Lettera aperta dell'Unione Nazionale Ippodromi
GAETANO PAPALIA, presidente dell’Unione Nazionale Ippodromi, ha scritto, in data lunedì 3 settembre, una lunga “ lettera aperta agli imprenditori e ai professionisti ippici”, lettera che riportiamo nelle sue parti essenziali.
“Sono anni che nell’ippica non si affronta un dibattito serio sulle problematiche nodali del settore. L’emorragia del pubblico dagli ippodromi, il progressivo calo sostanziale delle scommesse, la cronicizzazione della crisi istituzionale che paralizza l’UNIRE, la programmabilità del monte-premi, la regolarità dei rapporti di lavoro, il degrado morale dei rapporti interni al comparto, l’incapacità di elaborare nuove idee e nuove iniziative per fronteggiare la senescenza dell’intero sistema ippico; sembrano temi che non ci riguardano. Mentre invece imperversa la guerra delle giornate di corse; privilegi e mortificazioni alimentano penose faide nelle quali si consumano vecchie e nuove vendette. Salgono le tensioni su questioni di basso profilo e tutto il resto è schiacciato dalla latitanza dell’Ente. Ma come non rendersi conto che noi operatori ippici siamo ormai abbandonati a noi stessi. Basti pensare ai week-end di corse, i giorni clou dell’attività degli ippodromi; ci si provi a collegare con l’UNIRE per una qualsiasi emergenza, è quasi impossibile. Dico “quasi” perché a volte, molto raramente, qualcuno risponde al telefono ma non ha mai la competenza ed il potere necessari per intervenire in quella condizione imprevista che aveva determinato il ricorso alla collaborazione dell’Ente.
“Dall’ABC dell’organizzazione ai temi di peso fondamentale, quale il progressivo indebitamento dell’Ente. Anche qui, ma è così difficile farsi quattro conti ed accorgersi di disfunzioni che sono proprio sotto i nostri occhi. Quando l’ippica nel 1997 fu chiamata a contribuire con 200 miliardi di lire al risanamento dei conti pubblici, la tris fu gravata di una imposta addizionale dell’8% per la durata del triennio 1997-1999. All’Erario andò pertanto il 13% in luogo del precedente 5%. La norma fiscale tuttavia stabilì che la quota destinata alle casse statali dall’anno 2000 in poi sarebbe stata ridotta al 10%. Ancora oggi il prelievo lordo della tris è rimasto invariato (mentre quello delle scommesse ad essa assimilabili è salito al 43%), ma all’erario viene attribuita la quota del 6% mentre il restante 7% solo in parte è stato recuperato dall’UNIRE, laddove la maggior parte è finita tra i costi di distribuzione, che certo non sono proporzionalmente aumentati rispetto a quelli sostenuti nel triennio 1997-1999. I c.d. Provider che in sostanza svolgono un’attività di semplice back-up nella totalizzazione delle scommesse, ricevono il corrispettivo esageratamente eccessivo del 5,71% rispetto all’effettivo costo del servizio valutabile tra lo 0,5 e l’1% del movimento trattato. Sono più di 7 anni di strapagamento.
“Ed è proprio durante questi ultimi 7 anni che quel corrispondente minor incasso per l’UNIRE di circa 130 milioni di euro (per effetto della riduzione del prelievo netto dal 26% al 20%) ha reso troppo corta la coperta delle “entrate” dell’Ente rispetto alle “uscite”, conducendolo ad un indebitamento che non aveva precedenti nella sua storia. Eppure, chissà per quanto tempo ancora tanti operatori ippici continueranno in buona fede a cadere nel tranello della propaganda che fa invece delle società di corse il capro espiatorio delle disgrazie economiche dell’ippica. La critica sul degrado qualitativo dei servizi resi dagli ippodromi è corretta, ma non giusta. Oggi i costi prodotti da una giornata di corse superano i corrispondenti ricavi. Gli azionisti delle Società non sono più disponibili a continue ricapitalizzazioni in assenza di prospettive di rilancio, né le spese possono essere ulteriormente compresse. E’ urgente ed improcrastinabile una riforma nella distribuzione delle risorse. Occorrono punti di riferimento certi, una condivisione larga, al riparo da pregiudizi e sottratta alle mani di chi non ha nulla da perdere se non qualche immeritata prebenda. Occorre un timoniere, libero e deciso. Occorre serietà.
“Ora sia gli ippici, quelli veri dei capitali investiti e delle professionalità esercitate a tempo pieno, sia la politica, quella vera dell’imparzialità e della programmazione, hanno una straordinaria opportunità, forse l’ultima, per restituire dignità all’ippica e progettare il rilancio produttivo. Ad offrirgliela è la giustizia amministrativa, in seguito:
ad una sentenza del TAR che ha annullato l’efficacia delle convenzioni che molte delle società di corse, ob torto collo, sottoscrissero per evitare il blocco economico delle aziende;
ad una sentenza del Consiglio di Stato che, annullando l’investitura clientelare di consulente “plenipotenziario”con cui il Conte–fatto-Principe aveva premiato la fedeltà di un suo “pro-console”, ha restituito alle Marche il suo più tipico prodotto ippico, con tutto il suo stuolo di collaboratori, avvocati compresi.
“L’ippica, così “resettata”, può ripartire da qui. A condizione che:
a) il programma di rilancio sia studiato e condiviso da coloro che nell’ippica rischiano ragguardevoli capitali propri o una riconosciuta reputazione di elevata professionalità (requisiti che il Ministro dell’Agricoltura dovrebbe individuare, dando così vita ad un Comitato Ippico Nazionale);
b) il Ministro dell’Agricoltura si impegni rapidamente nel riordino dell’UNIRE, decretando un modello preordinato all’attuazione dei poteri e delle opportunità che il DPR 169/98 aveva sapientemente indicato;
c) Guido Melzi d’Eril, traendo le conseguenze dalla decisione del Consiglio di Stato, rassegni le proprie dimissioni, lasciando spazio ad un Commissario Governativo, ostaggio di nessuno, ed in grado di adottare concrete scelte nell’ambito del bilancio di previsione 2008, nonché di prefissare una serie di obiettivi di sviluppo nell’arco del prossimo triennio, sulla base del programma che il nuovo Comitato Ippico Nazionale avrà elaborato.
“Progettare e decidere, adesso, senza perdere tempo, per tornare a valorizzare il settore, o altrimenti la tendenza a disinvestire dall’ippica diventerà inarrestabile e quel che è successo a Torino, con l’eliminazione dell’ippodromo di galoppo, accadrà a Montecatini e in tutte quelle aree private che da anni ospitano impianti di corse, di allenamento e di allevamento, ma che oggi hanno prospettive reddituali certamente e, comunque sia, più soddisfacenti delle svalutate e svilite attività ippiche. E’ una legge di mercato inopponibile. Può piacere o meno, ma questa è la strada che si sta percorrendo.
“Chiediamo agli imprenditori dell’ippica italiana e ai professionisti di indiscussa e riconosciuta professionalità di scendere in campo; chiediamo al Ministro De Castro di accompagnare e organizzare questo processo di responsabilizzazione e di riqualificazione. E non c’è proprio un attimo da perdere.”