8 marzo, quando in Italia c'erano le Lady Driver...
LO SPUNTO viene dalla tradizionale (forse perfino superata) Festa della Donna e dalla corsa tutta al femminile che Tor di Valle ha opportunamente organizzato per festeggiare la data dell’8 marzo. E’ uno spunto nostalgico e cronistico insieme, perché ci riporta ai primi tempi delle corse amazzoni, quaranta e più anni fa, caratterizzati da grande verve e da passione straordinaria, com’è di tutte le cose nella fase pionieristica.
Luciana Cacciari (figlio del grande capo degli allevatori Carlo), Loredana Moretti, Cesy Castellini, Anna Borelli, la Mattioli, poi Agnese Palagi, Teresa Savarese, Lucilla Curato, Anna Taralli, le triestine Stenghel e Tabakov, l’effimera Diana Gagliani: nomi importanti e meno che tornano alla mente per una “stagione femminile” senz’altro degna di essere ricordata. Le agguerrite signore, capitanate dalla Moretti moglie di un appassionato gentleman-proprietario, seppero subito brigare così bene da ottenere il diritto, dopo alcune corse di rodaggio, ad avere ufficialmente una gara tutta per loro in ogni convegno gentlemen che si disputasse nella Penisola.
Una grande mano la diede in questo Onesto Zamboni, Citty, gran timoniere dei driver dilettanti, che galantemente (ma non solo) percepì l’importanza promozionale dell’iniziativa. Motivo per cui la presenza delle amazzoni, splendida “macchia” di colore che faceva simpatia e tenerezza, divenne qualche cosa di regolare e importante, con tutto il necessario corredo di indulgenza e cavalleresca comprensione da parte dei signori uomini, guidatori, proprietari o allenatori che fossero.
Ma poi, andiamoci piano con la faccenda dell’indulgenza. Perché le lady, una volta in sulky, si trasformavano come per incanto: e da timide-emozionate che erano un istante prima nel segreto delle scuderie, diventavano in corsa autentiche leonesse, capaci di tutto e di più. Ruotate e forzati passaggi interni, neanche a parlarne; ma anche frasi assai poco ortodosse e nel furore della contesa, magari là sull’ultima curva e a fruste alzate, qualche colorita imprecazione mutuata da vocabolari maschili. Talvolta arrivavano, le signore, a… mandarsi da qualche parte e a dubitare della paternità dell’avversaria, senza nessuna verecondia: salvo poi sorridersi delicate e ipocrite (oh cara, complimenti; ma no, cara, sei tanto più brava tu) una volta rientrate nella vita normale. Donna, mistero senza fine bello.
Fondarono l’A.L.D.I. (Associazione Lady Driver Italiane), che ebbe da subito come presidente la ravennate Moretti e che in seguito traghettò tanta passione verso lidi più rigorosi e professionali. Perché i tempi cambiarono e le donne approdarono alla par condicio o quasi anche nelle vicende del trotto. Ma questa è storia più recente, quei primi momenti restano indimenticabili e, appunto, “eroici”. Come eroica fu, in America nel 1969, la conquista da parte della stessa Moretti del titolo di “campionessa del mondo”, con imprevista beffa ai danni delle ben più navigate guidatrici USA. L’iride arrivò attraverso una serie di gare a punti, e verso la fine la nostra pattuglia fu tanto generosa e abile da sacrificare ogni strategia a esclusivo vantaggio della leader. Gioco di squadra, insomma. Quasi incredibile, dopo le egoistiche intemperanze di cui abbiamo detto prima. Ma il mistero-donna è capace anche di questo.