''Cavalli nel redditometro, storia
di una colossale ingiustizia''
Caro Direttore, nel 1992 avevo 15 anni. Un giorno di ottobre, in vacanza con i miei genitori in Valle Tanaro, visitando per caso un allevamento di cavalli, rimasi “folgorato” da una piccola puledra di sei mesi, grigia. Rimasi talmente colpito che, dopo cinque mesi di richieste, mio padre dovette cedere e decise di comprare la piccola. Maloua entrò ufficialmente nella mia vita. Di li iniziò un percorso di vita assieme, una storia condivisa gelosamente tra lei e me. Ore e ore passate assieme. Notti trascorse con Maloua nel box nei momenti difficili legati a qualche infortunio o qualche piccola malattia. Nel 1996 iniziai l’università a Torino, e Maloua mise al mondo la sua prima figlia. Iniziò quindi un “vai e vieni” tra Piemonte e Liguria (dove vivevano i miei genitori e le due cavalle). Il tutto per riuscire a passare più tempo possibile con le due cavalle, ma anche per dare un aiuto e un piccolo sollievo ai miei genitori.
Oltre al pesante lavoro dell’officina, si occupavano anche delle mie cavalle, vista l’impossibilità economica di gestirle in una pensione o in un maneggio. Non provengo di certo da una famiglia ricca: mio padre ha fatto il meccanico per 35 anni e mia madre la casalinga; tutti e due impegnati con il lavoro per 10 ore al giorno, per permettere a mio fratello e a me di studiare e arrivare fino al completamento degli studi universitari. Molti miei coetanei decisero di comprare e mantenere la moto, piuttosto che l’auto. Io decisi per i miei due cavalli. Nel 2001 mi laureai e iniziai a lavorare a Torino, dove mi dovetti fermare a vivere. L’avvicinarsi della pensione per i miei genitori, e la voglia sempre più grande di riavere con me le mie due cavalle fecero riflettere molto la mia compagna e me, fino a quando decidemmo (non con pochi dubbi e incertezze) di compiere un passo importante. Dopo due anni di ricerche per trovare una soluzione compatibile con le nostre possibilità economiche, comprammo una porzione di cascina da ristrutturare nell’astigiano, a 40 km da Torino. Decidemmo di trasferirci in campagna consapevoli del fatto che di li in poi avremmo dovuto affrontare tutti i giorni 2 ore di auto e 80 km per andare e tornare dal lavoro in città. Consapevoli del fatto che le spese di gestione sarebbero aumentate e si sarebbero sommate ad un mutuo trentennale, che ci avrebbe definitivamente condizionato la vita; consapevoli del fatto che la gioia di avere con noi Maloua e Dinastya avrebbe ripagato tutta la fatica e tutti i sacrifici.
SEGUIRONO tre anni di fatica e lavori, fatti in autonomia e poco per volta per abbattere i costi, per ristrutturare la casa e renderla abitabile. Finalmente a maggio 2006, in una condizione un po’ precaria per tutti, ci trasferimmo, noi e le due cavalle. A settembre del 2010 trovai nella buca delle lettere una busta, contenente una convocazione da parte dell’Agenzia delle Entrate di Asti. Mi presentai all’appuntamento, senza particolari ansie o timori. Non ho mai dovuto nascondere nulla, essendo un lavoratore dipendente. La mia vita è sempre stata lineare, forse banale; mi sono presentato all’incontro senza particolari timori per eventuali frodi o irregolarità commesse. A livello lavorativo ho avuto un contratto a termine dal 2002 al 2007 a circa 1.200 € al mese, per poi essere assunto regolarmente nell’ottobre 2007 a 1.600 € al mese. Una storia come tanti in questo Paese.%%newpage%%
Durante l’incontro presso l’Agenzia delle Entrate mi venne palesato che, in base a quanto stabilito dal redditometro, negli anni 2007 e 2008, io avrei dovuto dichiarare un reddito di circa 55.000 € (circa 27.000 € per ogni cavallo) al fine di potermi permettere il mantenimento in proprio di due cavalli ascrivibili, in base a quanto previsto dal redditometro, alla categoria “cavalli da equitazione”. Nel 2007 e nel 2008 dichiarai circa 22.000 € di reddito all’anno: sono sempre stato un dipendente e quello era, ed è tutt’ora, il mio reddito, il mio unico reddito!
In prima battuta feci osservare alla funzionaria dell’Agenzia delle Entrate di Asti che entrambe le mie cavalle (di 18 e 14 anni!) non sono cavalle da equitazione, ma precisai come le stesse fossero cavalle da allevamento, ma in particolare da affezione prima di tutto. Paradossalmente la stessa funzionaria mi confermò come i dati utilizzati per il controllo fossero stati desunti proprio dagli elenchi dell’UNIRE, per definizione l’ente nazionale deputato proprio al sostegno dell’allevamento e non dello sport equestre!
