Galoppo. Priore Philip l'ultimo gioiello di Luciano Monaldi
Il pericolo era uno solo, quello di finire nel mucchio e rimediare una figuraccia perché dai 1600 ai 2000 possono succedere tante cose, e lui Priore Philip, oltre un certo limite, quello del miglio appunto, non si era mai spinto. Lunghe riflessioni, sempre a pensare che un tentativo nel Ribot non avrebbe aggiunto nulla di più che l’ennesima vittoria contro rivali inferiori. Poi Stefano Botti assicura che il Priore è in gran forma e bisogna tentare, nessuna figuraccia alle viste, assicura, sarà un trionfo.
Non proprio convinto fino a questo punto, occorre dirlo, ma il giovane trainer di Cenaia ha le idee chiare e Luciano Monaldi, proprietario di vecchio stampo, coi cavalli nel sangue e il fuoco della passione che riaccende antiche scintille gli va dietro, dà l’ok, e poi quello che è successo domenica è ancora nel cuore di chi è rimasto incantato dallo show del saurino griffato Ste.Ma. “La gioia è stata grande, immensa – dice Monaldi – anche perché se fosse andata male chissà cosa mi sarebbe piovuto addosso. Tutti amici quando le vele si gonfiano e ti portano lontano e ti fanno credere chissà quali prodigi. Se il vento muta eccoli allora i veleni che affiorano”. Invece un bersaglio pieno che rimarrà nella storia, un volo di quelli che ammutoliscono la folla, il pubblico di Roma impazzito e il cronometro che va in frantumi perché a suffragare l’impresa c’è il record di 1.58.47 sui 2000 che spiega più di tanti discorsi il valore e il coraggio di Priore Philip.
“Nel Gran Criterium, lo confesso – riprende Montaldi – fu una mezza sorpresa. Era il primo gruppo 1 e le perplessità erano molte. Anche se lui è sempre venuto avanti con l’aria del cavallo serio e impegnato. Domenica invece la sofferenza è stata diversa, ma l’entusiasmo alla fine ha rotto gli argini e il cielo era così vicino che bastava allungare una mano per toccarlo e sentirmi l’uomo più felice della terra. Il Roma l’avevo già messo in bacheca con Welsh Guide e anche allora era stato un momento indimenticabile, forse perché gli anni che avevano erano pochi e le speranze infinite. Dagli inizi coi fratelli Aloisi, che tracciarono il solco, al sodalizio con Betti, fino a Priore, una strada di oltre 40 anni che rifarei con altrettanta passione se solo ne avessi il tempo”.





















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