Il cavallo animale di affezione? Gli Imprenditori
Ippici contestano l'on. Brambilla
L'ASSOCIAZIONE Imprenditori Ippici Italiani comunica: "Far parlare di sé. Contano poco il cosa si dice ed ancora meno la competenza e la conoscenza dell’argomento trattato. L’importante è far parlare di sé, tenere desta l’attenzione, suscitare polemiche. Provocare. E soprattutto cavalcare l’onda della disinformazione e della emotività collettiva, sfruttando in malafede sentimenti sui quali si fa leva in malafede. Per i politici ormai è diventato un imperativo. Una onorevole (Michela Vittoria Brambilla - ndr) che già in passato si è distinta per i suoi pubblici interventi volti al puro consenso ha avanzato una proposta di legge per definire il cavallo “animale da affezione” e per vietarne l’utilizzo in spettacoli e competizioni. In pratica: per porre fine al presunto sfruttamento di purosangue e trottatori, trasformandoli in graziosi animali da salotto (essì….neanche da maneggio: perché alla lettera anche quelle sono attività che, nella logica dell’onorevole, “sfruttano” il cavallo).
E’ ovvio che l’onorevole punta molto in alto. Vuole cancellare con qualche riga sottoposta al Parlamento millenni di storia dell’umanità, di rapporto fra uomo e cavallo, di passione, di amicizia fra animale ed essere umano, di servizio, di agonismo, di Arte. E’ molto ambiziosa. Vuole anche dare una lezione alle altre Nazioni, poco evolute: Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti, persino alla Svizzera. Luoghi nei quali i cavalli non vengono portati al guinzaglio nei parchi, ma messi a confronto sui nastri verdi o sugli ovali degli ippodromi. Certo, nella mente dell’onorevole si tratta di Nazioni alle quali noi possiamo e dobbiamo impartire severe lezioni. L’onorevole biasima anche la Regina Elisabetta e gli sceicchi del Dubai, dall’alto del suo senso civico ed amore profondo per la Natura.
Ma non sa una cosa. Una cosa che tutti noi ippici sappiamo: e che dovremmo imparare a comunicare al mondo. E soprattutto ai nostri connazionali. Che pochi animali sono già d’“affezione” come lo è il cavallo di razza. Sì, noi lo sappiamo. Sappiamo quanta passione, quanto amore, quanta - per usare un termine da qualche giorno divenuto di moda - “tenerezza” allevatori e proprietari, atleti (quali sono i guidatori ed i fantini) e veterinari, allenatori e artieri, trasportatori e maniscalchi, organizzatori ed appassionati provano per il cavallo e dimostrano al cavallo. Che è atleta, nato per correre, per competere. Ma mai per umiliare, come agli umani viene spontaneo di fare.
Ha mai provato l’onorevole quel brivido che cavallo e cavaliere provano nel momento in cui la pista richiama l’istinto naturale alla corsa? Ha mai visto l’onorevole curare un cavallo quando è ferito, o malato? Ha mai visto un uomo di scuderia prendersi cura del cavallo che gli è affidato, che sia un campione o che sia l’ultimo brocco? Hai mai assistito alla nascita di un puledro? Ha mai visto il rientro dopo una corsa, dopo uno sforzo estremo, identico al rientro di qualsiasi atleta da qualsiasi competizione? No: l’onorevole cerca solo di commuovere e di far parlare di sé.
Certo, anche nell’ippica ci sono abusi, cattiverie, sfruttamenti. Che sono o dovrebbero essere perseguibili penalmente come tutti gli abusi e le violenze. Come gli abbandoni per le ferie estive, le malnutrizioni, le punizioni senza senso di cani e gatti (e degli essere a 2 zampe). Vogliamo redigere un testo di legge che inasprisce le pene per chi maltratta gli animali? Benissimo. Il mondo dell’ippica potrebbe essere in prima fila per farlo approvare. Ma, prima di tutto, spieghiamo all’onorevole e soprattutto alla gente che in una società in cui tutto è informatizzato e meccanizzato esiste ancora un rapporto di amicizia che ha caratteristiche uniche. Un rapporto che va al di là delle ragioni, già nobilissime ed educative!, dello sport.
Una legge che vietasse al cavallo da corsa di correre sarebbe come una legge che vietasse ai pesci di nuotare o ai cani di giocare. Una legge che stabilisse che il cavallo è animale da “affezione” non cambierebbe nulla per l’ippica. Il cavallo lo è già: quando nasce, quando corre, quando si ritira. Per millenni il cavallo ha servito, protetto, trasportato l’uomo. Ora, checché ne pensi l’onorevole, l’uomo sta ricompensando il suo amico".