In seconda battuta precisai come le due cavalle fossero da sempre mantenute in piena autonomia, alimentate con il foraggio prodotto sui miei terreni o direttamente fatte pascolare sempre sugli stessi appezzamenti; ricoverate in due box di legno costruiti con l’aiuto di mio padre, ecc. ecc. A tal proposito ho fornito all’Agenzia delle Entrate un dossier dettagliato a conferma delle reali spesi di mantenimento, con tanto di allegati e dichiarazioni di vari Dipartimenti universitari che confermavano le mia condizioni.
MORALE: l’Agenzia delle Entrate ha concluso che la differenza tra i 55.000 € di reddito da loro presunto e i 22.000 € dichiarati dal sottoscritto si concretizzasse in un reddito da me evaso pari a circa 33.000 € all’anno (2007 e 2008): da ciò mi è stata irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria pari a quasi 28.000 € per i due anni considerati!
Sono rimasto senza parole. In primis per l’impossibilità di sostenere una spesa simile, superiore all’intero mio reddito di un anno. In secondo luogo la paura legata alla consapevolezza di essere entrato ormai nel vortice del controllo, e quindi consapevole di essere passibile ogni anno di una sanzione simile.
Ma soprattutto il dramma nel dover trovare una soluzione, per tutelare e proteggere Maloua e Dinastya. Dopo quasi 20 anni di storia condivisa assieme, dopo quasi 20 anni di scelte di vita fatte in funzione delle due cavalle, trovarsi davanti a un bivio: essere, vista la mia situazione, rovinati a livello economico per l’impossibilità di sostenere una sanzione di tale entità, e comunque pensare a una soluzione per “liberarmi” delle cavalle? E in quale modo poi? Forse vendendole? Ammesso che l’idea possa essere presa in considerazione, chi mai acquisterebbe ora un cavallo essendo consapevole di questa azione promossa dall’Agenzia delle Entrate?
Oppure, come consigliato dalle persone più ciniche, risolvere il problema portando le cavalle al macello? La sola idea mi toglie da molte notti il sonno. E poi, per legge, non potrei! La recente normativa nazionale ha imposto ai proprietari di cavalli di indicare sul passaporto la destinazione finale dell’equide, cioè se lo stesso è destinato o meno all’alimentazione umana.
Ovviamente senza indugio ho indicato la destinazione non per il consumo umano! E come si potrebbe decidere di destinare al consumo umano, alla morte e alla macellazione, un compagno di vita con cui si è condiviso un percorso lungo 20 anni? Ho 33 anni, ne ho passati 19 con Maloua e 14 con Dinastya. Sarebbe come destinare al macello un componente della propria famiglia.
L’alternativa estrema, a cui ricorrere prima di vedere la casa ipotecata, per la quale dovrò pagare un mutuo fino ai miei 65 anni, potrebbe essere quella di ricorrere alla macellazione clandestina e abusiva delle due cavalle, ricorrendo quindi a soluzioni drastiche e illegali. E qui un altro paradosso: da un lato la legge obbliga i proprietari a dichiarare e identificare tutti i cavalli in anagrafe, ma dall’altro lato mette le persone nella condizione di dover trasgredire alla norma e macellare comunque i cavalli per cui si optato per la destinazione non al consumo umano. Contraddizione a dir poco grottesca, degna di un Paese non certo civile e democratico.
HO INVITATO con serenità, non avendo niente da nascondere, l’Agenzia delle Entrate a procedere con tutti i controlli possibili sul mio conto bancario e su tutti i movimenti passati e presenti per fare emergere eventuali illeciti finanziari da me commessi. Come risposta mi è stato cortesemente comunicato che “l’ordine di scuderia” è quello di procedere con il recupero delle sanzioni, e nel caso, di procedere con l’iter di eventuali ricorsi presentati dai singoli proprietari fino alla Cassazione: “… la Cassazione non potrà che dare ragione all’Agenzia delle Entrate, in forza di un principio di legge…” mi è stato detto, con un tono leggermente minatorio.
Ho di nuovo sottolineato l’incongruenza tra quanto previsto dal redditometro e quanto stabilito nel mio caso: se il
redditometro prevede testualmente il controllo sui cavalli da corsa o sui cavalli da equitazione, perché io sono stato sanzionato per due fattrici, per due cavalle da allevamento? A questa domanda è seguita una risposta sommaria e confusa, che all’incirca suonava cosi “… la definizione di cavallo da corsa o da equitazione” serve come indicazione, l’obiettivo è ilcavallo”. Punto e basta. Ma allora di cosa stiamo discutendo?
Quale sarà il prossimo passo? Colpire chi possiede un cane, magari di razza, e si “permette” di portarlo a fare la toelettatura una volta a settimana? O magari colpire chi si permette di andare per tre week-end di seguito a sciare?
Oppure sanzionare chi “non si sa come” mantiene due figli senza avere un reddito presunto chissà da chi?
L’unica certezza che ho, in questo momento, è una: vent’anni di vita, di scelte, di rinunce e di altrettante gioie si stannosgretolando sotto i miei piedi, senza che io possa fare nulla, e soprattutto senza che io possa fissare negli occhi chi ha deciso come condizionare la mia vita prossima. Forse è vero, bisogna andare via da questo Paese che sta dimenticando le sue radici cristiane che dovrebbero avere come presupposto essenziale il rispetto degli altri.
In fede
DANIELE GIACCONE