In Cina tornano ippodromi e scommesse
CINA, STANNO PER TORNARE GLI IPPODROMI? Una volta, negli anni Trenta, all’ippodromo di Pechino si davano appuntamento appassionati di tutto il mondo. Poi, nel 1949, fine della festa. Arriva Mao Tse Tung, il Grande Timoniere, e sbaracca tutto. Ma non per cattiveria, che magari una puntatina all’ippodromo, di tanto in tanto, non gli sarebbe dispiaciuto neanche a lui farla, se non altro per prendere un po’ di respiro da quella mosca tse tse di Ciang Kay Shek. Il fatto è che doveva buttarlo all’aria per forza, l’ippodromo. Non poteva fare altrimenti. Ma non per ragioni morali o per coerenza (figuriamoci se uno che maneggia il materialismo storico come il fornaio la pasta di pane, si fa ingabbiare dai moralismi e dalle coerenze), quanto, piuttosto da questioni di forma. Proprio così, di forma.
Infatti, essendo che è dal 1934, da quando cioè comincia la Lunga Marcia, che sfinisce l’anima al mondo intero con questa storia della rivoluzione che non è un pranzo di gala, adesso che si è ripreso il potere non può lasciare che dame, damazze e damerini se ne vadano a scommettere ai cavalli fra uno struscio e l’altro per i viali dell’ippodromo, mentre il popolo costruisce il comunismo a dodici chicchi di riso cadauno al giorno. Insomma, è una cosa che non sta bene! Qualcuno può anche urtarsi di nervi e piantare su un casino. E magari inventarsi anche slogan tipo ‘sparare sul quartier generale’. Il che, di rimando, farebbe incazzare, e di molto, lui che ha in mano un contratto di esclusiva per 99 anni su tutti gli slogan della Repubblica Popolare Cinese, e con tanto di royalties sull’esportazione. Insomma, per farla breve, l’ippodromo va chiuso, punto e basta.
Per la cronaca: a fantini, cavalli, appassionati e scommettitori, la faccenda non scuce neanche un baffo. Prendono armi e bagagli e si trasferiscono a Hong Kong. Continuano come prima e meglio di prima.
Dopo quasi sessant’anni, da sotto le ceneri di allora torna a smuoversi qualcosa.
La città di Wuhan, capitale della popolosissima provincia di Hubei, ha fatto sapere che vuole dotarsi di un ippodromo. Ovviamente gli amministratori ne hanno parlato con Pechino. Pare che il potere centrale abbia risposto né si né no. Nel senso che se Wuhan vuole l’ippodromo se lo faccia pure, però la struttura deve avere solo una funzione sperimentale. Cosa significhi di preciso non si capisce. Quello che aleggia, però, si può intuire. Basta mettere insieme due fatti.
Uno fatto si chiama Macao. Pare che da quelle parti il volume complessivo di giochi e scommesse, cavalli compresi, abbia superato quello di Las Vegas. E a Macao arrivano vagonate di cinesi che vengono ad alleggerire qui lo stress da ‘comunismo di mercato’.
L’altro si chiama stima di previsione. Gira voce negli ambienti che contano che l’apertura di ippodromi nel paese porterebbe un movimento di denaro pari a dieci miliardi di euro l’anno.
Vogliamo scommettere che dopo le Olimpiadi l’ippodromo di Wuhan e il gioco sui cavalli non saranno più sperimentali?
(fonte quotidiano ‘La Stampa’ 13-1-08)























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