Importanza stazione di monta nella conservazione del patrimonio equino siciliano.
Presso la Cittadella dell’Oasi di Troina, il 29 marzo si è tenuto un interessante convegno che ha tratto spunto da un tema di grande rilevanza, quale è quello delle stazioni di Monta, per occuparsi più in generale di alcune tematiche sulle razze autoctone equine siciliane.
I saluti di prammatica hanno visto intervenire brevemente il Sindaco della città Ing. Alfio Giachino e l’onorevole Fabio Venezia. Entrambi hanno garantito il loro interessamento e impegno personale e istituzionale a favore delle razze autoctone siciliane.
La Dott.ssa Stefania Marino della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha posto un breve accento sulle nuove problematiche relative allo spostamento degli animali in relazione alla diffusione delle malattie infettive, denunciando anche una non sufficiente attenzione generale in tutta Italia per il comparto zootecnico.
Il prof. Giovanni Catone dell’Università di Messina ha ribadito il pericolo relativo al ritorno di malattie infettive quasi debellate, ricordando che proprio la Stazione di monta è per gli allevatori anche un luogo di educazione alla loro lotta.
Il Dott. Michele Bentivegna, Direttore dell’Istituto di Incremento Ippico di Catania, ha definito le stazioni di Monta come i punti base di partenza per allevare, ricordando come fino ad una trentina di anni fa le stazioni di monta siciliane avevano una distribuzione puntiforme con oltre 50 unità sparpagliate in tutta l’isola. Il numero odierno di stazioni di monta pubbliche e private si spera di incrementarlo nell’immediato futuro. Ha annunciato anche che l’Istituto ha acquistato il primo stallone di Cavallo Siciliano da adibire a monte pubbliche: Trionfo Siculo II°, appartenente alla famiglia Morello.
Ha confermato che i progetti di ricerca sulle razze autoctone, svolti in collaborazione con le Università siciliane, continueranno senza interruzioni e si spera anche di poter presto avere ad Ambelia i primi nuclei di Asino Grigio siciliano. Ha concluso portando i saluti del presidente dell’ARACS (Associazione Regionale Allevatori Cavallo Siciliano), Francesco Russo, che non è potuto intervenire al convegno per una emergenza professionale dell’ultimo momento.
Particolarmente incisivo è stato il breve intervento di saluto del prof. Francesco Sottile, docente universitario e responsabile scientifico sulla biodiversità per Slow food, che ha posto l’accento sulla assoluta necessità di rompere le barriere esistenti fra protezione ambientale, agricoltura e allevamento in quanto la biodiversità è unica ed ecosistemica. Dissesti idrogeologici, cambiamenti climatici, siccità accentuata, stato dei pascoli e del bosco , aumento della CO2 sono interconnessi e incidono parimenti nei confronti dell’ambiente naturale come nel comparto agro-zootecnico in una cornice che è assolutamente univoca.
Il dott. Luca Marcora, presidente ANAREAI, ha confermato un crescente interesse nazionale per le iniziative per la conservazione delle razze equine a limitata diffusione e, quindi, anche a rischio estinzione, e ha aggiunto quanto siano importanti le stazioni di monta anche per arginare e controllare la pericolosa consanguineità dei soggetti.
Il moderatore prof. Santo Caracappa dell’Istituto Sperimentale Zootecnico ha quindi aperto i veri e propri lavori introducendo gli interventi degli specialisti di settore.
Morfologia a confronto: razze Sanfratellano, Purosangue Orientale (P.S.O.)e Siciliano.
Il prof. Alessandro Zumbo dell’UNIME, dopo alcuni riferimenti storici e documentali relativi anche agli asini ragusani, panteschi e grigi, ha introdotto le tre razze equine siciliane ricordando come il P.S.O. ha il suo stud book sin dal 1875, proveniente dall’antico Regio Deposito Stalloni passato poi all’Istituto d’incremento Ippico di Catania. Le ricerche scientifiche sul P.S.O. svolte nel 2006 con un analisi genetica e morfologica (su 25 misurazioni diverse) hanno catalogato questo nobile prodotto equino d’eccellenza come un cavallo mesomorfo /meso dolicomorfo per la sella, il tiro leggere con un alta predisposizione allo sport dell’endurance.
