghissimo di storia. 94 gran premi riempiono la sua carriera: da una vita sfortunata ha saputo lui stesso crearsi la bellezza e la rivincita ai mali della vita.