I cavalli a Babbo Natale: portaci una buona vita!
CARO BABBO NATALE, a scriverti è uno dei tanti cavalli (si dice siano quasi un milione) che vivono sul territorio italiano. Non ti dirò il mio nome, non perché io non ne abbia uno, ma perché come è naturale per la mia specie, mi sento parte di una collettività. Non ti dirò neppure se sono “da corsa” o “ da sella” perché le cose che vorrei chiederti per il prossimo anno (sono poche, non ti spaventare, chi ci conosce sul serio sa che non andiamo mai oltre il minimo sindacale) riguardano tutti noi indistintamente.
Vorremmo che le tante persone che parlano e si interrogano sul nostro benessere (e di questo siamo loro grati) diventassero sempre più consapevoli che la prima forma di “benessere” per noi è disporre di un cavaliere che abbia un assetto corretto. Non ti meravigliare. Tu che in questi giorni vai girando con sacchi e gerle sulle spalle dovresti sapere cosa significa affrontare ostacoli, discese e salite con un “sacco” instabile sulla schiena, che ti squilibra continuamente e che a volte ti costringe a fare sforzi sovrumani per evitare che cada…e tu con lui! Qualcuno recentemente ha detto che la coincidenza dei baricentri ( uomo-cavallo) crea un terzo soggetto…il binomio! Ecco desidereremmo cavalieri saldi in assetto ed…elastici con polsi e mani. Schiena e bocca liberi dal dolore: non ti sembra la prima forma di benessere, o chiediamo troppo?
E visto che ci siamo, ci piacerebbe anche che gli umani che ci circondano avessero più a cuore il rispetto delle nostre necessità fisiche ( possibilità di movimento all’aperto, una modalità di alimentazione più simile a quella che avremmo in natura ) e mentali: libertà di sviluppare la nostra socialità, il nostro bisogno di sperimentare il mondo e di conoscere e capire dove viviamo. E a proposito di capire, vorremo tanto non essere presi per scemi! Quando sentiamo raccontare che noi scambieremmo un umano per un “capobranco” non sappiamo se ridere o disperarci. Ma possibile che non si riesca ad intuire che siamo perfettamente in grado di distinguere un uomo ( con il quale abbiamo- almeno noi- stipulato un patto di reciproca collaborazione) da un nostro simile?
L’equitazione, si sa, fa riferimento ad un codice di comunicazione: occorre che entrambi si dia a quei segnali fisici o vocali lo stesso significato. Semplice no? Però, visto che voi lo avete costruito e noi lo dobbiamo apprendere volete lascarci il tempo di riflettere, capire e individuare ( magari anche con qualche tentativo sbagliato) il significato della vostra richiesta? Capisco che siate abituati alle risposte immediate di ipad e computer, ma noi ( come voi) siamo esseri viventi ed abbiamo bisogno di tempo per assimilare, elaborare e rispondere. Tempo, gentilezza e coerenza in quelli che definite “aiuti”, che per essere tali, dovrebbero giustappunto aiutarci a capire. Se questo manca ( non so se ve ne siete accorti) cade la nostra motivazione a fare e rischiamo di trasformarci in esseri spenti ( spesso malaticci) apparentemente obbedienti, ma in realtà passivi. Perché non provate a pensare cosa succede a voi quando non vi sentite apprezzati dall’ambiente nel quale vivete, quando non riuscite a rispondere (perché non le comprendete) alle richieste che vi vengono fatte? Non pensate che nelle nostre menti possa accadere più o meno la stessa cosa? E a che vi serve, in gara o in passeggiata, un automa invece di un compagno di gara attento, disponibile e capace, alla occorrenza, di dare il proprio contributo alla soluzione di un problema? Montare a cavallo – diceva un vecchio saggio circa 2500 anni fa- è come ballare. “ Se un ballerino fosse forzato a ballare attraverso l'uso di fruste e speroni o comunque di strumenti affini, non potrebbe mostrare alcuna bellezza, così come un cavallo addestrato in condizioni simili». E perché esista armonia nel binomio, occorre sviluppare la “relazione”, occorre che sappiate mettervi in ascolto e individuare le nostre potenzialità e i nostri limiti, occorre che impariate a capirci sviluppando quella capacità ( non solo umana) che definite empatia. Qualcosa che si costruisce nel quotidiano, cercando di trascorrere tempo insieme e non riducendo il rapporto con noi ad…un’ora di maneggio!
Ecco caro Babbo Natale, questi sono i temi sui quali mi piacerebbe che i nostri compagni di vita umani riflettessero nell’anno che verrà. E visto che ci siamo vorrei ringraziare quanti si battono per evitarci una morte drammatica ( stavo per dire disonorevole…..immaginate per chi!) Siamo ovviamente più che d’accordo sul diritto a morire serenamente e senza dolore ( se fosse per noi allargheremmo questo diritto a tutte le specie viventi), vorremmo però porre a questi amici una semplice domanda. Non vi pare che oltre ad una buona morte avremmo diritto anche ad una buona vita?