Per il Sanfratellano ha ricordato riferimenti bibliografici scientifici che risalivano al 1826 per quanto riguarda la richiesta di salvaguardia di quel cavallo che ha il suo libro genealogico dal 1995 e la sua prima mostra mercato risale al 1948. Le rilevazioni scientifiche morfologiche e genetiche effettuate nel passato (su 25 misurazioni anche in questo caso) hanno riguardato 220 soggetti facendo rilevare che negli ultimi anni mediamente si sono avuti soggetti tendenzialmente più alti e, dato sorprendente, il profilo montonino che caratterizza la specie si è ridotto solo al 18% dei soggetti, mentre ben il 52% ha un profilo retto. È un soggetto meso dolicomorfo o dolicomorfo adatto al turismo equestre che oggi si tende a orientare anche all’ambito sportivo per aumentare le sue possibilità di mercato essendo i trend della razza numericamente in discesa.
Per quanto riguarda il Siciliano ha ricordato il primo progetto di ricerca del 2008, rivolto a un’indagine genetico-morfologica su 194 soggetti dell’Indigeno Siciliano dopo la quale non si è riusciti ad ottenere il riconoscimento di razza. Successivamente, grazie alle sinergie che hanno unito gli allevatori (grazie all’impegno trentennale della ARACS) e i vari enti scientifici e regionali in stretta collaborazione con ANAREAI, si è giunti al riconoscimento del febbraio del 2024. È un cavallo meso e meso dolicomorfo adatto al Turismo equestre, alla monta da lavoro, al completo e al dressage. Ha concluso ribadendo come la Sicilia si trovi al centro, non solo geograficamente, della biodiversità equina dell’intero bacino del mediterraneo.
Etologia del cavallo: razze Sanfratellano, Purosangue Orientale e Siciliano.
Il prof. Michele Panzera dell’UNIME è intervenuto partendo dalla considerazione sulla domanda da porsi sulla millenaria selezione del cavallo: “è partita da chi?”. La risposta è “dall’ambiente che scolpisce il morfo tipo e, quindi, l’integrità del morfo tipo deriva dall’integrità dell’ambiente”. I fattori diversi degli ambienti siciliani costieri, collinari e montani, però, non hanno scolpito solo la morfologia dei soggetti ma anche e soprattutto ciò che gli ippologi classici hanno descritto con dovizia di particolari, ovvero le loro “qualità morali”. Cioè il loro temperamento, indole e carattere.
Quindi ci si deve domandare se non sia il caso che, oltre a stabilire selezioni per standard e parametri morfologici e genetici non si debba tenere conto nel lavoro di miglioramento genetico di inserire anche una selezione che riguardi specificatamente queste “qualità morali” (che oggi sono assolutamente quantizzabili scientificamente) così importanti in un animale con il quale l’uomo entra in così stretta relazione nei vari usi quotidiani odierni perché, come espresso dal Guaita in un suo trattato del secolo scorso, “anche il tenore di vita contribuisce a forgiare le qualità caratteriali dell’individuo”. Ciò è da tenere in maggior conto pensando alle condizioni di vita dei cavalli di oggi nelle scuderie dei centri equestri che sono a dimensione di uomo e non a dimensione di cavallo (e nei metodi di addestramento).
Genetica del cavallo Siciliano.
Il prof. Salvatore Bordonaro di UNICT ha spiegato come tutto sia cominciato nel 2003, grazie a una serie di incontri e successivi progetti di ricerca non continuativi che hanno compreso la ricerca di documentazione storica del passato, proveniente proprio delle decine di stazioni di monta dell’Istituto e del Regio Deposito Stalloni sparse nella Sicilia, che raccontano della presenza nelle selezioni di tanti purosangue inglesi, orientali, anglo orientali ma anche nuclei di lipizzano, persano e altri cavalli ancora nello sviluppo delle razze siciliane (per non parlare delle influenze genetiche dal 1500 in poi con i cavalli giunti con le dominazioni arabe, normanne e spagnole). Volumi che si vogliono studiare in maniera completa con un apposito progetto in cantiere.
Nelle ricerche genetiche si sono utilizzati i marcatori micro satelliti per studiare la genetica delle tre razze siciliane e il loro DNA mitocondriale che permette di indagare sulla filogenesi delle razze (ovvero la ricostruzione delle tappe che caratterizzano l'evoluzione di un gruppo sistematico di animali o piante e anche la rappresentazione grafica di tale ricostruzione).
Il legame che hanno comunque le razze siciliane mostra anche delle particolarità, come quella di una puledra dei Nebrodi che presentava l’aplotipo B identificato in un cavallo di un sito archeologico della Mongolia, come l’unicità dell’aplotipo U in tutti i P.S.O. oppure dell’aplotipo specifico che accomuna tutti gli asini panteschi.
