Il cavallo metafisico del capitano Mori
ERMANNO MORI merita un posto d’onore nella “hall of fame” dell’ippica italiana (prima o poi, a qualcuno verrà in mente di allestirla…). In gioventù ufficiale della Guardia di Finanza: ecco perché per tutti, affettuosamente, è il Capitano e basta. Ora opinionista sul quotidiano Il Giornale e da sempre polemista molto competente e molto attento ai problemi del settore: è famoso per le sue infuocate arringhe in ogni confronto degli ippici con la classe politica. Allevatore: i suoi trottatori si riconoscono per la sigla Mo nel nome e lui vanta due Derby consecutivi vinti con Sec Mo e Tinak Mo nonché le corse internazionali vinte da Atod Mo, purtroppo castrone. Proprietario: il più glorioso tra i suoi cavalli è stato Ebsero Mo, che in Germania si laureò addirittura Campione d’Europa. Inventore di un ippodromo: a Civitanova Marche, sulla sua terra.
E a Civitanova Marche il Capitano ha edificato anche il Museo del Trotto: è soprattutto un omaggio al cavallo, a tutti i cavalli qualunque sia il loro impiego, ma è anche un richiamo severo agli appassionati del settore affinchè recuperino la propria storia e la propria cultura equestre.
In un lunghissimo arco temporale Ermanno Mori ha rintracciato nei luoghi più disparati ex voto, manifesti antichi, documenti, testimonianze, libri, quadri, giocattoli, sculture, oggetti di ogni tipo aventi un unico soggetto: il cavallo. Visitare il Museo del Trotto è rendersi conto visivamente di quanto il cavallo, nostro antico compagno, sia stato presente nei sogni, nelle fantasie, nelle emozioni degli uomini di tutti i tempi e di come sia ancora potentemente attivo nell’immaginario simbolico di tutti noi.
Ma questo non è tutto. La cosa che mi ha più colpito, visitando il Museo, è stata la vastissima e preziosissima raccolta di libri antichi. Poter sfiorare pagine che hanno tre o quattro secoli di vita e ritrovare in esse la descrizione di molti dei gesti che compiamo ancora quando avviciniamo un cavallo, produce una grande emozione. Non solo, ma si scopre, attraverso quelle pagine, quanto profonda e solerte fosse la conoscenza della mente equina da parte degli antichi uomini di cavalli. E’ qualcosa che fa riflettere sulla sapienza e sulla conoscenza che abbiamo perduto e soprattutto sulla necessità di ritornare a studiare il passato per meglio valutare il nuovo che avanza. E’ questo soprattutto il grande contributo che l’opera paziente di Ermanno Mori può dare a tutto il mondo del cavallo.
Accade così che, uscendo dalle sale e girando intorno lo sguardo, capiti di soffermarsi su una piccola altura. Tra il folto degli alberi si intravvede muoversi una inconfondibile sagoma equina.
“Ermanno che ci fa lassù quel cavallo?”
Mi guarda e sorride: “E’ il cavallo metafisico, sovrintende a tutte le attività: allevamento, corse, museo. E’ l’incarnazione dello spirito del luogo”
Un archetipo vivente, posto lì a ricordarci che se perdessimo lui, perderemmo gran parte della nostra anima.























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