"Scommesse e ippodromi, cosa bisogna fare"
Egregi direttori di Cavallo2000.
Mi trovo a riscrivervi a distanza di qualche mese chiedendovi di nuovo ospitalità nella vostra agenzia di informazione. L'intenzione è quella di completare una ricerca che l'amico Massimo Pierini ha pubblicato su Gaet.it qualche giorno fa.
E' una cosa a cui abbiamo collaborato ed esce da una mia idea di qualche anno fa, su cui abbiamo anche sviluppato un progetto di riforma ippica che non ha interessato nessuno, ma che è secondo noi la via d'uscita più logica alla crisi.
Dai numeri e ancora meglio dalla mappa suddivisa in province con 4 livelli di riferimento sulla raccolta pro capite, si capisce bene, che il rapporto tra scommessa ippica e attività ippica sul territorio è strettissimo, ossia più ci si avvicina ad un ippodromo più i punti gioco sono propensi alla raccolta della scommessa ippica. Questo fenomeno lo si comprende ancora meglio se prendiamo a riferimento la raccolta per provincia sulla scommesse a quota fissa. Ed è del tutto logico, basti pensare a quanti sono diventati proprietari, allenatori, fantini e guidatori, e giocatori dei cavalli senza aver mai frequentato un ippodromo.
Più ci si allontana dal fulcro ippodromo e meno possibilità si ha che un individuo lo frequenti, l'influenza dell'ippodromo in ordine anche alla propria attività annuale, sul territorio può essere stimato attorno a 30-40 km massimo, tenendo anche in considerazione di orografia ed ostacoli civili. Solo in Sardegna questa relazione non funziona, probabilmente a causa della limitata attività ippica annuale e alla propensione storica del gioco del Lotto.
Da questi elementi possiamo dedurre in prima battuta alcune cose:
1, la distribuzione delle licenze per i punti gioco sul territorio nazionale non sono confacenti al naturale stimolo dell'attività ippica nei confronti della scommessa ippica.
2, il finanziamento degli ippodromi, intesi come remunerazione per attività di ospitalità delle corse e di montepremi distribuito, in un discorso di meritocrazia in ordine all'attività svolta, è totalmente inadeguato.
3, in modo indiretto, la filiera ippica ristretta a proprietari, allenatori, fantini e guidatori, ha influenza sulla raccolta della scommessa ippica, per la propria attività nelle corse, ma anche in corrispondenza dei centri di allenamento che sono di supporto agli ippodromi, e che quindi hanno “diritto” di godere del proprio operato attraverso la via di remunerazione diretta che è il montepremi.
Se la gestione del sistema ippico fosse improntato secondo questa logica, si innescherebbero tutta una serie di correlazioni favorevoli al suo sviluppo e mantenimento.
Se gli ippodromi godessero in modo ampio del finanziamento sul proprio territorio attraverso la scommessa ippica sarebbero spinti naturalmente a fare impresa in modo sano ed espansivo.
Una cosa fondamentale è incrementare il numero dei punti gioco realmente attivi dato che il 95% del gioco si effettua fuori dagli ippodromi. Si comprende pure l'importanza della dislocazione e della distanza dei punti gioco in ordine al fulcro ippodromo.
I punti gioco del'ippica nazionale che sono 2/3 del totale ma raccolgono pochissimo e quasi esclusivamente sulla prima e seconda tris, e anche se distribuiti sul territorio in modo inadeguato bisognerebbe riuscire a farli funzionare al massimo delle loro possibilità.
La soluzione più logica e semplice da attuare è quella di organizzare delle tris a carattere locale quindi con prevalenza se non totalità di soggetti legati all'ippodromo in questione, con jackpot locale e nazionale. Il numero delle tris dovrebbe essere indicato in conformità con l'entità dell'attività annuale degli ippodromi. Si otterrebbe così, quella connessione punto gioco-ippodromo-filiera che oggi manca è che è fonte di degrado a tutti i livelli. 2 o 3 tris regionali giornaliere dovrebbe soddisfare a pieno l'esigenza nazionale.
Le società di corse o ancora meglio organi composti da elementi della filiera e anche dalle società di corse, avrebbero tutto l'interesse a coordinare azioni di stimolo e collaborazione con i punti gioco locali mettendo in atto un meccanismo di promozione e vendita del prodotto ippico come dovrebbe essere in un sistema commerciale moderno ed efficiente.
Al tempo stesso Società di corse e filiera sarebbero responsabilizzati direttamente sulla qualità del prodotto che producono (le corse) e quello che vendono (scommesse) , e saranno premiati o puniti dai loro clienti in modo quasi diretto. La correttezza degli eventi e la qualità dell'accoglienza è legata direttamente alla fama che l'ippica si trascina, nessuno avrà più scuse o alibi di fronte a comportamenti scorretti, ne tanto meno interesse economico ad ignorarli. Io credo poco ai codici etici, l'etica è innata, uno ce l'ha in se, se la deve studiare da adulto non la imparerà con difficoltà, l'uomo capisce meglio e più rapidamente se gli si tocca il portafoglio...
Purtroppo in questi ultimi anni stiamo assistendo alla distruzione scientifica di un settore economico importante, chi è a capo di questo progetto è facile ipotizzarlo, non serve averne le prove, basterebbe raccogliere gli indizi che sono disseminati sul campo di battaglia.
So non ci trovassimo ancora in piena guerra, qualcuno si renderebbe conto che leggendo i numeri sarebbe semplice pensare anche ad una riforma che potrebbe condurre rapidamente ad una ripresa economica, che però non sarà rapida per la filiera , perchè distruggere competenze e realtà produttive nel settore ippico è facile ma ricrearle è frutto di un lavoro lungo.
La speranza, molto flebile è che le piccole società di corse che saranno le prime a scomparire trovino la forza di coalizzarsi per proporre un sistema ippico innovativo basato sulla meritocrazia vera!
Mi sono un po' dilungato nell'esposizione, ma le assicuro che ho cercato di concentrare all'inverosimle dati e concetti racolti e studiati di anni.
Massimiliano Mazzante