Bambini e animali, da Basilea una lezione di vita
NON HA CARATTERI CUBITALI, non è uscita in prima pagina e, per di più, non c’entra, almeno all’apparenza, niente con i cavalli. Però ne vogliamo parlare lo stesso. Primo, perché la notizia tratta qualcosa di importante. Secondo, perché conferma la fondatezza di convincimenti che abbiamo da sempre e che, ancora una volta, vogliamo rilanciare.
Dunque, si tratta di questo: a Basilea, le autorità locali hanno deciso che la conoscenza del cane debba essere materia d’insegnamento negli asili d’infanzia. Già lo era, ma facoltativa e non in tutte scuole. Da quest’anno diventa obbligatoria. La decisione non ha niente di estemporaneo. Non si tratta di mettere un po’ più di colore nella giornata scolastica del bambino. E nemmeno di movimentare con qualche emozione inattesa i suoi giochi. Certo, ci sarà anche questo aspetto. Il che non guasta. Ma è del tutto marginale rispetto ai presupposti e alle finalità che motivano la determinazione dell’iniziativa. Lo scopo dichiarato è quello di alzare ancora di più il tiro della prevenzione contro l’eventualità non così remota, stando alle cronache, che un cane possa aggredire un bambino. Il punto non è quante volte è accaduto o può, statisticamente, accadere. Il punto è che ogni volta che accade è una tragica volta di troppo.
A Basilea le autorità hanno fatto una scelta di responsabilità. Una responsabilità che non si può più nascondere dietro la lista di proscrizione di razze canine inquadrate pregiudizialmente come particolarmente pericolose. Una responsabilità che non può più assolvere se stessa sventolando le norme che sanzionano chi considera guinzaglio e museruola un fastidioso impaccio. Una responsabilità che non intende più immergere le mani nel lavacro della burocrazia per mondarsele con il comma tale e il comma tal’altro, archiviando un dramma di questa natura come colpa del destino cinico e baro. Una assunzione, dunque, di responsabilità istituzionale che punta a sollecitare un più alto di responsabilità individuale. Anche nei bambini.
NEGLI ASILI NIDO di Basilea, dunque, sono all’opera addestratrici di cani specializzate che insegnano tre semplici cose: primo, che il cane non è un giocattolo; secondo, che il cane è un essere vivente e che, come tutti gli esseri viventi di questo mondo, manda segnali su quello che accetta e quello che rifiuta; terzo, che bisogna imparare a riconoscere questi segnali, perché, altrimenti, lui può fare male a noi e noi possiamo fare male a lui. Tutto qui. Un tutto qui che, in una parola, si chiama apprendimento del rispetto.
Siamo della opinione che da Basilea arrivi un messaggio da cogliere ed amplificare, perché nel corretto rapporto con gli animali si gioca, nei bambini, una parte non piccola dello sviluppo della personalità. E negli adulti la parte fondamentale del senso di civiltà.
In questo contesto vogliamo collocare un’ultima, sintetica ma esplicita, considerazione sul rapporto particolare che si ha, o si intende, avviare con il cavallo.
Il nostro animale ha una immediata contiguità con l’uomo. Se potesse parlare, la sua memoria storica saprebbe raccontare molto delle millenarie vicende attraverso cui l’umanità, con tutto il carico di grandezze e abomini, è passata. Noi, al contrario, sappiamo poco di lui. Anzi, spesso, soprattutto da sella, non ci preoccupiamo neanche di sapere, convinti come siamo che una bella strattonata alle redini e una smitragliata di calcagnate ai fianchi gli chiariscano subito le idee su come stanno le cose tra noi e lui. Errore. E quel che è peggio è che l’errore non lo capiamo neanche quando, con una sgroppata di algebrica potenza, ci ritroviamo gambe in aria, senza sapere né come né perché. Ma non è finita. Rovinati a terra, non ci viene neanche il sacrosanto timore di immaginare che da quella caduta avremmo potuto non rialzarci più, inchiodando la nostra vita ad una ‘tragica fatalità’. No, abbiamo altro da fare. Abbiamo da tornare alla carica per fargli vedere, una volta per tutte, chi è che comanda. Come si fa, da che mondo è mondo, con le bestie.
E allora prima di comprare sella e stivali, compriamo libri che ci insegnino qualcosa sul cavallo. Potremmo scoprire, tra l’altro, anche qualcosa che non sappiamo di noi. E, soprattutto, prima di mettere un bambino in sella a un pony, chiediamoci se sia in condizione di distinguerlo da un motorino. Magari evitiamo che, per metterlo in moto, gli ficchi un dito in un occhio.