Ha quindi presentato tutta una serie di grafici a colori che rappresentavano tutti i singoli individui studiati nel tempo, dapprima con uno studio sulle diverse linee genetiche del Sanfratellano sviluppatesi nel tempo e poi un congruo numero di PSO e Siciliani che evidenziano come, in maniera diversa, le tre razze hanno interagito fra loro nel tempo. Con davanti tre anni per rassegnare cavalli Siciliani a cui prelevare campioni di sangue e di DNA si arriverà ad avere una mole di dati che, uniti a quelli già prelevati a partire dai primi anni 2.000, permetterà di indagare molto più a fondo sul cavallo Siciliano e, per converso, anche sulle altre due razze siciliane alle quali è comunque legato.
Standard di razza del cavallo Siciliano.
Il Dott. Vasini dell’ANAREAI ha spiegato il lavoro triennale che si sta svolgendo, a partire dal riconoscimento della razza del Siciliano del febbraio del 2024, con le campagne di rassegne che riguardano i cavalli Siciliani alo scopo di poterli inserire nell’albero genealogico di razza, o meno. Ciò avviene attraverso un esame morfologico durante il quale viene prelevato da ogni soggetto anche un campione di crine e di sangue per tutte le analisi genetiche del caso, già introdotte dal prof. Bordonaro per quanto riguarda il passato, per poter effettuare una serie di verifiche su un numero di soggetti che sarà estremamente più alto e che darà una sempre maggiore attendibilità di risultati.
L’indagine morfologica intrapresa ha il fine di selezionare, o meno, i soggetti con i quali costituire la base di fattrici e stalloni del Cavallo Siciliano dalla quale i primi soggetti stanno cominciando a nascere in questo periodo, prodotti dai primi soggetti già inclusi nel libro genealogico nel corso del 2024. Questi nuovi nati verranno poi esaminati per verificare se i prodotti generati rientreranno in quella definizione di modello morfologico prefissato nello standard di razza.
Lo standard di razza viene esaminato attraverso una scheda di valutazione morfologico lineare che definisce una serie di caratteristiche per ognuna delle 27 razze equine riconosciute dal Ministero dell’Agricoltura.
Ad oggi il cavallo Siciliano viene definito come una popolazione locale autoctona con marcata presenza di sangue orientale perché questo è stato evidenziano fono ad ora su un numero di soggetti ancora molto basso. Alla fine del lavoro triennale si vedrà se questo dato verrà confermato o meno.
Lo standard di razza individua 5 punti per ogni razza: area di origine, le attitudini, i caratteri tipici, i dati biometrici, e i caratteri che comportano l’esclusione dalla riproduzione dei soggetti.
Il Siciliano è diffuso in tutta la Sicilia con una presenza più marcata nelle province di Palermo, Enna, Ragusa e Messina. Le attitudini sono quelle del lavoro a sella, gli sport equestri olimpici, la monta da lavoro e il tiro leggero. Ha testa leggera, profilo rettilineo, collo muscoloso, spalla con buona inclinazione, groppa, garrese dorso e lombi, ognuno con una propria definizione e misura di riferimento. Segue l’esame degli arti, delle articolazioni, delle andature, del piede e del temperamento. Quest’ultimo viene da una base biologica ereditata da padre e madre, e il carattere, che deriva da tutta una serie di risposte date dall’ambiente, dall’interazione con gli altri animali, dal posto in cui nasce ed è allevato e che si vorrebbe sempre equilibrato e docile ma ciò deriva anche e soprattutto da ciò che gli accade dalla nascita in poi, a come e se viene imprintato, addestrato e trattato dall’uomo (e in questo settore, aggiungiamo noi, le lacune sono enormi e la determinazione della sua docilità nelle rassegne è empirica e non scientifica, nonostante oggi questo sia possibile ).
I dati biometrici presi in esame sono altezza, torace, stinco, e spalla che, come è accaduto per altezza e torace, potranno anche cambiare nel tempo in base ai risultati emersi durante le rassegne.
Ha però ben specificato che un conto è se, nel passare degli anni o nei decenni, si può riscontrare un cambiamento medio di qualche centimetro di qualche misura media. Se, invece, si dovessero notare nel tempo cambiamenti maggiori vorrà dire che “c’è qualcosa che non va”, e sarà ANAREAI a intervenire per proteggere la conservazione della diversità genetica, tenendo conto che storicamente la razza non è un concetto fermo ma dinamico anche di fronte, ad esempio, alle esigenze del mercato che possono volere delle piccole variazioni mantenendo sempre le caratteristiche tipiche e distintive della razza.
