Ma perché l'ippica non si batte per la riforma della scommessa?
Caro Direttore
nalla discussione attuale sull'ippica, e sulla sua crisi, non si parla più di scommesse o almeno se ne parla soltanto in negativo, per rilevare il drammatico andamento del gioco sui cavalli da corsa. Ma come una routine scontata. Eppure le scommesse, storicamente, sono state l'unica risorsa su cui si è fondata e retta la selezione dell'allevamento italiano del trottatore e del purosangue, attraverso il percorso - adesso del tutto stravolto - delle corse più rilevanti.
Certamente i dati della raccolta del gioco negli ultimi 7-8 anni sono oltre ogni pessimistica immaginazione. Si è passati dai 2,77 miliardi di euro del 2007 agli 870 milioni del 2013. Con il primo bimestre di quest'anno a soli 80 milioni, cifra che fa ipotizzare un 2014 che non raggiungerà i 600 milioni.
Le cause di questa "sconfitta" sono note e le cifre brutali da sole fotografano solo alcuni aspetti del fenomeno. Eppure sarebbe utile ricordare che già nel 2006-2007 Unire e Agenzia dei Monopoli avevano lavorato per predisporre un percorso credibile di riforma del settore, che non è mai venuto alla luce, perchè ad esso non è mai stata data attuazione normativa. In poche parole è stato abbandonato. Quanto poco sia stata tenuta in considerazione la materia lo prova anche il fatto che l'Italia è uscita (diciamo così) da EPMA - l'organizzazione europea dei gestori delle scommesse ippiche - nel 2010, perchè non pagava le risibili quote associative annue, non partecipava più alle riunioni e non teneva contatti di alcun genere, proprio nel momento in cui EPMA cercava - e trovava - sponde all'interno della Commissione Europea per affrontare con coerenza le problematiche delle scommesse ippiche a livello continentale. Affrontare almeno, non risolvere. Ma essere presenti e partecipare dovrebbe essere il minimo.
L'accrescimento delle risorse dovrebbe essere un momento centrale delle riflessione sul futuro di quella che nei paesi "normali" è considerata un'attività produttiva come molte altre, come lo è stata da noi ed ora non lo è più. E che non si può basare solo sul finanziamento pubblico o sull'uso dei fondi europei e regionali.
Proprio perchè non si parte da zero e nel momento in cui l'allevamento italiano figura ai vertici delle classifiche europee - questo dimostra che la selezione è stata concepita e attuata seriamente - sarebbe importante e significativo se gli operatori del settore mettessero anche la voce "riforma delle scommesse" nell'agenda dell'immediato futuro. Ma mi permetto di non essere molto ottimista in proposito.
Ti ringrazio per l'ospitalità
MAURIZIO SOVERCHIA