Ha ricordato che gli standard di razza sono approvati dopo attento esame da un apposito decreto ministeriale, e non sono certo decisi liberamente e arbitrariamente ma sono il frutto di attente ponderazioni ed esami.
Ha spiegato poi le importanti regole decise dal Ministero, a partire dal 2026, per quanto riguarda la possibile esclusione alla riproduzione dei soggetti nuovi nati, se essi non rispettano i criteri dello standard di razza. Non sempre un soggetto nato da uno stallone e una fattrice approvati mantiene poi le caratteristiche di razza, così tutti i nuovi nati appartenenti alle 27 razze italiane, come era fino a circa 7 anni fa prima di una legge comunitaria che è stata superata, torneranno ad essere esaminati da un esperto che andrà in azienda per effettuare un prelievo di DNA e per verificare che l’animale abbia le caratteristiche morfologiche stabilite dallo standard di razza per, eventualmente, escluderli da una futura riproduzione. Questo al solo scopo di preservare la conservazione della razza stessa. Le rassegne sin qui effettuate hanno dato questi risultati: su 173 soggetti 133 sono stati iscritti all’albero genealogico e 40 no perché non rientravano nello standard di razza. Nelle rassegne svoltesi nei giorni immediatamente precedenti il convegno di Troina, su circa 70 soggetti ne sono stati iscritti una cinquantina. Altre rassegne sono previste fra maggio e giugno di quest’anno nelle diverse provincie siciliane.
Ruolo della stazione di monta nella conservazione del patrimonio equino siciliano.
Il prof. Gabriele Marino di UNIME ha spiegato con un intervento molto tecnico quanto siano importanti le stazioni di monta pubbliche e private, soggette alle stesse leggi e con gli stessi requisiti, per la conservazione del patrimonio genetico siciliano attraverso un piano di sorveglianza delle malattie infettive. È entrato nel particolare di tutta una serie di regolamenti e leggi europee e nazionali che si sono succedute nel tempo, creando anche molta confusione, che riguardano le sette malattie infettive più diffuse, la loro prevenzione e riscontro attraverso diversi tipi di vaccinazioni ed esami specifici, nulla togliendo all’ipotesi che il loro numero possa aumentare o diminuire nel tempo in base a ciò che si riscontra sul campo.
Esperienze a confronto con le razze equine autoctone campane e siciliane.
La prof.ssa Agnese Rinaldi e la Dott.ssa Conte dell’istituto di Incremento Ippico campano di Santa Maria Capua a Vetere, hanno presentato con due video (ottimi) e brevi relazioni la loro realtà e le loro esperienze che riguardano le stazioni di monta della loro regione e in particolare nella loro sede centrale, anche a riguardo l’utilizzo specialistico delle moderne tecniche di prelievo del seme e di procreazione assistita, compreso l’utilizzo dell’embrio-transfer e delle tecniche in vitro che pongono il loro istituto all’avanguardia in Italia. Per l’asino ragusano è già nata una collaborazione fra i due istituti proprio per utilizzare queste nuove tecniche di riproduzione. Le razze campane sono il Napoletano, il Persano e il Salernitano, tutte in forte pericolo di estinzione anche per la carenza di fattrici, superate con queste tecniche congiunte di procreazione assistita che, ad esempio, hanno permesso di ottenere da 3 fattrici di Salernitano ben 12 puledri in una stagione di monta.
Sono seguiti gli interventi di tre allevatori.
Felicita Sciortino. Presidente dell’associazione AREAS (Associazione Razze Equine e Asinine siciliane)Ha presentato le sue esperienze di allevatrice di cavalli sanfratellani e, nel particolare, i risultati ottenuti con il suo stallone Imperatore, utilizzato in ippoterapia, sport e spettacoli oltre che come riproduttore nella sua stazione di monta privata in azienda, dove ne prelevano anche il seme. Ha ribadito di come per gli allevatori siciliani oggi le spese siano diventate quasi insostenibili. Avrebbe voluto porre molte domande all’Assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana, che non è potuto intervenire, proprio sulle tematiche inerenti al supporto dell’allevamento zootecnico siciliano. Ha annunciato l’apertura di una stazione di monta a San Mauro Castelverde e auspica che l’istituto operi delle azioni di miglioramento della razza venendo anche incontro a quelle che sono le richieste dal mercato nei settori più prettamente sportivi, per far sì che le nuove generazioni di sanfratellani possano ottenere prezzi di vendita migliori di quanto non siano oggi, che nemmeno riescono a coprire i costi vivi di mantenimento.
Amedeo Cultreri. Allevatore di Purosangue orientale e membro della commissione tecnica ministeriale dei libri genealogici.Ha spiegato in breve le vicissitudini del libro genealogico del PSO fino a quando, nel 2017, il libro genealogico è stato riformato prevedendo finalmente tre sezioni diverse: il Purosangue Orientale Siciliano che include i cavalli allevati in purezza e il cui stud book risale al 1875, quella del derivato orientale al 75% e del derivato orientale al 50%. Ha quindi parlato della selezione del PSO a partire dal dato che è l’unica razza equina europea pura al 100%, appartenente all’unico aplotipo U, come spiegato dal prof. Bordonaro. Molti non conoscono quale è la differenza fra un cavallo arabo e un orientale che si può spiegare partendo dal fatto che in origine quelli che noi occidentali chiamiamo cavalli arabi, appartenevano a sole cinque linee di sangue specifiche originali. I beduini locali allevavano di norma una sola linea di sangue specifica, anche in consanguineità. Gli occidentali, invece, una volta che hanno iniziato a importare dalla penisola araba e zone limitrofe e allevare in proprio questi cavalli, lo hanno fatto mischiando le cinque linee di sangue originali e li hanno chiamati generalmente arabi. Il purosangue Orientale, invece, importato dal regio esercito nel 1875 da un’area molto specifica mediorientale (Siria/Libano) è stata appositamente denominata Orientale da Vittorio Emanuele II° proprio a rimarcare la sua provenienza dall’oriente e ha mantenuto la sua purezza di linea di sangue di ceppo genetico originale. Nel 1974 la W.A.H.O ha voluto uniformare la dizione degli arabi allevati nel mondo come quella di cavallo arabo, volendo inserire nello stesso libro genealogico arabi e orientali, ma gli allevatori siciliani non accettarono questa regola rimanendo fuori da questa istituzione internazionale. Dopo tanti anni è risultata una decisione estremamente positiva che ha fatto sì che l’Orientale sia potuto rimanere un ceppo di cavallo “arabo” puro e quindi oggi unico al mondo (al di fuori di alcuni luoghi di origine): l’arabo francese, ad esempio, ha solo il 32% di sangue arabo originario. II problema dirimente odierno è quello della competenza e della formazione degli allevatori di cavallo orientale che, da soli, non hanno e non possono acquisire la necessaria professionalità e competenza d’eccellenza da applicare nella loro selezione per decidere quale è l’accoppiamento giusto da effettuare in base alla genetica, la morfologia e gli obbiettivi di selezione a cui vogliono arrivare.
Nino Salerno. Allevatore di cavallo Siciliano.Ha raccontato la storia personale sua e della moglie come allevatori e gestori di un centro rivolto agli sport equestri che utilizza cavalli siciliani. Ha rivendicato la necessità che il ruolo dell’allevatore venga rispettato e non più sottovalutato, che possa partecipare ai processi decisionali confrontandosi con le istituzioni, come accaduto ultimamente per un dato dello standard di razza del siciliano che è stato subito modificato positivamente. Ha ribadito che la partecipazione e la motivazione dei giovani allevatori è essenziale affinché facciano riproduzione negli anni venire, altrimenti ci sarà presto il vuoto.
Conclusioni.È seguito un dibattito e sono state poste anche delle domande tecniche specifiche ad alcuni relatori fino alla chiusura dei lavori del Presidente dell’Azienda Silvo Pastorale del Comune di Troina Angel Impellizzeri, che ha molto ben organizzato il convegno. Nelle sue brevi conclusioni egli ha posto al centro dell’attenzione le problematiche degli allevatori che, specialmente dopo gli ultimi due anni di pesantissime problematiche relative alla siccità, sono stati messi letteralmente in ginocchio. L’azienda che presiedé si vuole porre come anello di congiunzione fra il mondo scientifico, le istituzioni regionali e gli allevatori con l’obbiettivo di dare al cavallo Siciliano un respiro importante, coinvolgendo il maggior numero di allevatori anche se avessero solo uno o due soggetti, persino andando a “stanarli” ad uno ad uno nel territorio.